Libia. Dalle Nazioni Unite arriva il piano salva-migranti: 15mila entro la fine dell’anno, priorità a donne e bambini

di Vanessa Tomassini

Salvare vite resta la priorità dell’agenda politica mondiale, in particolare quella dei migranti in Libia, dove la situazione dei rifugiati continua ad essere troppo pericolosa. Per questo le agenzie delle Nazioni Unite, in particolare Unhcr e Iom, si sono mosse immediatamente per un piano di evacuazione che da priorità ai più vulnerabili. “Entro il 2018 puntiamo a reinsediare nei Paesi europei e dell’America del Nord tra le 5mila e le 10mila persone, nel pieno rispetto dei diritti umani. Questo prevede l’apertura del primo centro di transito e partenze dell’Unhcr situato a Tripoli e con una capienza di mille persone”, ha spiegato Roberto Mignone, responsabile dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) in Libia, all’agenzia Dire, all’indomani dell’accordo raggiunto tra Onu e le autorità libiche sulla gestione di migranti economici e rifugiati. L’iniziativa, presentata dall’Unione Africana e dall’Unione Europea durante il recente summit in Costa D’’Avorio, con il Governo di Accordo Nazionale e con la facilitazione delle Nazioni Unite, cerca di sollevare le condizioni dei migranti dopo l’attenzione riaccesa da un report dell’emittente statunitense Cnn che ha documentato più o meno coerentemente una nuova tratta degli schiavi e condizioni disumane nei centri di detenzione libici, su cui è intervenuto anche l’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone. Quello che già si sapeva e su cui l’Europa, e in particolare l’Italia, stava lavorando è che un gran numero di migranti è letteralmente detenuto in centri sovraffollati in condizioni disumane, ben lontane dagli alti standard umanitari internazionali. Molti di questi migranti, stremati dalle privazioni e delle violenze, hanno spesso chiesto di tornare nel proprio paese di origine, come ci conferma Soliman, arrivato in Italia 5 mesi fa che ci ha spiegato: “sono partito dalla Nigeria, ma quando sono arrivato a Sabah nel Sud libico ho trovato una situazione ben peggiore, sono stato costretto a lavorare per pagarmi il viaggio alle milizie, che mi hanno preso tutto ciò che avevo. Dopo che sono arrivato a Tripoli, sono rimasto in questi campi per lungo tempo, li non avevo nulla. Sarei voluto tornare indietro, ma non potevo: in Libia non c’è sicurezza e se avessi provato ad attraversare il deserto mi avrebbero ucciso. Non avevo soldi, né telefono, nulla. Avevo pagato tutto quello che avevo ad alcuni uomini del Ciad”. Per questo motivo, l’agenzia per l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha organizzato e sta intensificando delle operazioni aeree per portare fuori dai centri in Libia quegli uomini, donne e bambini che intendono tornare a casa. Il nuovo progetto punta ad intensificare le operazioni aeree, liberando 15.000 migranti, per aiutarli a tornare e reintegrarsi nei paesi di provenienza da qui alla fine dell’anno. “Questa è una scelta che le persone fanno in modo volontario nella speranza di poter dar vita a un nuovo inizio”, ha detto Othman Belbeisi, capo missione OIM in Libia. “Siamo consapevoli che le attività di ritorno volontario da sole non sono sufficienti per risolvere la situazione dei migranti in Libia, e per questo ci stiamo anche impegnando ad espandere le nostre attività di advocacy e capacity building, al fine di introdurre un nuovo approccio nella gestione del fenomeno migratorio in Libia, in stretta collaborazione con il governo libico e i vari partner all’interno delle Nazioni unite.” Chi invece non vuole tornare indietro, e gli sia stato accertato da Unhcr lo status di rifugiato, verrà portato in Europa e Nord America. Nel centro di transito nella capitale libica sono in corso alcune opere di manutenzione è sarà attivo da febbraio, sette giorni a settimana, 24 ore. Un altro traguardo raggiunto per i migranti è stato il compromesso sulla libertà di movimento su autorizzazione speciale da parte del Dipartimento libico contro l’immigrazione illegale.