Marc Innaro e i retroscena della “cacciata” da Mosca

di Daniela Binello

“Io mangio pane e Russia da quando avevo 18 anni. Il problema è la neutralità dell’Ucraina e il suo non ingresso nella Nato. Putin lo disse già nel 2007, alla Conferenza per la Sicurezza in Europa a Monaco”. Chi parla è Marc Innaro, intervistato da Daniela Ranieri per Il Fatto Quotidiano del 1 maggio.
Il giornalista ha raccontato i dettagli sul perché venne rimosso nel 2022 dal suo incarico di corrispondente Rai da Mosca e successivamente inviato al Cairo. E’ in Egitto infatti che alla fine di aprile si è conclusa la sua carriera nel servizio pubblico. Innaro, nato a Napoli nell’agosto del 1961, ha aderito (come stanno facendo in parecchi, per le più disparate ragioni) al cosiddetto prepensionamento consensuale perché, come spiega lui stesso in una lettera di commiato ai colleghi, “non mi riconosco più nell’Azienda di servizio pubblico radiotelevisivo in cui ero entrato per concorso nel lontano 1990”.
I fatti risalgono al 2022, quando Innaro è bersagliato da vari attacchi. Fra i tanti quello di Ettore Rosato (ex politico della Margherita, del Pd, poi renziano in Italia Viva e attualmente vicesegretario di Azione), che accusa il corrispondente da Mosca di diffondere propaganda filoputiniana.
Per sospendere la corrispondenza da Mosca e in questo modo tutelare al massimo i dipendenti, la Rai ufficialmente si appella alla nuova legge varata in quell’anno dalla Duma, con norme che prevedono l’arresto per chi pubblica notizie ritenute false dal Cremlino. Ma cosa aveva fatto di “sbagliato” Marc Innaro? Durante un suo collegamento in diretta al Tg2 Post aveva spiegato agli ascoltatori il punto di vista del Cremlino per contestualizzare l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio del 2022, dicendo che il problema, visto da Mosca, era l’allargamento della presenza della Nato a est. Queste le parole pronunciate da Innaro, durante quel suo collegamento, quando apparvero in video delle mappe (non preparate da lui) del 1991 e del 2022: “Basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la Nato”.
Un’osservazione ritenuta inaccettabile per il dibattito pubblico italiano inerente il conflitto russo-ucraino.
Ricostruendo quei giorni, il giornalista puntualizza nell’intervista: “Spiegai all’azienda fin dall’inizio che quella legge valeva solo per i giornalisti russi, non certo per quelli stranieri, che in Russia lavorano con un visto giornalistico e un accreditamento ufficiale che può essere revocato in qualsiasi momento. Feci anche fare una ricerca da parte di uno studio legale, una società russo-italiana, che dimostrò in maniera inoppugnabile che noi non correvamo alcun rischio. Ma cadde nel vuoto. Dopo un mese l’ambasciata d’Italia a Mosca mi chiamò per chiedermi se rispondesse al vero ciò che era scritto nel parere legale. Dopo di che la Rai decise di riaprire l’ufficio di corrispondenza di Mosca, dal quale io mi ero rifiutato di andarmene in quanto capo della sede. Però, man mano che gli spazi di manovra si restringevano, ho chiesto di essere trasferito, perché non volevo essere pagato senza far nulla”.
Innaro ricorda anche di come fosse riuscito a intervistare il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, senza che poi i servizi venissero richiesti per la messa in onda, e di quando ottenne dal ministero della Difesa russo la possibilità di recarsi nel Donbass occupato con l’esercito russo, come giornalista embedded, al che gli fu risposto dall’allora amministratore delegato della Rai che l’azienda non mandava giornalisti embedded con una delle parti in conflitto. “Altri colleghi, invece – osserva Innaro – sono andati embedded in Ucraina, come Stefania Battistini per il Tg1 nella regione di Kursk, in territorio russo, durante il tentativo di sfondamento da parte delle forze armate ucraine”.
Marc Innaro, una carriera comunque fortunata e di tutto rispetto, è stato corrispondente per la Rai dalla Russia dal 1994 al 2000 e poi dal 2014 al 2022, oltre che da Gerusalemme e dal Cairo, dove ha lavorato fino alla fine di aprile 2025 come corrispondente responsabile dell’Ufficio dall’Egitto e dai paesi del Maghreb.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2025.