Mozambico. I jihadisti intensificano gli attacchi nel Cabo Delgado

di Giuseppe Gagliano

Nel nord del Mozambico, dove la terra rossa si mescola al verde intenso della vegetazione tropicale, la guerra dimenticata dell’Africa orientale è tornata a bruciare. Nella provincia di Cabo Delgado gli insorti jihadisti affiliati allo Stato Islamico hanno ripreso con forza le armi, in una spirale di attacchi che coincide in modo fin troppo sospetto con l’annuncio di TotalEnergies di riattivare il suo colossale progetto gasiero da miliardi di dollari nella penisola di Afungi.
Gli scontri recenti non lasciano dubbi: nel solo mese di maggio sono stati registrati attacchi mortali contro le forze di sicurezza mozambicane, con almeno 17 soldati uccisi in due distinte operazioni rivendicate dagli jihadisti. A queste offensive si sommano l’agguato contro una pattuglia dell’esercito ruandese, partner chiave di Maputo nella lotta all’insurrezione, con tre soldati uccisi, e l’attacco a una riserva faunistica dove sono morti due ranger.
Non si tratta di episodi isolati. Secondo Fernando Lima, analista della piattaforma Cabo Ligado, “c’è un chiaro rapporto di causa-effetto” tra la ripresa delle attività terroristiche e il ritorno in scena di TotalEnergies, finanziata da un prestito da 4,7 miliardi di dollari concesso il 19 marzo dalla US Export-Import Bank. Quando aumenta la presenza visibile sul terreno, convogli logistici, tecnici stranieri, sicurezza privata, aumentano anche gli attacchi. Jean-Marc Balencie, esperto della società Attika Analysis, sottolinea come gli insorti leggano ogni movimento occidentale come un’opportunità di propaganda e una legittimazione della loro causa.
Il quadro si fa ancora più fosco se si considera che la stagione delle piogge è terminata, rendendo più agevoli gli spostamenti delle milizie nelle foreste e nei villaggi isolati. Secondo il database dell’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), nei primi quattro mesi del 2025 si sono verificati 80 incidenti violenti. Il conflitto, momentaneamente offuscato dalle elezioni e da tre devastanti cicloni, è tornato al centro del palcoscenico.
Le forze ruandesi, vero ago della bilancia militare, sono oggi presenti con circa 5.000 uomini, la forza più consistente dal loro dispiegamento iniziato nel 2021. Dopo la riconquista di Macomia, capoluogo strategico rimasto sotto il controllo jihadista per oltre 24 ore nel maggio 2024, Kigali ha moltiplicato gli sforzi. Tuttavia, la loro presenza concentrata a Cabo Delgado ha lasciato sguarnita la provincia di Niassa, dove sono ricominciate incursioni mirate, spesso accompagnate da atti di brutale violenza sulle popolazioni civili.
La dichiarazione del CEO di TotalEnergies, Patrick Pouyanné, secondo cui “la situazione è fortemente migliorata” sembra in netto contrasto con i fatti. L’attacco del marzo 2021 alla città di Palma, 1.402 civili uccisi o dispersi secondo il giornalista Alexander Perry, resta una ferita ancora aperta. Eppure, il colosso francese scommette sulla ripresa, convinto che scenari simili non si ripeteranno.
Ma le cifre dell’UNHCR raccontano un’altra verità: oltre 25.000 nuovi sfollati solo nelle ultime settimane, che si aggiungono a 1,3 milioni dal 2017. A Mbamba, nel distretto di Niassa, donne in fuga hanno raccontato stupri, decapitazioni e omicidi, in un contesto di isolamento totale e silenzio da parte delle autorità di Maputo, che continuano a sottovalutare, o a nascondere, l’estensione del dramma.
Non mancano episodi oscuri: come l’attacco sventato a una nave oceanografica russa, descritto come “atto di pirateria” ma probabilmente legato agli stessi gruppi jihadisti, ormai capaci di operare anche sul versante marittimo.
Nel cuore dell’insurrezione, però, resta una certezza: i civili sono le prime vittime. Stritolati tra la logica estrattivista delle multinazionali, le fragilità dello Stato e la brutalità jihadista, i mozambicani di Cabo Delgado vivono ogni giorno nel silenzio dell’Occidente. Un silenzio che TotalEnergies, Kigali e Bruxelles sembrano disposti a ignorare, in nome della stabilità del mercato del gas e delle necessità geopolitiche dell’Europa.