Pakistan. Tensioni con l’India: stop ai rapporti commerciali, chiuso lo spazio aereo

di Giuseppe Gagliano

Un nuovo, pericoloso fronte si apre nel cuore dell’Asia meridionale. Il Pakistan ha chiuso il proprio spazio aereo a tutti i voli indiani e ha sospeso ogni scambio commerciale con Nuova Delhi, compresi i transiti destinati a Paesi terzi. Una mossa che giunge dopo il più grave attentato degli ultimi vent’anni in Kashmir, dove un attacco separatista ha provocato la morte di almeno 26 civili a Pahalgam.
A innescare la reazione non è stato solo il sangue versato. Islamabad ha reagito con veemenza alla decisione del governo Modi di sospendere il Trattato dell’Indo, il delicatissimo accordo del 1960 che regola la ripartizione delle acque tra i due Paesi. Una questione che per il Pakistan non è negoziabile. Il governo ha dichiarato esplicitamente che qualsiasi deviazione dei flussi fluviali sarà considerata un “atto di guerra”.
Mentre le tensioni montano, entrambi i Paesi procedono allo svuotamento reciproco delle rispettive rappresentanze diplomatiche. Il Pakistan ha ordinato l’espulsione dei consiglieri militari indiani entro il 30 aprile. L’India ha risposto dichiarando “persona non grata” i funzionari militari pakistani a Nuova Delhi, riducendo drasticamente lo staff dell’alta commissione indiana a Islamabad.
In parallelo Nuova Delhi ha annunciato la chiusura immediata del principale varco di frontiera ad Amritsar e il ritiro di ogni permesso di viaggio speciale per i cittadini pakistani. Una misura che ha innescato un rientro forzato di decine di civili pakistani, costretti ad abbandonare il territorio indiano in meno di 48 ore.
A inquietare ancora di più è l’attivismo militare. L’India ha iniziato il dispiegamento di aerei da combattimento e tanker per il rifornimento in volo nelle zone prossime al confine, in particolare nella regione del Kashmir. La mossa, apparentemente preventiva, segna in realtà l’inizio di una fase di pressione militare che preannuncia la possibilità concreta di escalation.
Nessuna delle due capitali sembra voler rientrare dalla retorica. Islamabad insiste sul ruolo provocatorio dell’India; Nuova Delhi rivendica il diritto di difendere la propria popolazione da infiltrazioni terroristiche. Entrambe le narrazioni si alimentano a vicenda, rendendo ogni compromesso più difficile.
Il nodo della crisi è simbolico e geopolitico insieme: il controllo dell’acqua. Il bacino dell’Indo è linfa vitale per il Pakistan e leva strategica per l’India. La sospensione unilaterale del trattato da parte di Nuova Delhi rappresenta, secondo Islamabad, una dichiarazione ostile, un attacco diretto alla sicurezza nazionale.
È bene ricordare che il Trattato dell’Indo è stato uno dei pochi accordi bilaterali sopravvissuti a tutte le guerre tra India e Pakistan. Se anche questo pilastro dovesse crollare, si aprirebbe un vuoto pericolosissimo, in una regione abitata da due potenze nucleari, con alleanze internazionali sempre più fluide e un equilibrio già minato da tensioni interne e regionali.
In un’epoca in cui le guerre per l’acqua sono considerate tra i conflitti del futuro, il caso dell’Indo è un ammonimento attuale e concreto. L’acqua non è solo un bene naturale: è territorio, identità, sopravvivenza. E in Asia meridionale è diventata oggi la miccia più corta di un’escalation potenzialmente catastrofica.