
a cura di Gianluca Vivacqua –
Presidenti monomandato ce ne sono già stati parecchi nella storia degli Usa: considerando solo gli ultimi sessant’anni possiamo ricordare Kennedy, Ford, Carter e Bush sr. Ma per trovare un presidente che fa due mandati con un intermezzo bisogna risalire ai tempi di Cleveland: sarà Trump il secondo della lista, per la gioia degli almanacchisti della Casa Bianca? Prendiamo per buona questa opzione col prof. Marco Morini, docente di Scienze Politiche, Politica Comparata e Relazioni Internazionali all’università “La Sapienza” di Roma e autore di pregevoli studi trumpiani, in particolare sulla comunicazione presidenziale del magnate newyorkese e l’assalto a Capitol Hill. E intanto diamo anche un’ultima scorsa all’album (di figurine e non solo) del primo quadriennio da presidente di The Donald.
– Professore, secondo lei ci sarà continuità tra il Trump I e il Trump II?
“Credo molto poca. La prima amministrazione Trump era infatti fortemente “controllata” dal Partito. La vittoria del tycoon fu una sorpresa per molti ed egli stesso non aveva a disposizione una possibile squadra di governo, per cui si affidò a molte figure suggerite dal Partito Repubblicano. Nel suo governo trovarono quindi posto anche molti “moderati” o comunque persone di un certo prestigio, difficilmente manovrabili o soggiogate alla personalità del Presidente. Figure come Tillerson come Segretario di Stato, Mattis alla Difesa e anche lo stesso Vice Presidente Pence sono state decisive nel “contenere” l’esuberanza di Trump e mantenere stabile la linea politica statunitense, soprattutto in politica estera e su questioni militari. Non è un caso, tra l’altro, che Tillerson e Mattis si siano dimessi prima della scadenza per i continui litigi con il Presidente e con i suoi familiari e che l’ex vice Pence sia ora uno dei pochi Repubblicani apertamente contrari alla nuova corsa trumpiana alla Casa Bianca. Ora invece Trump è il vero “padrone” del Partito Repubblicano e in caso di vittoria formerà una squadra di fedelissimi, pescando a piene mani tra familiari e fan accaniti, con relative lacune di competenza ed esperienza“.
– Il problema del Trump I è stato il presidente combinato col suo entourage oppure una delle due componenti presa separatamente?
“Come detto in precedenza, la squadra di governo del Trump I era abbastanza equilibrata: il nome di Tillerson, per esempio, fu suggerito da Condoleezza Rice. Mattis era un altissimo ufficiale dell’esercito. Il Segretario al Lavoro Acosta aveva già fatto parte dell’amministrazione di George W. Bush. Ma il numero di dimissioni e di controversie fu altissimo, proprio per la scarsa attitudine di molti a farsi comandare dal Presidente. Inoltre, il vero punto debole era il ridotto staff che circondava la Presidenza, di cui facevano parte la figlia Ivanka, il genero Jared Kushner e altri funzionari che erano stati dipendenti nelle aziende di Trump prima della sua avventura politica. Si trattava di signorsì, che quasi mai osavano contraddire il capo“.
– A parte Trump, quale pensa possa essere stata la personalità più rappresentativa del primo mandato presidenziale del Tycoon?
“Il vice Pence, ma per ragioni opposte a quelle sopra elencate. L’ex vicepresidente, dopo quattro anni sostanzialmente sottotono, a gennaio 2021 ha di fatto salvato la democrazia americana, garantendo una corretta transizione dei poteri e ammettendo che i brogli elettorali denunciati da Trump fossero inventati. Ora, infatti, tra i trumpisti più accaniti la figura di Pence è catalogata tra i peggiori nemici al pari di quelle di Joe Biden e Nancy Pelosi”.
Comunque vada la sfida del prossimo 5 novembre, è bene ricordare che gli almanacchi della Casa Bianca sorrideranno comunque: se non scoccherà l’ora propizia per il bis del bis dilazionato, dopo un’attesa di centoventisette anni, allora suonerà quella della prima donna comandante in capo. Appuntamento con la storia particolarmente elettrizzante.