L’Ue della pace: utilizzare i fondi del Pnrr per produrre armi da spedire in Ucraina

di C. Alessandro Mauceri –

L’UE utilizzerà un miliardo dei fondi del PNRR per produrre armi e armamenti da inviare all’Ucraina. “I Paesi membri che lo desiderano potranno utilizzare parte dei fondi del PNRR per le munizioni”, ha dichiarato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, presentando il nuovo piano per produrre in Europa un milione di munizioni all’anno, “Act in support of ammunition production”, ASAP. L’Act in Support of Ammunition Production utilizzerà circa 500 milioni di euro dal bilancio Ue per pagare le aziende dell’Unione e incrementare la loro produzione di armamenti. A questi fondi si aggiungeranno quelli che i Paesi dell’Ue potranno prelevare sia dai Fondi di coesione che da quelli del PNRR.
La decisione annunciata oggi farebbe parte del piano voluto dall’Alto rappresentante Joseph Borrell e approvato al Consiglio europeo a marzo scorso. Obiettivo del programma è rifornire di munizioni e missili l’Ucraina. In altre parole fare la guerra. “Gli stati membri stanno fornendo munizioni aggiuntive dalle loro scorte esistenti, con un nuovo sostegno del Fondo europeo per la pace di un miliardo di euro. In secondo luogo, insieme ai paesi membri, acquisteremo congiuntamente altre munizioni per l’Ucraina, per le quali stiamo mettendo a disposizione un ulteriore miliardo di euro. E oggi stiamo realizzando la terza fase: l’incremento e l’accelerazione della produzione industriale di munizioni per la difesa in Europa”, ha spiegato la presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen.
Parole che suonano male anche solo a pronunciarle: come si fa a parlare di “fondo europeo per la pace” e poi riferirsi alla produzione di missili e munizioni da inviare ad un paese in guerra? Per non parlare del fatto che questa decisione violerebbe le leggi costitutive di molti paesi dell’Ue, si veda l’art. 11 della Costituzione italiana. Anzi, a ben guardare viola anche il Trattato sull’Unione Europea, versione consolidata aggiornata al 2012: l’art. 42 (ex articolo 17 del TUE) riporta che “La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri”. Questo significa innanzitutto che si devono rispettare i “principi della Carta delle Nazioni Unite” e poi che che, al limite, gli interventi devono essere individuali basati sulle “capacità fornite dagli stati membri”. Da nessuna parte di dice che la Commissione Europea può decidere, di sua sponte, di concedere aiuti agli stati membri per produrre armi da inviare ad un paese in guerra. Trattato sull’Unione europea (versione consolidata) (europa.eu)
L’ Arms Trade Treaty ATT, adottato nel 2013 e entrato in vigore il 24 dicembre 2014 (attualmente sono 112 gli Stati che hanno aderito e 29 i firmatari), stabilisce i criteri per l’autorizzazione o proibizione di trasferimenti di armi convenzionali a livello globale. Produrre e vendere munizioni e armi ad un paese in guerra potrebbe violare l’ATT.
Ad ammettere che si tratta di un passo forse più lungo della gamba è stato lo stesso Breton quando ha presentato il piano in conferenza stampa a Bruxelles: “La legge ASAP a sostegno della produzione di munizioni non ha precedenti. Vogliamo sostenere direttamente, con i fondi dell’Ue, il potenziamento della nostra industria della Difesa per l’Ucraina e per la nostra stessa sicurezza”. “Sono fiducioso che entro 12 mesi saremo in grado di aumentare la nostra capacità produttiva a 1 milione di munizioni all’anno per l’Ucraina. ASAP fornirà la spinta di cui la nostra industria della difesa ha bisogno per la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa”, ha aggiunto.
A dir poco scandaloso il tentativo di giustificare l’utilizzo dei fondi del PNRR per produrre armi e armamenti. Il Recovery fund “è stato pensato per tre principali obiettivi: transizione verde, transizione digitale e resilienza. Ebbene, di sicuro produrre armi da regalare a un paese in guerra non è riconducibile alla “transizione verde”. Tanto meno alla “transizione al digitale” (sebbene le nuove armi siano sempre più digitali). L’unico modo per giustificare questa decisione potrebbe essere il sostegno a progetti industriali per aumentare la resilienza. Ma anche in questo caso si tratta di una forzatura pacchiana: considerare la difesa parte del terzo pilastro è un po’ troppo azzardato. Specie considerando come si diceva, che non si tratta di difendere un paese dell’Ue, ma un paese terzo. Che non fa parte nemmeno della NATO.
Ma ormai la voglia di fare guerra è penetrata nei più reconditi meandri della politica Ue. Una guerra per la quale la Commissione europea sembra aver assunto una posizione precisa. La von der Leyen, presentando la legge, ha detto che l’Ucraina “sta resistendo eroicamente al brutale invasore russo. Manteniamo la nostra promessa di sostenere l’Ucraina e il suo popolo, per tutto il tempo necessario. Ma i coraggiosi soldati ucraini hanno bisogno di attrezzature militari sufficienti per difendere il loro paese”.
Ormai non si tratta più di inviare aiuti per sostenere il popolo ucraino. Né di accogliere i profughi i rifugiati o gli “sfollati” che provengono da zone di guerra. Ma di finanziare con fondi pubblici la produzione di nuove armi e di inviarle ad un paese in guerra. Ovvero il modo più sbagliato di “fare la pace”.