Libia. L’Onu ci riprova, ma Haftar tira dritto. Sui migranti Di Maio offre soldi

di Enrico Oliari

In barba agli appelli della comunità internazionale, il generale “di Tobruk” Khalifa Haftar continua nella sua offensiva partita il 4 aprile per la conquista di Tripoli, o meglio, di quella banca centrale che gli garantirebbe di far fronte al “sostegno” prestatogli dai suoi alleati, dagli Emirati Arabi Uniti, che non da oggi forniscono armi e mezzi, all’Egitto, all’Arabia Saudita, alle migliaia di mercenari sudanesi arruolati nelle sue file.
Motivo per cui non ci sarebbe da stupirsi se la risoluzione 2510 del Consiglio di sicurezza dell’Onu sul cessate-il-fuoco approvata su proposta della Gran Bretagna due giorni fa (15 sì e 14 no) finisse nel cestino insieme alle precedenti, come neppure se la conferenza di Berlino programmata per il 19 febbraio si traducesse nell’ennesimo fallimento.
Fatto sta che i combattimenti attorno a Tripoli continuano nella loro ferocia, e ieri i voli dall’aeroporto della capitale sono stati sospesi per mezza giornata, con il portavoce dell’esercito di Haftar, Ahmed al-Mismari, che ha minacciato di colpire gli aerei dell’Onu o, per dirla con le sue parole, “i nostri soldati non possono più garantire la sicurezza degli operatori dell’Agenzia in vista di ulteriori attacchi dato che l’aeroporto è anche utilizzato dalla Turchia”. A dar man forte al governo riconosciuto dall’Italia e dalla comunità internazionale vi sono infatti 3.500 miliziani siriani, anche di gruppi jihadisti, portati lì dalla Turchia, per cui quel cessate-il-fuoco che almeno a chiacchiere tutti vogliono resta in realtà una chimera.
In tale marasma si è consumato il viaggio del ministro degli Esteri Luigi Di Maio in Libia, a Tripoli e a Bengasi. Si è trattato di una missione a sorpresa, forse nel disperato tentativo di non far perdere all’Italia la propria zona di influenza.
Per il capo della Farnesina la via del dialogo resta quella principale per la risoluzione della crisi, a cominciare da quel comitato formato da cinque alti ufficiali per parte messo in piedi a Berlino ma che nella concretezza non sta funzionando. Tuttavia “stiamo lavorando concretamente affinché quella strada sia intrapresa da ambo le parti ed è fondamentale per noi che gli esiti della conferenza di Berlino siano rispettati”. Di Maio, che a Bengasi ha incontrato Haftar, ha detto di “aver ribadito che l’Italia non accetta alcuna interferenza esterna” nella crisi libica e che “bisogna lavorare con impegno per un cessate-il-fuoco permanente”.
Di Maio ha annunciato anche di avere in programma per domenica incontri a Monaco con i ministri degli Esteri dei paesi interessati nel conflitto, come pure che settimana prossima incontrerà insieme al ministro della Difesa Guerini a Roma il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Ha poi aggiunto che rispetto al suo primo viaggio in Libia “Siamo tornati ad avere un peso determinante in Ue e un’indubbia affidabilità con tutti gli attori coinvolti, questo grazie anche al lavoro dei nostri tecnici, del corpo diplomatico e dei nostri apparati di intelligence. Il percorso, sia chiaro, resta complesso, quindi niente trionfalismi o slogan di alcun genere”.
“Avvenire” è poi venuto in possesso della bozza del memorandum d’intesa con cui si sarebbe presentato a Tripoli il ministro italiano. Si mormora di 800 milioni di euro distribuiti in alcuni anni destinati ad “avviare programmi di sviluppo attraverso iniziative capaci di creare opportunità lavorative ‘sostitutrici di reddito’ nelle regioni libiche colpite dai fenomeni dell’immigrazione irregolare, traffico di esseri umani e contrabbando”, come pure della richiesta dell’Italia della “chiusura dei centri non ufficiali in cui sono trattenuti i migranti irregolari”.
L’Italia poi si impegnerebbe a “elaborare con il proprio supporto e attraverso l’assistenza tecnica e il sostegno delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, una normativa nazionale settoriale che garantisca il rispetto dei diritti di migranti e rifugiati”, nonché a finanziare con corsi di formazione e con equipaggiamento la “guardia costiera del Ministero della Difesa”.
Infine “La parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della prevenzione e del contrasto all’immigrazione irregolare e delle attività di ricerca e soccorso in mare e nel deserto”. “Le parti – continua il documento – si impegnano a sostenere le misure adottate dall’Unhcr-Acnur e nel quadro del piano d’azione per l’assistenza ai migranti in Libia e la Parte libica assumerà ogni utile iniziativa per facilitarne l’attuazione”.
Ora sarà da vedere se ai buoni propositi seguirà concretezza, o se nonostante il fiume di denaro italiano versato in Libia dovremo assistere ancora alle carceri-lager per migranti, dove le donne venivano violentate, le famiglie depredate di tutto, gli uomini torturati, seviziati e persino uccisi.

Luigi Di Maio. (Foto Twitter).