Nato. Se anche gli analisti stigmatizzano l’allargamento a est…

di Giuseppe Galiano

Il vertice NATO che si terrà da oggi a giovedì, è cruciale non solo per celebrare il 75mo anniversario dell’Alleanza Atlantica, ma anche per affrontare questioni di estrema importanza strategica. La situazione politica statunitense è un fattore determinante, con le elezioni presidenziali di novembre che potrebbero influenzare profondamente il futuro della NATO. Joe Biden deve dimostrare la sua forza e vitalità, mentre un eventuale ritorno di Donald Trump potrebbe minare l’impegno degli USA verso l’Alleanza e l’Ucraina. In Europa l’ascesa del populismo di destra, soprattutto in Francia e Ungheria, rappresenta una minaccia alla stabilità politica e alla coesione dell’Alleanza. Il recente incontro tra Viktor Orban e Vladimir Putin, preceduto da un viaggio a Kiev, solleva preoccupazioni sulla capacità decisionale unitaria della NATO.
L’espansione della NATO, con l’inclusione di Finlandia e Svezia, ha rafforzato l’Alleanza portando il numero dei membri a 32. Tuttavia la necessità di decisioni consensuali e le tensioni interne restano un punto debole. Il sostegno all’Ucraina rimane una priorità, con molti alleati che hanno firmato accordi di sicurezza a lungo termine con Kiev. Tuttavia l’adesione dell’Ucraina alla NATO appare improbabile durante il conflitto in corso. La NATO intende presentare all’Ucraina un “ponte” verso l’adesione, delineando ulteriori passi necessari e promettendo nuovo sostegno militare ed economico.
La minaccia rappresentata dalla Cina è un altro punto cruciale, con le sue campagne di disinformazione e le vendite di tecnologie a Mosca che preoccupano gli alleati. Al vertice parteciperanno anche i leader di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud per discutere delle minacce cinesi nel Mar Cinese Meridionale.
È estremamente significativo il fatto che acclarati studiosi dall’orientamento politico lontanissimo e cioè Noam Chomsky, John Mersheimer, Sergio Romano e Eric Denece abbiano un punto di vista analogo circa la scelta posta in essere dalla NATO.

Noam Chomsky, noto linguista e critico politico, ha sempre espresso una visione critica sull’espansione della NATO. Secondo Chomsky l’espansione della NATO dopo la fine della Guerra Fredda rappresenta una provocazione nei confronti della Russia e un’aggressione alla sicurezza globale. Chomsky sostiene che l’allargamento dell’Alleanza Atlantica contraddice le promesse fatte dagli Stati Uniti alla Russia all’inizio degli anni ’90, secondo cui la NATO non si sarebbe espansa “di un pollice” verso est dopo la riunificazione della Germania.
Chomsky ha spesso sottolineato che l’espansione della NATO ha contribuito ad aumentare le tensioni tra occidente e Russia, portando a una nuova era di confronto e competizione militare. Egli vede questa espansione come parte di una strategia più ampia degli Stati Uniti per mantenere la propria egemonia globale e contenere la Russia, piuttosto che una genuina necessità di sicurezza per i paesi coinvolti.
In particolare, Chomsky ha criticato l’inclusione di paesi dell’Europa orientale e centrale nella NATO, considerando questa mossa un atto di espansione imperialista che ignora le legittime preoccupazioni di sicurezza della Russia. Secondo lui, l’espansione della NATO non solo destabilizza le relazioni internazionali, ma aumenta anche il rischio di conflitti armati.
Chomsky ha anche sollevato preoccupazioni sul fatto che l’espansione della NATO e l’aumento delle spese militari tra i suoi membri avvenga a scapito delle spese sociali e del benessere dei cittadini nei rispettivi paesi. Egli ritiene che queste risorse potrebbero essere meglio utilizzate per affrontare problemi globali come la povertà, il cambiamento climatico e la disuguaglianza economica.
In sintesi Noam Chomsky vede l’espansione della NATO come una mossa provocatoria e pericolosa che contribuisce all’instabilità globale, alimentando un clima di tensione e rivalità tra le grandi potenze mondiali.

John Mearsheimer, un rinomato politologo americano e teorico delle relazioni internazionali, è noto per la sua critica all’espansione della NATO. Mearsheimer, esponente della scuola realista, sostiene che l’allargamento della NATO verso est sia stato un grave errore strategico e una delle cause principali della crisi nelle relazioni tra occidente e Russia.
Secondo Mearsheimer l’espansione della NATO rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza della Russia. Egli argomenta che Mosca vede l’allargamento della NATO come una mossa aggressiva che viola le promesse fatte dagli Stati Uniti alla fine della Guerra Fredda. Queste promesse includevano l’assicurazione che la NATO non si sarebbe espansa oltre la Germania riunificata. La percezione russa è che l’occidente stia cercando di circondare e contenere la Russia, minando la sua influenza nella regione e la sua sicurezza nazionale.
Mearsheimer ha affermato che l’espansione della NATO ha alimentato il nazionalismo russo e ha portato a una risposta sempre più assertiva e militarista da parte di Mosca. Un esempio concreto di questa dinamica è l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, che Mearsheimer interpreta come una reazione prevedibile all’incremento dell’influenza occidentale in Ucraina, vista attraverso il potenziale allargamento della NATO e l’orientamento filo-occidentale del governo ucraino post-Maidan.
Inoltre Mearsheimer critica la politica occidentale nei confronti dell’Ucraina, sostenendo che incoraggiare l’Ucraina a unirsi alla NATO e a rafforzare i legami con l’occidente senza tener conto delle preoccupazioni di sicurezza della Russia è stato irresponsabile. Egli sostiene che una soluzione più pragmatica e realista sarebbe stata mantenere l’Ucraina come uno stato neutrale e cuscinetto tra NATO e Russia, piuttosto che spingerla verso l’orbita occidentale.
Mearsheimer, in sintesi, vede l’espansione della NATO come una politica miope che ha destabilizzato l’Europa orientale, incrementato le tensioni con la Russia e aumentato il rischio di conflitti armati. Per lui, una strategia più realista avrebbe dovuto riconoscere le legittime preoccupazioni di sicurezza della Russia e cercare un equilibrio di potere più stabile nella regione.

Sergio Romano, ex ambasciatore italiano e analista politico, ha espresso critiche sull’espansione della NATO verso est. Romano vede l’allargamento dell’Alleanza Atlantica come un errore strategico che ha contribuito ad aumentare le tensioni con la Russia. Secondo Romano l’espansione della NATO è stata percepita da Mosca come una minaccia alla sua sicurezza nazionale e un tentativo dell’Occidente di accerchiare la Russia.
Romano sostiene che la NATO, creata durante la Guerra Fredda come una coalizione difensiva contro l’Unione Sovietica, avrebbe dovuto riconsiderare il suo ruolo dopo la fine della Guerra Fredda e il crollo dell’URSS. Invece di estendersi verso est, l’Alleanza avrebbe potuto focalizzarsi sul consolidamento della sicurezza e della stabilità in Europa occidentale e centrale senza provocare la Russia.
In particolare Romano critica il coinvolgimento della NATO nelle questioni riguardanti l’Ucraina e la Georgia, due paesi che la Russia considera parte della sua sfera di influenza storica e strategica. L’espansione della NATO in questi territori è vista come una provocazione diretta a Mosca, che ha portato a una risposta aggressiva, inclusa l’annessione della Crimea e il sostegno ai separatisti nell’Ucraina orientale.
Romano ha anche sottolineato che l’espansione della NATO ha minato la possibilità di costruire un nuovo ordine di sicurezza europeo inclusivo, che avrebbe potuto includere la Russia come partner piuttosto che averla come avversario. A suo avviso un dialogo più aperto e la creazione di un sistema di sicurezza collettivo che considerasse le preoccupazioni di sicurezza di tutti gli attori, inclusa la Russia, sarebbero stati preferibili.
Sergio Romano vede l’espansione della NATO come una mossa che ha contribuito a destabilizzare le relazioni tra occidente e Russia, alimentando un clima di sospetto e rivalità piuttosto che di cooperazione e sicurezza condivisa.

Eric Denécé, noto analista e direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement (CF2R), ha una visione critica sull’espansione della NATO. Denécé ritiene che l’allargamento della NATO verso est sia stato un errore strategico che ha contribuito ad aumentare le tensioni con la Russia. Secondo Denécé la NATO e gli Stati Uniti hanno ignorato le preoccupazioni di sicurezza della Russia, trattando l’espansione come una semplice estensione dell’influenza occidentale senza considerare le implicazioni geopolitiche per Mosca.
Denécé sostiene che l’espansione della NATO ha portato la Russia a percepire un accerchiamento strategico, spingendo il Cremlino ad adottare una postura più assertiva e aggressiva in politica estera. Questo è evidente nella crisi ucraina, dove l’occidente ha sostenuto l’inclusione dell’Ucraina nella sfera di influenza della NATO, provocando una forte reazione da parte della Russia. Denécé sottolinea che le azioni della NATO hanno contribuito a una situazione di stallo e conflitto prolungato, invece di promuovere la stabilità e la sicurezza regionale.
Inoltre Denécé critica l’ostinazione dell’occidente nel continuare a sostenere l’espansione della NATO e l’isolamento della Russia, nonostante le prove che tali politiche non abbiano portato ai risultati desiderati. Egli ritiene che l’insistenza sulla sconfitta militare della Russia e sulle sanzioni economiche non tenga conto delle reali dinamiche sul campo e delle capacità di resilienza economica della Russia.
Eric Denécé vede quindi l’espansione della NATO come un fattore destabilizzante nelle relazioni internazionali, che ha alimentato le tensioni con la Russia e reso più complessa la ricerca di soluzioni diplomatiche ai conflitti in corso.
A conclusione di questa brevissima rassegna ci domandiamo, non senza ironia: gli analisti sopra riportati sono tutti agenti di influenza di Mosca pagati dall’Fsb o dal Svr, oppure è l’industria NATO, nel suo continuo fagocitare a est, un’enorme macchina al servizio del primo produttore di armi, cioè gli Usa?