di Annalisa Giovannini –
Storytelling. Questo termine nasce nel campo della comunicazione e del marketing negli anni ’70. Riflettendo sul rapporto fra guerra e comunicazione, e quindi fra guerra e politica, non soltanto si può rilevare un interesse dei militari per la comunicazione, il quale evidentemente, come si diceva, c’è sempre stato, dalla disseminazione di voci e di notizie più o meno vere, alla raccolta di informazioni, alle manipolazioni e contromanipolazioni, via via sino all’influenza sugli stessi media ma anche l’apparizione di un diverso paradigma bellico: quello che viene definito della softwar o “guerra diffusa o morbida”, legata a ciò che gli esperti chiamano oggi soft power, ovvero un potere più delle relazioni, della comunicazione e meno dell’imposizione con strumenti di coercizione diretta.
La prossima guerra “la vincerà chi saprà raccontarla meglio”, sostengono John Arquilla e David Ronfeldt di Rand Corporation che sottolineano come la comunicazione bellica sia uno strumento usato spesso e volentieri in parallelo alle più classiche operazioni di hard power. Tra i consulenti militari più attuali in questo campo troviamo gli psicologi Gregory S. Seese e Kendall Haven, che hanno preso spunto da un vasto corpus di studi neuroscientifici e di psicologia cognitiva per proporre una strategia di comunicazione narrativa al MISO, una struttura di supporto informativo dell’esercito americano.
Quindi la strategia comunicativa diviene parte integrante del conflitto in cui «Il principio di realtà» diviene il vero sconfitto. Il nostro modo di approcciarci a essa, viene stravolto dalla narrazione perfetta in cui vittime e carnefici si confondono, territori perdono di importanza e i confini si perdono.
Alcuni processi storici sono difficili da comprendere quando non si sono ancora compiuti ma si stanno realizzando sotto ai nostri occhi poiché sono ancora racchiusi in un orizzonte limitato che, solo col passare del tempo, appare sempre più lontano e ampio, realizzando la cosiddetta ‘distanza storica’, la base per acquisire una visione obiettiva e completa. Capita, spesso, che non sempre si diffonda la narrazione più vicina alla realtà dei fatti, ma che prevalga quella capace di persuadere di più e che, per qualche ragione, sembra essere più valida solo perché meglio strutturata, ma la verità potrebbe essere anche assurda e complicata ecco quindi che storia ed esperienza compongono un ecosistema di relazioni e un insieme di contenuti correlati fra loro per generare senso che sia accettato da quella che definisce l’opinione pubblica.
La narrazione è anche strutto culturale in cui le dinamiche geopolitiche contemporanee devono perciò fare i conti con una realtà che è una matrice di racconti psico-sociali in continua evoluzione, attraverso la quale ogni singolo individuo percepisce la realtà, la comprende e la (ri)precipita nella sua vita facendola agire.
Per questo ognuno di noi è all’interno di una narrativa sociale che crea identità, perché a seconda del racconto a cui aderiamo i nostri comportamenti o i nostri destini saranno orientati in un modo piuttosto che in un altro.
La “battaglia della narrazione” come viene definita da alcuni protocolli militari, è quindi una battaglia in piena regola nella dimensione cognitiva nell’ambiente in cui si schierano popoli, nazioni e fazioni.
Con la finalità di alimentare consenso alla guerra, i linguaggi della guerra cambiano forma, stile e sostanza a cambiamenti di tale portata è cercare di dar loro un senso per mezzo di una storia che offra un certo grado di spiegazione. La plausibilità di tale spiegazione può dipendere, in parte, dalla presenza di alcune caratteristiche che sono state generalmente considerate come una buona storia. La più semplice di queste caratteristiche è l’ordinamento logico di una trama, ma una narrazione può anche prendere in prestito credibilità e forza da altre due fonti: le emozioni che accompagnano il progresso soddisfacente di una storia; e i suoi legami con storie archetipiche o classiche che condividiamo come popolo e con cui una particolare narrazione risuona.