Pakistan. Il governo punta su Pasni: porto da 1,2 miliardi per corteggiare Washington

di Giuseppe Gagliano –

Secondo il Financial Times, il capo dell’esercito pakistano Asim Munir ha presentato a investitori statunitensi un progetto da 1,2 miliardi di dollari per costruire un nuovo porto a Pasni, sulla costa del Belucistan, a metà strada tra Gwadar e il confine con l’Iran. L’iniziativa rientra in un piano più ampio di Islamabad per riequilibrare i rapporti con le grandi potenze e attrarre capitali occidentali, proponendo un’alternativa alla presenza cinese nella regione.
Negli ultimi vent’anni il porto di Gwadar è stato uno dei simboli del CPEC, il Corridoio Economico Cina-Pakistan, fulcro della Belt and Road Initiative. Per Pechino, Gwadar è la chiave d’accesso al Mare Arabico e una base logistica per petrolio, gas e merci dirette verso lo Xinjiang.
Pasni, distante circa 70 km da Gwadar, diventerebbe così un hub concorrente, concepito non per sostituire ma per bilanciare l’influenza cinese, offrendo a Washington e ai suoi partner industriali un’infrastruttura dedicata alle catene di fornitura occidentali.
Il porto sarebbe collegato tramite nuova viabilità e ferrovia ai giacimenti di rame e antimonio del Belucistan, ricchi di metalli rari essenziali per elettronica, batterie e difesa. In un contesto globale segnato dalla corsa alle materie prime strategiche, l’accesso diretto a queste risorse darebbe agli Stati Uniti un vantaggio logistico e di sicurezza delle forniture, riducendo la dipendenza dalle rotte controllate da Pechino.
Il progetto non è solo economico: per il Pakistan, inserire Pasni nel network portuale occidentale significherebbe riavvicinarsi a Washington dopo anni di raffreddamento dovuti alla cooperazione preferenziale con la Cina e alle tensioni sul dossier Afghanistan.
Per gli Stati Uniti, disporre di un’infrastruttura nell’Arabian Sea a ridosso dello Stretto di Hormuz rappresenterebbe un contrappeso tattico al porto cinese di Gwadar e al crescente attivismo navale di Pechino nell’Oceano Indiano.
Dal punto di vista interno, il porto di Pasni promette posti di lavoro, sviluppo logistico e tasse portuali, in una regione spesso marginalizzata come il Belucistan. Tuttavia, non mancano criticità:

– Sicurezza: il Belucistan è segnato da insurrezioni separatiste e da attentati contro infrastrutture cinesi e governative.

– Finanziamento: i 1,2 miliardi previsti richiederanno garanzie pubbliche in un Paese sotto pressione del FMI.

– Geopolitica: un eccessivo avvicinamento a Washington potrebbe irritare Pechino, principale creditore e investitore infrastrutturale del Pakistan.

Il dossier Pasni riflette il tentativo del Pakistan di uscire dalla dipendenza da un unico partner strategico, diversificando le alleanze per non rimanere schiacciato tra Cina e Golfo Persico. Se realizzato, il porto aprirebbe una nuova faglia di competizione tra Cina e Stati Uniti nel cuore della Belt and Road, aggiungendo un altro tassello alla crescente geoeconomia dei porti strategici che dal Corno d’Africa arrivano al Sud-Est asiatico.