Nagorno Karabakh. Pesanti scontri tra armeni e azeri, si rischia una nuova guerra

di Enrico Oliari

Dopo settimane di tensioni lungo il confine tra l’autoproclamata Repubblica Armena del Nagorno Karabakh e l’Azerbaijan si è arrivati in queste ore a veri e propri scontri che potrebbero tradursi in una vera e propria escalation dagli esiti imprevedibili.
Nel rimpallo di accuse reciproche da Stepanakert, capitale del Nagorno Karabakh, è stato fatto sapere che “Stamattina presto la parte azera ha lanciato bombardamenti lungo tutta la linea di contatto. Stanno anche bombardando Stepanakert, chiediamo alla popolazione di mettersi al riparo”. “Le forze armate del Karabakh – continua la nota – hanno finora sventato i piani, infliggendo pesanti perdite”. In Armenia è stata proclamata la legge marziale e la mobilitazione generale, ed il premier Nikol Pashinian ha chiesto al popolo di “essere pronto a difendere la patria sacra”.
Le tensioni, fatte di più o meno scaramucce al confine, si sono acuite in luglio e sono peggiorate in modo drastico oggi con l’abbattimento, secondo i militari di Stepanakert, di due elicotteri azeri e di tre droni, nonché della distruzione di “diversi carri armati”. Da parte sua l’Azerbaijan ha ammesso la distruzione di un elicottero, ma “l’equipaggio si è salvato, ed è avvenuto dopo che sono state distrutte 12 batterie antiaeree”.
Il presidente azero Ilham Aliev ha accusato l’Armenia di aver fatto fallire le trattative di pace, nonché di stare ammassando “decine di migliaia di uomini in Nagorno Karabakh con un unico obiettivo, attaccare l’Azerbaigian”; da più parti viene riferita anche la presenza di militari russi in Nagorno Karabakh. Il capo del dipartimento di Politica estera della presidenza azera, Hikmet Hajiyev, ha riferito che “Il bombardamento di civili, che vivono nelle zone e di edifici sulla prima linea, densamente popolata, da parte delle forze armate dell’Armenia è stato effettuato deliberatamente e intenzionalmente. Ci sono dati su vittime civili e militari. Gravi danni sono stati causati agli edifici e alle case dei civili. Le forze armate dell’Armenia continuano a fare fuoco intensamente contro le nostre posizioni e contro gli insediamenti nella zona del fronte”. Ha poi aggiunto che “L’Azerbaigian ha ripetutamente avvertito la comunità internazionale che l’Armenia si sta preparando per un nuovo atto di aggressione e per la guerra. L’Azerbaigian ha ripetutamente affermato che l’attacco militare in corso dell’Armenia contro l’Azerbaigian, la presenza delle forze armate dell’Armenia nei territori occupati dell’Azerbaigian, sono la principale minaccia alla pace e alla stabilità regionale “.
Il ministero della Difesa di Baku ha emesso una nota in cui viene riportato che “Il 27 settembre alle 6.00 circa le forze armate dell’Armenia, dopo aver eseguito provocazioni su larga scala, hanno sottoposto a bombardamenti intensivi le posizioni dell’esercito dell’Azerbaigian lungo l’intera linea del fronte e i nostri insediamenti situati nella zona del fronte con armi di grosso calibro, mortai e installazioni di artiglieria di vario calibro”. “A seguito dei bombardamenti intensivi da parte del nemico verso il villaggio di Gapanly del distretto di Terter, i villaggi di Chiragly e Orta Gervend del distretto di Aghdam, i villaggi di Alkhanli e Shukurbeyli del distretto di Fizuli e il villaggio di Jojug Marjanly del distretto di Jebrail, si registrano uccisioni e ferimenti tra la popolazione civile. Gravi danni sono stati arrecati alle infrastrutture civili. Si stanno raccogliendo dettagli sulle vittime e sui feriti tra la popolazione civile e il personale militare”. “Le unità avanzate dell’esercito dell’Azerbaigian stanno adottando misure di ritorsione per bloccare questa provocazione del nemico e garantire la sicurezza della popolazione civile, che vive vicino alla linea di confronto delle truppe”.
In un comunicato la Comunità armena in Italia ha espresso “condanna per l’ennesima aggressione dell’Azerbaigian contro la popolazione armena e il nuovo tentativo di risolvere con la guerra il problema del contenzioso sul Nagorno Karabakh. Esprimiamo preoccupazione per la immediata piena solidarietà della Turchia all’Azerbaigian e per il rischio di un coinvolgimento su scala regionale con conseguenze gravissime per la stabilità di un’area così critica come quella del Caucaso meridionale e per le forniture energetiche all’Italia. Ricordiamo che nello scorso mese di luglio l’Azerbaigian ha attaccato la repubblica di Armenia lungo il confine nord-orientale con scontri senza precedenti in quell’area e che nelle scorse settimane, nonostante gli inviti della diplomazia internazionale, Turchia e Azerbaigian hanno compiuto provocatorie manovre militari ai confini con l’Armenia”. Inoltre la Comunità armena in Italia ha “sottolineato le notizie di questi ultimi giorni che informavano circa il trasferimento di miliziani sunniti pro-Isis in Turchia e Azerbaigian”, ma tale notizia non è comprovata ed appare poco probabile.
Certo è invece che la Russia sostiene l’Armenia, paese che considera satellite e che partecipa all’Unione economica euroasiatica ideata da Vladimir Putin, come pure che la Turchia è schierata con l’Azerbaijan nelle sue rivendicazioni, e già nel 2014 il ministro degli Affari europei (oggi agli Esteri) Mevlut Cavusoglu era intervenuto affermando che “Favoriremo sempre una soluzione pacifica ma l’Azerbaigian ha il diritto a riprendersi ciò che gli appartiene”, e che “una soluzione militare è uno “uno dei possibili mezzi a disposizione dell’Azerbaigian per riprendere il controllo del Nagorno-Karabakh”.
Appoggiando l’Azerbaijan, la Turchia cercherebbe di imporsi nello scacchiere geopolitico dell’Asia centrale, ma va tenuto presente che il gas azero diretto in Europa passa proprio per la Turchia, per cui gli interessi convergono.
Il conflitto del Nagorno Karabakh, ancora oggi aperto, ha preso il via dopo che nel 1988 la regione si dichiarò indipendente dalla Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaijan e venne occupata dai militari armeni. Nella guerra 1992 – 1994 persero la vita 30mila soldati, e l’occupazione del Nagorno Karabakh e di atre sette province dell’Azerbaijan da parte degli armeni provocò un milione di profughi. Al momento la Repubblica del Nagorno Karabakh è riconosciuta solo dall’Armenia, mentre il conflitto è mediato dall’Osce attraverso il Gruppo di Minsk (Armenia, Azerbaijan, Italia, Bielorussia, Germania, Portogallo, Paesi Bassi, Turchia, Svezia e Finlandia).
Ben quattro risoluzioni Onu, peraltro mai rispettate da Erevan, hanno chiesto nel 1993 il ritiro incondizionato dei militari armeni dal Nagorno Karabakh, nella fattispecie la 822, la 853, la 874 e la 884.