di Giuseppe Gagliano –
Il Gran mufti della Libia, Sadiq al-Ghariani, ha invitato gli egiziani a rovesciare il presidente Abdel Fattah al-Sisi. La veemenza del messaggio, in cui al-Sisi è stato definito “prodotto dei sionisti” e accusato di distruggere l’Egitto e arrecare danni alla regione, riflette una profonda polarizzazione tra le leadership di Libia ed Egitto, con radici che affondano nelle divergenze politiche, ideologiche e strategiche.
La Libia e l’Egitto condividono un confine lungo e strategicamente importante, ma i loro rapporti negli ultimi anni sono stati segnati da sospetti reciproci e da interessi divergenti. L’Egitto, sotto la leadership di Al-Sisi, ha sostenuto attivamente il generale Khalifa Haftar, figura chiave del Governo di Tobruk e rivale del Governo di Unità Nazionale (GNU) con sede a Tripoli, di cui al-Ghariani è un sostenitore critico. Questo appoggio riflette la visione di Al-Sisi, che considera la stabilità politica della Libia un imperativo per la sicurezza nazionale egiziana, con l’obiettivo di evitare la diffusione di formazioni islamiste lungo il confine occidentale.
Le accuse di al-Ghariani trovano il loro fondamento nella frattura ideologica tra le forze islamiste, che hanno una forte influenza su alcune fazioni libiche, e il regime di Al-Sisi, che si è imposto come principale antagonista dei movimenti islamisti, a partire dai Fratelli Musulmani in Egitto. La destituzione di Mohamed Morsi nel 2013 e la successiva repressione di queste forze hanno alimentato un risentimento che si riflette ora nei rapporti tra i due Paesi. La Libia, in particolare le sue fazioni islamiste, vede Al-Sisi come un simbolo di autoritarismo anti-islamico, una narrazione che trova eco nelle parole di al-Ghariani.
Le tensioni tra Libia ed Egitto si inseriscono in una più ampia competizione regionale che coinvolge attori come Turchia, Emirati Arabi Uniti e Russia. La Turchia, alleata chiave del governo di Tripoli, ha fornito un sostegno decisivo al GNU, controbilanciando l’appoggio militare egiziano a Haftar. Questo equilibrio precario di potere è ulteriormente complicato da interessi economici, tra cui il controllo delle risorse petrolifere e delle rotte migratorie che attraversano la Libia.
Le dichiarazioni di al-Ghariani potrebbero inoltre essere interpretate come un tentativo di attirare l’attenzione internazionale sui presunti fallimenti di al-Sisi, sfruttando il malcontento interno in Egitto. Negli ultimi anni, il regime egiziano ha affrontato critiche crescenti per la crisi economica e per il crescente autoritarismo, rendendo il messaggio del Gran Mufti potenzialmente incendiario.
Le parole di Sadiq al-Ghariani non sono solo un attacco retorico, ma un chiaro segnale delle tensioni profonde tra due Paesi strategicamente interconnessi. Mentre l’Egitto cerca di mantenere una posizione dominante nel Nord Africa, la Libia resta un terreno di scontro tra visioni contrastanti per il futuro della regione. In questo contesto, le dichiarazioni del Gran Mufti evidenziano non solo un dissenso ideologico, ma anche una lotta per il controllo dell’agenda politica e religiosa del mondo arabo, in un momento in cui la stabilità dell’intera area è più fragile che mai.