LIBIA. Una guerra fatta soprattutto di disinformazione. Intervista a Fausto Biloslavo

di Enrico Oliari

Notizie Geopolitiche intervista in esclusiva Fausto Biloslavo, uno dei giornalisti italiani inviati di guerra con maggior esperienza.
Rientrato da poco dalla Libia, ha raccontato in un servizio trasmesso da Matrix di informazione volutamente distorta. E non solo ad opera dei media occidentali.

– Dott. Biloslavo, recentemente lei ha avuto modo di dire che spesso l’informazione viene manipolata e che, in tema di Libia, la stessa Al Jazeera, ritenuta in passato abbastanza neutrale, qualche bugia l’ha detta…

E’ l’altra faccia della medaglia della tv satellitare e dei grandi network, un mondo nel quale ci metto anche la Fox News che manda in Iraq, come ho visto con i miei occhi, il colonnello Oliver North quale inviato con la divisa da marines: come soldato ci poteva anche stare, ma proprio per questo non riciclato come commentatore dell’invasione dell’Iraq. Una volta si diceva che la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi e nello specifico Al Jazeera si è dimostrato non meno di altri uno strumento che partecipa alla guerra dell’informazione e della disinformazione. Ogni media ha un propria linea editoriale con i propri reportages sul terreno fatti un po’ come si vuole che vengano fatti. Si tratta di una prassi che sta diventando davvero pericolosa, nel senso che Al Jazeera, nel caso della Libia, ha attirato l’intervento militare occidentale, cosa che invece ha visto come il fumo negli occhi o come il diavolo in Iraq o in Afghanistan. E questo non lo dico solo io, ma mi è stato riferito anche da alcuni colleghi della stessa tv del Qatar fra i quali il capo redattore a Beirut. Vi sono colleghi di quella tv satellitare che si sono dimessi perchè si è oltrepassati la linea dell’accettabile.

– Noi abbiamo visto il suo servizio sulla Libia trasmesso da Matrix, dove ci ha parlato di una guerra fatta di bugie con fosse comuni che in realtà non ci sono e colonne di ribelli che non esistono…

Sì, io sono rimasto molto colpito perché arrivando a Tripoli con l’ultimo aereo mi aspettavo che Gheddafi fosse stato sconfitto in due settimane, mentre così non era. Mi aspettavo di trovare crateri di bombe di aereo nel centro di Tripoli che in realtà non ho trovato, come pure tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’altra, mentre le cose stavano ben diversamente. Dalle immagini sui telefonini, ed anche questo un elemento interessante, ho visto maltrattamenti dei prigionieri da entrambe le parti ed ho quindi capito che la realtà, anche quella che noi giornalisti raccontavamo, era completamente distorta. Anche le informazioni della stessa Al Jazeera, da cui riprendevamo le notizie, erano completamente sbagliate, a cominciare dalle fosse comuni che altro non erano che vecchi cimiteri. Questo è molto pericoloso, perché se non si racconta la verità, la gente non sa neppure perché abbiamo mandato i nostri aerei a bombardare la Libia, giusto o sbagliato che sia. Poi devo dire che è tornata di nuovo questa retorica della guerra umanitaria, del ‘volemose bbene’, del ‘portiamo le caramelle ai bambini’ anche con le bombe nonostante anche dall’altra parte abbiano ammazzato prigionieri, soldati ed agenti che si erano arresi. Ci sono le squadre della morte anche a Bengasi, hanno strappato il cuore ad uno dei miliziani di Gheddafi in diretta tv, lo hanno messo come trofeo su un carro armato. Non è, ovviamente, che bisogna fare di tutta l’erba un fascio e neppure che dalle parti di Gheddafi siano dei santarellini, tanto che a Tripoli ho visto io stesso sparare ad altezza d’uomo sui manifestanti ed ammazzarli, ma almeno dobbiamo smetterla con questa bubbola della guerra umanitaria. Dovremmo dirci onestamente che volevano un cambiamento in Libia e che Gheddafi si era messo di traverso. Forse, prima, potevamo trovare una’altra soluzione.

– E dei mercenari che arrivano dal Ciad, dall’Angola e da tutta l’Africa?

Sicuramente ci sono dei mercenari, ma io penso che i professionisti, i veri mastini della guerra, siano pochi. Penso invece, come ho potuto appurare di persona, che non poche persone che si trovavano da quelle parti in quanto immigrati per motivi di lavoro, spesso irregolari e senza ambasciate alle spalle, sono state integrate nelle file dei combattenti in modo coatto, probabilmente senza ricevere neppure una paga. Non li definirei quindi mercenari, li definirei disgraziati che con la baionetta alla schiena vanno ad ammazzare per non farsi ammazzare. In Tripolitania sono stati fermate alcune colonne di questi immigrati irregolari che stavano tentando di lasciare la Libia ed in pratica i ‘ribelli’ hanno detto che o li avrebbero considerati mercenari e quindi passati per le armi, o si sarebbero dovuti arruolare con loro. Quando sono stato nelle roccaforti dei soldati anti-Gheddafi come ad Al Zawia, che ora è stata spazzata via, ho visto un militare nero di pelle perché proveniente dal Fezzan, che è nella parte meridionale della Libia, il quale era stato fatto passare davanti alle tv per mercenario straniero, quando in realtà era un poliziotto libico. In Libia oggi, è proprio il caso di dirlo, il migliore ha la rogna.

– Il ruolo dell’America è un po’ strano: qualche missile all’inizio e poi sono spartiti…

Secondo me non è assolutamente strano poiché gli USA vogliono lavarsene le mani, ne hanno le scatole piene. Non vogliono più Gheddafi, ma vogliono, come ha detto nelle ultime ore Obama, appoggiare la protesta ed il cambiamento, cioè ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Anche perché in Iraq hanno avuto 4000 morti, in Afghanistan sono ancora là e non vedono l’ora di venirne fuori e figurarsi se sarebbero andati ad impantanarsi anche in Libia. Se ne lavano quindi le mani, lasciano la patata bollente a noi europei che non sappiamo come gestirla.

– Poco prima di partire lei ha intervistato Gheddafi: italiani traditori, immagino…

Quando parlava degli inglesi, beh… Gheddafi faceva gesti, li odia. Quando parlava di Sarkozy, puntava il dito alla testa come dire che è picchiatello e, testuali parole, lo ha definito un malato mentale. Quando ha parlato degli italiani e di Berlusconi ha detto di essere rimasto scioccato per gli amici e l’amico che li hanno traditi. “Proprio voi, avevamo chiuso tutti i contenziosi, la tradizionale vicinanza fra Italia e Libia…”: c’era insomma stupore per questa sorta di pugnalata alla schiena. Un sentimento, penso anche oggi, non di odio, di avversione come nei confronti di inglesi e di francesi, semplicemente di stupore.