di Giuseppe Gagliano –
La parabola del gruppo Wagner in Mali si chiude ufficialmente, ma non segna affatto il tramonto dell’influenza russa nella regione. Al contrario, il ritiro della nota compagnia paramilitare coincide con l’inizio di una nuova fase più istituzionalizzata e strategicamente strutturata della presenza russa sul suolo africano. A prendere il testimone è l’Africa Corps, una forza direttamente controllata dal Ministero della Difesa di Mosca, concepita per trasformare quella che finora era un’ambigua presenza militare in una cooperazione ufficiale tra Stati.
Dal 2021 i mercenari di Wagner hanno agito come pilastro fondamentale della lotta contro il jihadismo in Mali. La giunta del colonnello Assimi Goïta ha potuto contare sulla loro efficienza operativa per riconquistare porzioni di territorio chiave, presentando l’intervento russo come “assistenza militare” e mascherandone i tratti più spregiudicati. Ora però il tempo delle ambiguità è finito: la Russia non solo non arretra, ma rilancia. Africa Corps non è un’entità opaca e commerciale, ma un corpo regolare con una catena di comando trasparente e un mandato politico esplicito. A guidarlo saranno in buona parte veterani di Wagner, garanzia di continuità operativa ma con un marchio istituzionale che non lascia spazio a fraintendimenti.
Sul terreno i cambiamenti saranno minimi, come confermano le stesse autorità maliane. La collaborazione con Mosca prosegue senza soluzione di continuità: addestramento, intelligence, logistica, operazioni anti-insurrezionali. A cambiare è il quadro geopolitico. L’Africa Corps non è solo un’evoluzione tecnica: è la manifestazione concreta della volontà russa di consolidare la propria proiezione sul continente africano, di sfidare apertamente le ex potenze coloniali e di offrire un modello alternativo a quello occidentale.
Mosca non si limita più a sponsorizzare compagnie di sicurezza: punta a costruire un vero partenariato strategico con i Paesi africani che intendono emanciparsi dalle logiche del neocolonialismo. L’approccio diventa multilivello: sicurezza, formazione, sostegno industriale e appoggio politico. La Russia propone un’alleanza tra pari, dove l’assistenza militare è solo un tassello di una visione più ampia. E il Mali, in questa strategia, è un laboratorio emblematico.
Con oltre 2mila uomini dispiegati nel Paese e fino a 6mila su scala continentale, Africa Corps rappresenta la nuova grammatica dell’espansionismo russo: meno maschere, più bandiere. L’operazione segna il passaggio dalla diplomazia dei mercenari a una geopolitica della presenza militare ufficiale. È un messaggio chiaro ai rivali occidentali: la Russia non è un attore di passaggio in Africa, ma un alleato duraturo, capace di garantire stabilità dove altri hanno seminato instabilità e fallimento.
In un’epoca in cui gli Stati Uniti ritraggono progressivamente le proprie forze dal continente e l’Europa si dibatte tra ambizioni e paralisi strategica, il Cremlino consolida un’architettura alternativa che parla il linguaggio dell’efficienza, dell’ordine e della reciprocità. Il Mali, ancora scosso da insurrezioni jihadiste e fragilità istituzionali, diventa così il centro gravitazionale di una nuova sfera d’influenza eurasiatica.
E se l’Occidente continua a leggere l’Africa con le lenti del sospetto e della tutela, Mosca vi legge opportunità, alleanze e coesione. Wagner è stata la prima ondata. Africa Corps è l’esercito della nuova strategia.