Mali. Acf, ‘in soli 3 mesi 87mila sfollati a causa delle violenze’

di Valerio Di Bussolo *

Lo scoppio delle violenze e l’intensificazione delle operazioni militari nel Mali settentrionale e centrale hanno provocato più di 87mila nuovi spostamenti di civili da inizio anno. Gli operatori umanitari presenti nel Paese stanno lanciando l’allarme sulla propria capacità di rispondere per fronteggiare questa crisi umanitaria in forte crescita.

“Vista l’esacerbazione dei conflitti e l’intensificazione delle operazioni militari nel nord e nel centro del paese, lo spostamento di civili continua ad aumentare mentre le nostre capacità di risposta come operatori umanitari si stanno affievolendo”, si preoccupa Prince K. Lumueno, responsabile del programma di emergenza per il Consiglio Norvegese per i Rifugiati in Mali.
Dal gennaio 2019 più di 87mila persone sono state sfollate nel Mali centrale e settentrionale. Questo vuol dire 71mila sfollati in più rispetto allo stesso periodo nel 2018, stando ai dati registrati dai Meccanismi di Risposta Rapida (RRM) in Mali. Da inizio anno la sola regione di Mopti registra oltre 15mila sfollati a causa dell’aumento di conflitti tra le comunità e le operazioni militari a sud-ovest di Menaka hanno anche provocato, in parte, lo spostamento di oltre 10mila civili.
La recrudescenza di incidenti legati alla diffusione di gruppi armati, quali le milizie o i gruppi di autodifesa o i gruppi radicali, l’aumento della criminalità e le operazioni militari rendono difficile anche l’accesso umanitario, in particolare nelle aree di confine dei paesi membri del G5 Sahel.
Il Consiglio norvegese per i Rifugiati e i suoi partner del RRM in Mali ribadiscono la preoccupazione per l’impatto umanitario della crisi sulle popolazioni sfollate. “Da diversi mesi, migliaia di donne, uomini e bambini in bisogno non sempre ricevono assistenza. I civili stanno pagando un prezzo pesante per la crescente insicurezza. Dall’inizio dell’anno, oltre 400 civili sono stati uccisi nel Mali centrale e settentrionale, contro un 2018 che aveva registrato 287 civili uccisi”, sottolinea Tidiane Fall, direttore di Azione contro la Fame in Mali.
“Diverse persone sono state uccise freddamente sotto i miei occhi. Il nostro bestiame è stato spazzato via, diversi membri della mia comunità sono dispersi. Non abbiamo accesso al mercato o al centro sanitario perché nessuno osa uscire di casa per paura di essere ucciso. Viviamo solo di latte animale e di fonio (cereale africano, ndr)”, dice Hamidou, un capofamiglia sfuggito alle violenze a sud di N’tillit, nella regione di Gao.Gli sforzi della comunità internazionale nel Sahel si sono concentrati sullo sviluppo di strategie di messa in sicurezza senza tenere sufficientemente conto dei bisogni umanitari generati dall’intensificazione della violenza e dei conflitti. Il Consiglio Norvegese per i Rifugiati e i suoi partner del Meccanismo di Risposta Rapida invitano i donatori a finanziare la risposta umanitaria e chiedono un accesso senza restrizioni alle persone colpite dalla violenza.

Azione contro la Fame è un’organizzazione umanitaria internazionale leader nella lotta contro le cause e le conseguenze della fame. Da 40 anni, in circa 50 Paesi, salviamo la vita di bambini malnutriti, assicuriamo alle famiglie acqua potabile, cibo, cure mediche e formazione, consentendo a intere comunità di vivere libere dalla fame.

* Media Relations Azione contro la Fame.