Nonostante la crisi (e gli Usa) il Venezuela resiste, perché sta diversificando la produzione. Intervista all’ambasciatore Julian Isaias

di Giuliano Bifolchi

La Repubblica Bolivariana del Venezuela, con l’attuale presidente Nicolas Maduro, rappresenta in America Latina l’eredità del leader storico Hugo Chavez, nonché uno degli attori fondamentali nel quadro geopolitico regionale. Spesso attaccata dai media occidentali per la politica interna del presidente Maduro, il Venezuela sta attraversando un periodo di transizione post-Chavez reso maggiormente difficile dal contesto economico mondiale caratterizzato dalla caduta dei prezzi del petrolio e dalla nuova sfida geopolitica che sotto l’amministrazione Obama ha contrapposto gli Stati Uniti, ed in generale l’occidente, alla Federazione Russa.
Abbiamo incontrato l’Ambasciatore del Venezuela in Italia Julian Isaias Rodriguez Diaz per discutere le problematiche interne del paese, il progetto di sviluppo economico e il ruolo del Venezuela nel quadro geopolitico regionale.

– Quali sono i rapporti esistenti tra Italia e Venezuela e verso quale direzione stanno volgendo? Il suo paese è riuscito ad attirare l’attenzione sia politica che economica degli attori politici ed economici italiani?
“L’immigrazione italiana ha rappresentato un fattore decisivo nella modernizzazione dell’industria agricola e nelle attività commerciali delle aree urbane venezuelane, come anche nel migliorare il livello della vita. Il nostro paese ha la terza comunità italiana dell’America Latina dopo Argentina e Brasile. Da Napoli, nel 1952, 54 famiglie italiane giunsero in Venezuela fuggendo dal periodo post-guerra e si stabilirono nell’Unità Agricola di Turén nello stato di Portuguesa. Questi italiani erano muratori, meccanici, fabbri, sarti, panettieri, elettricisti, carpentieri, calzolai e molti di loro si integrarono nel lavoro agricolo.
Circa un terzo dell’industrie venezuelane, non collegate con l’attività petrolifera, erano e sono di proprietà oppure amministrate da italo-venezuelani. Uno di questi settori è quello della gastronomia. Il consumo di pasta proporzionato in Venezuela, infatti, è il secondo al mondo dopo l’Italia. Un altro settore dove la presenza italiana è forte è quello dell’industria manifatturiera delle scarpe.
La comunità italiana in Venezuela partecipa inoltre ed investe negli spazi turistici, nelle strutture internazionali, nei mezzi di trasporto, nell’industria automobilistica, motociclistica e ciclistica, nella costruzione di motori nautici fuori bordo e nei veicoli navali.
La cooperazione bilaterale tra la Repubblica Bolivariana del Venezuela e Repubblica Italiana si base sull’Accordo di Cooperazione Economica, Industriale, Scientifico-Tecnologica, Tecnica e Culturale che i due paesi hanno firmato nel 2001 durante la presidenza di Hugo Chavez .
Tale cooperazione corrisponde ad una relazione strategica, in differenti ambiti, che ha favorito la sottoscrizione di 122 accordi. Essa si basa principalmente sul settore degli idrocarburi con ENI, SAIPEM, sul settore delle infrastrutture con Astaldi, Impregillo, PDVSA ed Eni, compagnie italiane che detengono gli accordi per estrarre gli idrocarburi per più di sei anni. Attualmente l’ENI ha rinforzato l’accordo di produzione di gas nel blocco Cardon IV, così come gli investimenti nell’impresa mista PetroJunin. Pirelli ha normalizzato la produzione di pneumatici in Venezuela. L’impresa italiana Molitecnica s.r.l, con sede a Bologna, partecipa principalmente nel piano di adeguazione tecnologica di alcune fabbriche venezuelane produttrici di farina di mais.
Inoltre in Venezuela esiste una vasta presenza di piccole e medie imprese italiane (PIM) che prendono vita nel paese come, ad esempio, quelle che hanno mostrato interesse nel granito venezuelano, ed anche nel famoso rum e nel cioccolato, prodotti tipici del paese”.

– I media occidentali tuttavia spesso hanno parlato dei problemi di ordine interno ed economici del Venezuela sottolineando in alcuni casi l’incapacità o impossibilità di governo dell’attuale presidente Maduro. Qual è l’attuale situazione politica e socio-economica del suo paese?
“In America Latina esistono due strategie geopolitiche: quella degli Stati Uniti e quella del Vaticano. Quest’ultima si è espressa nei casi di Cuba, Colombia e Venezuela, mentre quella degli Stati Uniti pretende di imporre i suoi mercati e di usufruire della nostra materia prima: petrolio, oro, ferro, coltan (columbite-tantalite), alluminio.
La strategia del Vaticano consolida la pace nel continente e crea uno spazio di resistenza alla vita materiale con la quale si pretende di sostituire i valori spirituali. Il Vaticano ci accompagna nella lotta per la nostra identità e la nostra sovranità”.

– Crede che la promozione di tali problemi da parte dei media occidentali faccia parte di un disegno per destabilizzare il Venezuela?
“Non ci sono dubbi su questo. È una risposta ad un eventuale conflitto mondiale per la leadership politica, economica e culturale con Cina e Russia. Gli Stati Uniti sono coscienti che il potere bellico non è sufficiente perché in una guerra nucleare non ci saranno vincitori. Quindi aspirano a mantenere il controllo delle nostre risorse naturali, materie prime, acqua, risorse minerali, legname e biosfera.
Gli Stati Uniti hanno perso parte dell’appoggio politico dell’Europa e sembra che, sotto la presidenza di Donald Trump, svilupperanno una politica fatta per risolvere i problemi interni senza lasciare però la lotta per l’egemonia mondiale.
Venezuela rappresenta un discorso a parte per l’America Latina perché è l’eredità di Chavez. Venezuela rappresenta la sovranità, l’integrazione, la coscienza politica contro l’imperialismo ed il neoliberalismo, ossia una società alternativa ma giusta
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– Restando in materia di politica internazionale e dei rapporti Usa – Venezuela, come valuta l’elezione di Trump alla Casa Bianca e quale conseguenze potrà avere in America Latina ed in particolare nel suo paese?
“Il nostro auspicio è che si possano stabilire nuovi paradigmi con la nostra regione, che venga rispettato il riconoscimento delle identità culturali, sociali e storiche dei nostri paesi. Speriamo in un non intervento nei nostri affari interni e di mantenere il diritto di sviluppo e pace.
Speriamo inoltre che gli Stati Uniti sappiano affrontare i loro problemi economici, sociali, politici e quelli dell’umanità senza porre in pericolo la pace mondiale e la stabilità del pianeta”
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– A fine 2014, in occasione dell’intervista concessa a Notizie Geopolitiche, Lei aveva dichiarato in merito alla crisi dei prezzi petroliferi che il Venezuela aveva la possibilità di guadagnare anche con un costo del barile pari a 40 dollari e quindi scongiurare problemi economici gravi. A distanza di quasi due anni, come è possibile valutare l’incidenza del calo dei prezzi del petrolio nell’economia nazionale? Le stime positive da Lei presentate sono state rispettate oppure il Venezuela ha dovuto adottare una strategia energetica ed economica differente?
“Il governo del presidente Nicolas Maduro ha predisposto mezzi economici per superare gli effetti della caduta dei prezzi del petrolio nell’economia venezuelana attraverso la creazione di un’economia produttiva con la partecipazione attiva dell’impresa privata, delle comunità e dei differenti attori economici del paese.
La creazione di un’economia produttiva serve per dare un impulso e rafforzare un nuovo modello produttivo, aumentare le esportazioni non petrolifere e superare il modello di rendite petrolifere. Per fare ciò lo Stato ha posto attenzione sui settori agroalimentare, farmaceutico, industriale, idrocarburi, petrochimico, minerario, turistico nazionale ed internazionale, edilizio, forestale, informatico e delle telecomunicazioni.
La sfida che deve affrontare il governo del Venezuela è concentrata nel cambiare i padroni della produzione. Si tratta al contempo di fare un buon uso delle risorse naturali per aumentare le esportazioni non tradizionali e raggiungere l’economia produttiva distanziandola dal modello delle rendite petrolifere e delle importazioni
”.