di Giuseppe Gagliano –
Il primo ministro neozelandese Christopher Luxon ha annunciato l’intenzione di firmare un accordo di libero scambio con l’India entro due mesi. Una mossa che a prima vista sembra rafforzare i legami tra due economie complementari. Tuttavia, dietro l’apparente ottimismo si celano incognite geopolitiche e criticità economiche che meritano un’analisi più approfondita.
La ripresa dei negoziati tra India e Nuova Zelanda avviene in un contesto globale incerto. La politica protezionista degli Stati Uniti, l’imposizione di nuove tariffe doganali da parte dell’amministrazione Trump e il crescente multipolarismo economico impongono nuove dinamiche. Entrambi i paesi cercano spazi commerciali alternativi per evitare la dipendenza da un’unica potenza economica, ma la domanda chiave rimane: l’India e la Nuova Zelanda possono realmente costruire un asse commerciale solido e vantaggioso per entrambi?
Secondo i dati del ministero del Commercio indiano il volume degli scambi bilaterali ha raggiunto 1,2 miliardi di dollari nel 2024, con una crescita del 30% su base annua. Numeri interessanti, ma ancora modesti rispetto ai grandi flussi commerciali globali. Il governo indiano punta a decuplicare il valore degli scambi nel prossimo decennio, ma l’ostacolo maggiore risiede nella rigidità dei negoziati: l’India ha sempre mostrato resistenza nell’abbassare i dazi su prodotti agricoli e lattiero-caseari, per tutelare milioni di piccoli produttori locali. E qui emerge la prima crepa: la Nuova Zelanda è un esportatore netto di latte e derivati, un settore dove la concorrenza con l’India rischia di essere più conflittuale che cooperativa.
Oltre gli aspetti economici il dossier India-Nuova Zelanda si intreccia con una partita geopolitica più ampia. L’India, protagonista di un’accelerazione strategica nella regione Indo-Pacifica, mira a rafforzare la sua presenza commerciale senza entrare in collisione diretta con la Cina, principale attore regionale. La Nuova Zelanda, da parte sua, si trova in una posizione ambivalente: economicamente dipendente dalla Cina, ma sempre più incline a diversificare le sue alleanze.
Nel 2025 l’India diventerà la nazione più popolosa al mondo e una delle economie più dinamiche. La sua crescita industriale, il settore tecnologico in espansione e la giovane forza lavoro la rendono un mercato appetibile per chi cerca nuovi sbocchi commerciali. Tuttavia, la Nuova Zelanda ha poco da offrire se non materie prime e know-how agricolo. L’assenza di un’industria manifatturiera robusta e di un comparto tecnologico avanzato rischia di trasformare questo accordo in un’operazione di facciata più che in una reale rivoluzione economica.
L’intesa tra India e Nuova Zelanda rappresenta una mossa strategica che potrebbe avere sviluppi interessanti, ma restano forti dubbi sulla sua realizzabilità. Senza un abbassamento dei dazi indiani e senza una chiara definizione delle aree di cooperazione economica, l’FTA rischia di restare un progetto ambizioso ma poco concreto. La geopolitica del Pacifico, la competizione con la Cina e le politiche protezioniste globali giocano un ruolo determinante nel futuro di questo accordo. Se le due nazioni non riusciranno a trovare un equilibrio tra interessi economici e strategici, il rischio è quello di assistere all’ennesimo accordo destinato a restare sulla carta, senza reali benefici per le economie coinvolte.