Nato. Trump, ‘i paesi membri devono arrivare al 5% del Pil’

di Giuseppe Gagliano

Donald Trump, il presidente eletto che non smette mai di sorprendere, ha lanciato l’ennesima provocazione: tutti gli Stati membri della NATO dovrebbero spendere il 5% del PIL per la difesa. Una cifra che fa sgranare gli occhi persino ai falchi del Pentagono. Perché non chiedere direttamente metà del PIL, tanto per essere chiari? Trump però non è nuovo a sparate del genere, e dietro questa richiesta apparentemente insensata si nasconde una strategia ben precisa: alleggerire il carico militare americano accollando la spesa all’Europa e, nel frattempo, far ingrassare l’industria bellica statunitense.
Le reazioni in Europa sono state prevedibili. In Germania Ralf Stegner dell’SPD ha liquidato la proposta come “follia delirante”, mentre il presidente della commissione difesa, Marcus Faber, ha suggerito un più realistico 3%. Il fatto è che la maggior parte dei Paesi europei ha già difficoltà a raggiungere il tanto decantato 2%, figuriamoci il 5%. E allora cosa fa l’Europa? Si lamenta. Critica Trump. Promette riforme. E poi torna a tagliare le spese militari per investire in pensioni e sanità.
Questa sordità europea è in parte comprensibile. Dopo decenni di pace relativa, l’idea di aumentare massicciamente le spese per la difesa suona assurda per opinioni pubbliche abituate a vedere i soldi investiti in infrastrutture, educazione e welfare. Ma questa miopia rischia di trasformarsi in cecità: mentre l’Europa dorme, i conflitti alle sue porte aumentano. Russia, Cina, Medio Oriente – le minacce non mancano.
Ma non facciamoci illusioni: Trump non è mosso da un improvviso amore per la sicurezza europea. La sua richiesta è tutto tranne che altruista. Dietro i suoi proclami c’è un chiaro obiettivo economico: fare il piazzista per l’industria bellica americana.
Gli Stati Uniti spendono già il 3,38% del PIL per la difesa, ma la loro macchina da guerra non si alimenta da sola. Ecco allora che Trump cerca di vendere F-35, sistemi missilistici e droni ai Paesi europei, presentando la spesa come un dovere morale verso la NATO. Una strategia vecchia quanto la Guerra Fredda, ma con un tocco trumpiano: se non comprate, ci ritiriamo.
Questo ricatto, perché di ricatto si tratta, è il vero cuore della strategia di Trump. La NATO, per gli Stati Uniti, è sempre stata uno strumento per mantenere l’egemonia globale. Ma Trump la vede come un fardello economico, un investimento che non rende più come una volta. E allora perché non trasformare la NATO in un mercato obbligato per i produttori di armi americani?
L’Europa, dal canto suo, vive una contraddizione. Da una parte vuole maggiore autonomia strategica – basta guardare i progetti di difesa comune come PESCO – ma dall’altra continua a dipendere dagli Stati Uniti per la sicurezza. È un equilibrio fragile, che rischia di rompersi di fronte alle pressioni di Washington.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha promesso di raggiungere il 2% entro quest’anno, un traguardo storico per Berlino, ma rimane restio a salire oltre questa soglia. E non è il solo. La Francia, la Spagna e persino l’Italia mostrano poca voglia di aumentare ulteriormente la spesa militare.
In fondo questa vicenda non riguarda la sicurezza globale o i valori della NATO. È una questione di soldi. Trump vuole che l’Europa paghi di più, ma non per bilanciare il carico all’interno dell’Alleanza. Vuole che quei soldi finiscano nei conti delle aziende americane, trasformando la NATO in un bancomat per l’industria bellica statunitense.
L’Europa dal canto suo cerca di resistere, ma senza una visione strategica chiara rischia di ritrovarsi schiacciata tra la pressione americana e le minacce esterne. E allora, mentre Trump gioca a fare il venditore di armi e l’Europa finge di non sentire, il mondo si avvicina a un punto di svolta.
La NATO, nata come alleanza difensiva, rischia di diventare una macchina di profitto per pochi, con il paradosso che alla fine saranno i cittadini europei a pagare il conto. E Trump, dal suo resort di Mar-a-Lago, potrà brindare alla sua vittoria. Con un bicchiere di champagne rigorosamente made in USA.