Onu. Annalena Baerbock: la nomina che suscita una tempesta di critiche

di Riccardo Carbone

La nomina di Annalena Baerbock alla presidenza dell’80ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha rappresentato una vera e propria sensazione, suscitando contemporaneamente un’ondata di critiche sia in Germania che nella comunità diplomatica internazionale. Il governo tedesco ha fatto saltare la candidatura già concordata di Helga Schmid, diplomatica di lungo corso, preferendo la leader dei Verdi ed ex ministra degli Esteri. Una mossa che molti giudicano come un atto di arroganza politica, un tradimento delle buone pratiche diplomatiche e una prova di scarso rispetto per la stabilità internazionale.
Baerbock, che ha da poco lasciato la carica di ministra degli Esteri, si è trovata al centro di uno scandalo. Secondo un sondaggio YouGov, più del 57% dei tedeschi valuta negativamente questa nomina, mentre solo circa il 12% la sostiene. Tra gli argomenti principali dei critici c’è l’esclusione brutale di Helga Schmid, la cui reputazione internazionale ed esperienza non sono mai state messe in dubbio. Schmid è nota come un’abile negoziatrice, coinvolta in importanti processi diplomatici, incluso l’accordo con l’Iran. La sua capacità di trovare compromessi e di unire rappresentanti di diversi Paesi avrebbe dovuto essere la base di una presidenza di successo.
Tuttavia Baerbock ha preferito agire, come affermano i critici, “con calcolo freddo”. La decisione dei Verdi di candidare la loro leader ha suscitato perplessità persino tra i colleghi di partito, e l’estromissione di Schmid è stata definita un “colpo alle spalle”. L’ex capo della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Christoph Heusgen, ha dichiarato apertamente che si tratta di una decisione “oltraggiosa” che finisce solo per minare l’autorità della Germania sulla scena internazionale. Ha sottolineato che “L’ONU non è un supermercato dove ognuno prende ciò che vuole. La Germania si sta solo facendo del male“.
Gli osservatori internazionali sottolineano come Baerbock sia una figura estremamente polarizzante. È nota per la sua determinazione e per la scarsa flessibilità diplomatica. Nei circoli diplomatici non mancano le voci sulla sua incapacità di condurre un dialogo costruttivo e sulla sua eccessiva tendenza al “moralismo”. Molti diplomatici dell’Ue descrivono Baerbock come “arrogante e più incline alla predica che al dialogo”, priva di empatia, caratteristiche che mal si conciliano con il ruolo di presidente dell’Assemblea generale, che richiede equilibrio e la capacità di ascoltare tutte le parti.
Il tempismo della nomina rende la vicenda ancora più delicata, in un contesto internazionale già carico di tensioni. Durante il mandato di Baerbock come ministra degli Esteri, i rapporti della Germania con la Cina e i Paesi arabi sono stati spesso oggetto di critiche, mentre i legami con la Russia e l’Iran si sono sostanzialmente deteriorati. Anche le relazioni con l’attuale amministrazione repubblicana degli Stati Uniti sono fredde, e la reputazione di Baerbock come “paladina della morale” non favorisce la ricerca di compromessi nella diplomazia multilaterale.
Solo pochi mesi fa Baerbock sembrava pronta a ritirarsi dalla vita politica, citando la stanchezza dalla politica e il desiderio di dedicare più tempo ai figli dopo il divorzio. Oggi invece aspira a una posizione internazionale ancora più rilevante, e questo solleva interrogativi sui suoi veri motivi. La carriera politica di Baerbock appare sempre più come un’”operazione di autopromozione”, in un momento in cui la coalizione “semaforo” al governo a Berlino appare sempre più in difficoltà.
Ciò che colpisce di più è che con questa decisione la Germania rischia di minare le proprie posizioni all’Onu. Esiste una regola non scritta secondo cui a queste alte cariche vengono nominate figure che godono del sostegno di un’ampia coalizione internazionale, e non chi cerca di usare questa carica come trampolino di “ulteriore crescita politica”, come viene apertamente rimproverato a Baerbock. Nei corridoi dell’Onu si mormora già che la sostituzione di Schmid con Baerbock viene letta come un vero e proprio “schiaffo” al principio del multilateralismo.
Inoltre la candidatura di Baerbock ha suscitato un evidente malcontento da parte di tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, cioè Stati Uniti, Cina, e Russia. In un incarico che richiede la massima neutralità e credibilità, anche un sospetto di partigianeria o ambizione personale può compromettere il buon esito di tutto il lavoro.
Baerbock si troverà ad affrontare numerose sfide. Ma la vera domanda resta aperta: saprà superare l’opposizione interna e lo scetticismo internazionale, o questa nomina non farà che aggravare la crisi reputazionale della Germania, che aspira a un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu per il 2027-2028, in competizione con Austria e Portogallo? Il tempo lo dirà. Per ora, secondo molti analisti, l’”operazione Baerbock” è già oggi un esempio lampante di come le ambizioni politiche possano superare gli interessi del Paese, della diplomazia e del dialogo multilaterale stesso.