Nauru. Msf, ‘Disperazione senza fine’

Rapporto MSF sul disastroso impatto delle politiche migratorie australiane sulla salute mentale di rifugiati e richiedenti asilo. Il 60% tra i pazienti MSF ha avuto pensieri suicidi, il 30% ha tentato di uccidersi.

di Francesca Mapelli * –

Medici Senza Frontiere (MSF) diffonde oggi i primi dati medici indipendenti che mostrano l’impatto sulla salute mentale di rifugiati e richiedenti asilo a Nauru, a causa delle politiche migratorie australiane di confinamento indefinito sull’isola. MSF ribadisce con forza la propria richiesta al governo australiano di porre fine a queste politiche e di evacuare immediatamente da Nauru tutti i rifugiati e richiedenti asilo – uomini, donne e bambini – per evitare un ulteriore peggioramento della loro salute.
Il rapporto medico “Disperazione senza fine” mostra come la sofferenza psicologica a Nauru sia tra le più gravi che MSF abbia mai osservato in tutto il mondo, anche considerando i progetti di assistenza per sopravvissuti alla tortura.
“I dati medici che diffondiamo oggi confermano la realtà straziante di cui sono stata testimone a Nauru” dichiara Sara Giorgi, psicologa e coordinatrice delle attività di salute mentale nell’isola di Nauru. “Ogni giorno la preoccupazione del nostro team era capire quali dei nostri pazienti avrebbero potuto tentare di togliersi la vita. Dopo cinque anni di attesa senza alcuna prospettiva, le persone hanno perso ogni speranza”.
Tra i 208 richiedenti asilo e rifugiati assistiti da MSF a Nauru, 124 (il 60%) hanno pensato di togliersi la vita e 63 (il 30%) hanno tentato il suicidio. A dodici pazienti, adulti e bambini, è stata diagnosticata la “sindrome da rassegnazione”, una rara condizione psichiatrica in cui le persone arrivano a uno stato semicomatoso, incapaci anche di mangiare o bere, e hanno bisogno di cure mediche per restare in vita.
Sebbene tre quarti dei nostri pazienti rifugiati e richiedenti asilo abbiano raccontato di aver vissuto eventi traumatici come guerre o detenzione prima di raggiungere Nauru, il rapporto di MSF mostra come siano le condizioni di vita sull’isola ad avere maggiormente danneggiato la loro salute mentale. Il 65% dei nostri pazienti tra richiedenti asilo e rifugiati sente di non avere più controllo sulla propria vita, e proprio questi pazienti sono risultati i più inclini a tentare il suicidio o a sviluppare condizioni psichiatriche gravi. Più di un terzo dei nostri pazienti richiedenti asilo e rifugiati è stato separato dai loro familiari stretti. Le persone separate dalla famiglia dopo che un parente era stato evacuato per ragioni mediche – tattica usata dal governo australiano per forzare la persona evacuata a tornare sull’isola – sono risultate per il 40% più inclini al suicidio.
“Molti dei nostri pazienti hanno subito gravi traumi, ma sono le politiche australiane di confinamento indefinito sull’isola ad aver distrutto tutte le loro speranze per il futuro e devastato la loro salute mentale” dice Anna Morandi, coordinatrice MSF delle attività di promozione della salute sull’isola. “È disumano bloccare delle persone su un’isola, senza diritti, senza opportunità, senza poter ricevere cure per malattie gravi. È disumano essere costretti a pensare che l’unico modo per riavere la propria libertà sia morire.”
In 11 mesi di attività a Nauru, MSF ha fornito servizi di salute mentale a 285 pazienti (157 donne e 128 uomini), tra cui il 73% erano rifugiati o richiedenti asilo bloccati sull’isola (rispettivamente 193 e 15), mentre il 22% erano originari di Nauru (63). In totale sono state fornite 1.526 consultazioni a rifugiati e richiedenti asilo e 591 a persone originarie di Nauru. I rifugiati e richiedenti asilo erano in gran parte iraniani (76%), seguiti da somali (5%) e Rohingya (3%). L’età media era di 32 anni, il 19% aveva meno di 18 anni, ma le équipe di MSF hanno assistito anche bambini di 9 anni con episodi di autolesionismo, pensieri suicidi o con già alle spalle tentativi di togliersi la vita.
Anche le condizioni di salute mentale dei pazienti originari di Nauru erano gravi: quasi la metà di loro presentava sintomi di psicosi, molti necessitavano di un ricovero psichiatrico che non era disponibile sul posto. Sorprendentemente, più della metà dei pazienti originari di Nauru ha mostrato miglioramenti dopo le cure di MSF, mentre solo l’11% dei rifugiati e richiedenti asilo ha registrato dei progressi.
Il governo di Nauru ha costretto MSF a lasciare l’isola a inizio ottobre, quando più di 200 pazienti erano ancora in cura. MSF è profondamente preoccupata per la loro salute.
“Nonostante abbiano ricevuto la stessa qualità di cure, i pazienti originari di Nauru hanno risposto molto meglio rispetto ai pazienti rifugiati e richiedenti asilo. Questo dimostra che vivere bloccati da politiche di detenzione indefinita crea una disperazione costante che impedisce alle persone di migliorare” afferma il dottor Stewart Condon, presidente di MSF Australia. “L’attuale emergenza a Nauru era tragicamente prevedibile. Dopo cinque anni di privazione arbitraria della libertà, la situazione è disperata. Il governo australiano deve porre fine a queste politiche brutali ed evacuare immediatamente tutti i rifugiati e richiedenti asilo da Nauru, così come dall’isola di Manus. Non c’è tempo da perdere.”
MSF chiede all’Australia di porre immediatamente fine al confinamento indefinito di richiedenti asilo e rifugiati sulle isole. MSF considera positivamente qualunque alternativa di reinsediamento, compresa la Nuova Zelanda, purché sia rapida, volontaria, rispetti i legami familiari e consenta alle persone di ricostruire le proprie vite e la propria salute mentale.

Testimonianza.

“La mia vita è come una barca con un buco al centro e la vedo sprofondare”.
Kazem (nome cambiato) è un rifugiato iraniano bloccato a Nauru da cinque anni e tre mesi. “Ho lasciato l’Iran per via della mia religione. Mi sono convertito dall’Islam al Cristianesimo, e nel mio paese chi lo fa rischia la tortura e la prigione. Si può arrivare anche a morire.
È stato difficile, ma io e mia moglie abbiamo deciso di fuggire. Abbiamo trascorso il primo anno a Nauru in una tenda. È stata davvero dura. Nel 2014 abbiamo ottenuto lo status di rifugiati e siamo andati a vivere nella comunità. Pensavamo che avremmo trovato un po’ di normalità e che tutto sarebbe andato bene. Ma dopo un po’ abbiamo capito che non c’è differenza tra la tenda e la comunità, vieni solo trasferito da una piccola prigione a una grande prigione circondata dall’oceano.
La cosa che ci ha fatto più soffrire è l’incertezza sul nostro futuro. Siamo stati riconosciuti rifugiati nel 2014, ma ancora non sappiamo cosa sarà di noi. Abbiamo fatto domanda per essere insediati negli Stati Uniti, ma di recente ci è stata rifiutata. La sicurezza nazionale ha respinto me e mia moglie. Quella decisione ci ha colpito davvero tanto. Non so ancora quanto ci vorrà per andare via di qui. Ed è veramente difficile.
Ora mia moglie soffre di depressione profonda. Era stata assistita molto bene da Medici Senza Frontiere, ma da quando sono stati mandati via le sue condizioni peggiorano di giorno in giorno. Sto cercando di prenderle un appuntamento con l’équipe di salute mentale dell’IHMS (International Health and Medical Services), ma ci vuole molto tempo. Oggi è il ventiquattresimo giorno in cui non mangia, non dorme, non riesce a bere, né a uscire dal letto. Resta stesa tutto il tempo.
Ho provato a essere forte e sano per sostenere la mia famiglia, mia moglie e me stesso. Ma al momento sono troppo, troppo stanco. La mia vita è come una barca con un grande buco al centro, e la vedo andare giù e sprofondare nell’oceano.
Alcune persone del governo australiano hanno detto che evacueranno tutti i bambini prima di Natale. Poi qualcun altro ha detto che non era vero. Non c’è una scadenza, non ci sono regole, non c’è niente, è tutto un bluff. Tutti qui sarebbero felici se i bambini venissero evacuati da Nauru, ma allo stesso tempo sono preoccupati per loro stessi. Dicono, cosa ci succederà? Chi non ha figli dovrà restare ancora a lungo? Il governo australiano si prenderà gioco di noi?
Forse in Australia o in altri paesi sentite parlare di Nauru, ma la situazione qui non ha conseguenze sulla vostra vita. Quando noi seguiamo le notizie, cerchiamo indizi sul nostro futuro! Oggi potremmo trarre speranza da ciò che leggiamo, ma domani quelle notizie potrebbero devastarci ancora di più.
Vorrei tornare a una vita normale. Vorrei andare via da qui, vivere in un nuovo paese con una nuova cittadinanza. Per ricominciare a vivere”.

Ufficio stampa di Medici Senza Frontiere.