di Giuseppe Gagliano –
Il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha spiegato che il Trattato INF è giunto alla fine a causa dello spiegamento da parte della Russia del sistema missilistico SSC-8, che è nucleare, mobile, difficile da rilevare e abbassa la soglia per l’uso di armi nucleari nei conflitti armati. Ha sottolineato che “tutti gli alleati della NATO concordano sul fatto che questi missili violano il trattato INF” e che la Russia continua a sviluppare e a mettere in campo sistemi missilistici nucleari nonostante anni di impegno da parte degli Stati Uniti e di altri alleati. “Ci dispiace che la Russia non abbia mostrato alcuna volontà e non abbia preso misure per ottemperare ai suoi obblighi internazionali “, ha aggiunto, sottolineando che tutti gli alleati sostengono la decisione degli Stati Uniti di recedere dal Trattato in quanto” nessun accordo internazionale è efficace se viene rispettato solo da una parte. La Russia ha la sola responsabilità per la fine del Trattato”.
Il segretario generale ha affermato che la NATO lavorerà ora su questioni come esercitazioni, intelligence, sorveglianza e ricognizione, difese aeree e missilistiche e capacità convenzionali, garantendo nel contempo che il deterrente nucleare della NATO rimanga sicuro, efficace ed efficiente. Ha sottolineato che “non agiremo con lo scopo di rafforzare il dispositivo nucleare né faremo mosse avventate; considereremo attentamente le nostre opzioni”, aggiungendo che “tutto ciò che facciamo sarà equilibrato, coordinato e difensivo”. Ha inoltre osservato che gli alleati rimangono fermamente impegnati a preservare un efficace controllo internazionale degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione. Ha concluso poi asserendo che “Non faremo ciò che fa la Russia, perché non vogliamo una nuova corsa agli armamenti e non abbiamo intenzione di schierare nuovi missili nucleari terrestri in Europa. La NATO continua ad aspirare a relazioni costruttive con la Russia, quando le sua azioni lo rendono possibile”.
Queste dichiarazioni non solo non devono destare alcuna sorpresa ma sono la diretta conseguenza di quanto deciso nel 2018 e nel giugno del 2019.
Nel dicembre del 2018 gli Stati Uniti avevano minacciato di ritirarsi dal trattato nucleare sui missili a raggio intermedio (Inf), se entro 60 giorni Mosca non avesse ottemperato agli accordi del 1987.
Queste erano state in sintesi le dichiarazioni del segretario di Stato Usa Mike Pompeo dopo la riunione Nato di Bruxelles, che come prevedibile aveva ricevuto il sostegno esplicito degli alleati.
Quella dichiarazione implicava una corsa al riarmo. Al contrario il trattato del 1987 vietava a Usa e Russia di schierare vettori basati a terra dalla gittata compresa fra 500 e 5.500 chilometri. Inoltre quelle dichiarazioni rendevano e rendono tutt’oggi problematico il rinnovo quinquennale del trattato Start russo-statunitense sulla riduzione delle armi nucleari, siglato nel 2010 e che scadrà nel 2021.
Secondo la Nato, la Russia non ha rispettato l’accordo già dal 2014 come dimostra lo sviluppo di missili come il Novator 9M729; a sua volta Mosca rimprovera gli Usa di violazioni dell’Inf per il sistema di difesa antimissile in Europa (Shield).
Da un punto di vista strettamente strategico è difficile negare che l’uscita dall’Inf consentirebbe agli Stati Uniti di incrementare il suo arsenale missilistico e quindi di fare venire meno in modo definitivo l’equilibrio nucleare sancito dagli accordi del 1987. Proprio in quest’ottica devono essere lette le affermazioni di Pompeo, secondo il quale non esiste alcuna ragione per cui gli Usa dovrebbero “continuare a concedere questo cruciale vantaggio militare a potenze revisioniste come la Cina”.
A giugno del 2019 i ministri della Difesa della Nato si sono riuniti per approvare le nuove misure di “deterrenza” contro la Russia, accusata di aver violato il Trattato Inf. In sostanza gli alleati hanno sostenuto gli Stati uniti che hanno fissato di ritirarsi ritirandosi definitivamente dal Trattato il 2 agosto. Tutto ciò, sul piano strategico comporterà molto probabilmente la necessità di schierare in Europa missili nucleari a gittata intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra, analoghi a quelli che furono schierati negli anni Ottanta (e cioè i Pershing 2 e i Cruise) che furono eliminati (insieme agli SS-20 sovietici) dal Trattato firmato nel 1987 da Gorbaciov e da Reagan. Difficile, a questo punto, non osservare che la possibilità che si arrivi ad una guerra nucleare aumenta come d’altra parte conferma il documento strategico delle Forze armate Usa, “Nuclear Operations”.
Il Documento parte dalla premessa che “le forze nucleari forniscono agli Usa la capacità di conseguire i propri obiettivi nazionali”. Inoltre sottolinea che esse devono essere “diversificate, flessibili e adattabili” a “una vasta gamma di avversari, minacce e contesti”.
Il documento strategico afferma inoltre che “le forze nucleari Usa forniscono i mezzi per applicare la forza a una vasta gamma di bersagli nei tempi e nei modi scelti dal presidente”,bersagli che saranno individuati dalla Intelligence.
“L’uso di armi nucleari – prosegue il documento – può creare le condizioni per risultati decisivi: in specifico, l’uso di un’arma nucleare cambierà fondamentalmente il quadro di una battaglia creando le condizioni che permettono ai comandanti di prevalere nel conflitto”. Le armi nucleari permettono inoltre agli Usa di “assicurare gli alleati e i partner” che, confidando su di esse, “rinunciano al possesso di proprie armi nucleari, contribuendo agli scopi Usa di non-proliferazione”.
In definitiva sia le dichiarazioni recenti del segretario della Nato che quelle poc’anzi menzionate, unitamente al rafforzamento del dispositivo nucleare posto in essere dalla Russia, fanno venire meno l’equilibrio nucleare creato dagli accordi del 1987 determinando da un lato il rafforzamento dei dispositivi offensivi nucleari americani e russi e dall’altro lato giustificando implicitamente la corsa a riarmo di quei paesi, come la Cina e la Corea del Nord, che non hanno mai ratificato trattati di limitazione degli armamenti nucleari. Inoltre, questo nuovo scenario di natura politica e strategica insieme, dimostra da un punto di vista storico come le alleanze e i trattati abbiano una valenza precaria dal punto di vista temporale rispetto invece alla volontà di proiezione di potenza delle nazioni.