Libia. Le tribù ad est chiudono la via del petrolio

di Giuseppe Gagliano

Quanto intrinsecamente instabile sia la situazione in Libia lo dimostra il fatto che le comunità locali della Libia orientale hanno preso possesso il 17 gennaio degli snodi portuali destinati all’esportazione di petrolio, annunciando nel contempo la chiusura dei terminali di Zueitina, collocati nell’est del Paese. Chiusura alla quale dovrebbe seguire il blocco delle esportazioni a partire dal 18 gennaio.
Una tale azione,compiuta verosimilmente a scopo intimidatorio nei confronti delle eventuali decisioni che potrebbero venire prese a Berlino,è stata accolta favorevolmente dal portavoce ufficiale dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (LNA), Ahmed al-Mismari.
La compagnia petrolifera nazionale NOC ha condannato quest’operazione sottolineando le possibili implicazioni negative che potrebbero derivarne, dal momento che il settore petrolifero e del gas costituisce il sistema arterioso dell’economia libica. Entrando nel dettaglio, il blocco previsto si posiziona sul piano geografico lungo la costa nord orientale della Libia, che come noto è sotto il controllo militare del generale Khalifa Haftar. Ancora più significativo è il fatto che le tribù abbiano chiesto la chiusura degli oleodotti di Mellitah, Brega e Misurata.
Alla luce di questa novità,che non deve essere letta come un mero fatto di cronaca, due osservazioni sorgono spontanee: da un lato il fatto che si sia sottovalutato il ruolo essenziale sul piano storico delle tribù libiche, e dall’altro il fatto che appare francamente inverosimile è che il congresso di Berlino possa effettivamente risolvere una situazione così magmatica e contraddittoria, visto che numerosi sono i players che si battano su questa scacchiera e troppi sono gli interessi contrastanti.