Nigeria. Tensioni etniche e fondamentalismo islamico: l’incognita delle elezioni 2015

di Sofia Rioli –

Goodluck JonathanLa minaccia dell’Isis e l’aumento dei movimenti jihadista in Africa continuano a destare forte preoccupazione per l’Occidente. Gli integralisti che inneggiano alla guerra di religione non sono più solo nei paesi arabi (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto) ma stanno penetrando sempre di più nel continente africano rafforzandosi, in particolar modo, nei paesi dove vi è una forte maggioranza islamica (Mali, Repubblica Centroafricana, Somalia, Zanzibar, Tanzania, Kenya e Nigeria).
L’Occidente segue con grande interesse ciò che sta accadendo in Nigeria, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 14 febbraio 2015 e delle possibili conseguenze, per la stabilità mondiale, di un presidente di fede islamica.
La Nigeria è uno dei paesi più popolosi dell’Africa (ca. 174 milioni di abitanti nel 2013) composta principalmente da tre gruppi etnici: Yoruba (situati nel sud-ovest del paese e di maggioranza cristiana con un quarto di fede islamica), Ibo (sud-est e di maggioranza islamica) e Hausa-Fulani (nord e di maggioranza islamica) e da altre 250 piccole minoranza autoctone.
Dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1961, le tensioni fra i tre grandi gruppi etnici, per la distribuzione del potere e delle risorse, hanno portato ad un susseguirsi di colpi di stato, governi militari e guerre civili, aumentando così i conflitti fra cristiani e mussulmani.
A partire dal 2009 la Nigeria è stata caratterizzata da diversi attacchi terroristici per mano del gruppo jihadista guidato da Boko Haram (letteralmente “l’educazione occidentale è un peccato”) che hanno provocato la morte di 5000 civili, 2000 dei quali solo dall’inizio del 2014. Il numero delle vittime è però destinato a salire perché il gruppo non sembra aver placato la sua sete di sangue; oltre al clamoroso e sconvolgente rapimento delle 219 liceali il 14 aprile presso una scuola di Chibok, il 23 ottobre altre 60 ragazze sono state rapite nella regione di Adamawa.
Inevitabilmente gli occhi del mondo intero e degli stessi nigeriani sono volti alle prossime elezioni: che succederà?
L’attuale presidente in carica Goodluck Jonathan, eletto nel 2010, di fede cristiana e facente parte del PDP (People’s Democratic Party), ha ufficialmente lanciato la propria candidatura usando una campagna social con l’hashtag #BringBackGoodluck2015. Ovviamente la scelta ha provocato non pochi disappunti per la “politicizzazione” della campagna internazionale #BringBackOurGirls, creata con la speranza di salvare la vita alle 219 liceali rapite da Boko Haram, e che ha messo in luce le debolezze dell’attuale governo: corruzione, povertà, incuranza dei diritti umani, mancanza di sicurezza all’interno del paese e l’incapacità di fare fronte al terrorismo.
Una possibile rielezione di Goodluck, però, potrebbe minacciare una legge non-scritta nigeriana che garantisce la rotazione del governo fra nord e sud, assicurando così un’alternanza fra mussulmani e cristiani.
I quattro principali oppositori del PDP, ACN (Action Congress of Nigeria), CPC (Congress for Progressive Change), ANPP (All Nigeria Peoples Party) e APGA (All Progressives Grand Alliance), si sono coalizzati ed hanno fondato, nel 2013, un unico partito l’APC (All Progressives Congress) con l’obiettivo di vincere le elezioni del 2015. Anche se molti, fra cui lo stesso Goodluck, hanno accusato il partito di appoggiare Boko Haram, l’APC si è sempre dichiarato estraneo ed ha condannato a spada tratta gli attacchi terroristici, impegnandosi con il governo federale per fermare tale minaccia. Lo stesso partito ha, a sua volta, accusato il PDP di essere coinvolto nella morte del generale Andrew Owoye Azazi (consigliere della sicurezza nazionale) che aveva dichiarato un possibile coinvolgimento del partito con Boko Haram.
In preparazione delle elezioni del 2015, la Commissione Elettorale Nazionale, ha assicurato che prenderà tutte le misure necessarie affinché le elezioni si svolgano in maniera sicura e corrette. Non è stato però garantito che le zone attualmente sotto attacco terroristico potranno votare. I membri dell’APC sospettano che tale comportamento possa essere una tattica, adottata dall’attuale presidente, per indebolire gli oppositori del PDP ed escludere i territori nei quali l’APC ha più sostenitori.
La situazione in Nigeria è molto complesse e delicata, le elezioni rappresentano una vera e propria sfida per i paese. La più grande preoccupazione è che se non salirà al governo un forza politica forte, la minaccia jihadista non si fermerà solo al nord della Nigeria ma penetrerà sempre di più gettando il paese nel caos. L’elezione di un presidente mussulmano, inoltre, potrebbe essere visto da Boko Haram (e non solo) come la vittoria dell’ideologia fondamentalista sul cristianesimo e sul mondo occidentale, incentivando così a continuare le attività terroristiche in nome della religione islamica.
Affinché il paese possa essere pronto per affrontare in maniera corretta e democratica le nuove elezioni presidenziali, è fondamentale che la “politicizzazione” degli attacchi terroristici venga a mancare e che i vari partiti nigeriani si coalizzino, creando un’unica forza, in grado di affrontare Boko Haram ed i suoi sostenitori. Solo così il paese potrà riemergere da questi lunghi anni bui.

Nella foto: Goodluck Jonathan