
di Mohamed Ben Abdallah –
Sembra reggere al momento il cessate-il-fuoco tra Israele Hamas, raggiunto nei giorni scorsi a Doha con la mediazione di Egitto e Usa. Nella notte Israele ha rilasciato dal carcere di Ofer, in Cisgiordania, i primi 90 prigionieri, nella fattispecie 61 donne e 29 minorenni, salutati da una folla al passaggio dei bus.
Hamas ha liberato tre donne, Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher, parte del primo gruppo di 33 rapiti il 7 ottobre per cui ci si è accordati in Qatar. Come hanno riferito i medici delle Idf, “le tre stanno bene, sono in buone condizioni”. Per il prossimo scambio di prigionieri bisognerà attendere sabato 25 gennaio.
Contestualmente sono entrati nella Striscia i primi 241 camion di 630 con a bordo gli aiuti umanitari destinati alla popolazione stremata, ma il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha avvertito che “sarà un compito difficile ripristinare il sistema sanitario e dare una risposta alle enormi necessità sanitarie della popolazione”, dopo 15 mesi di bombardamenti. Difatti l’Onu ha stimato che a Gaza Città oltre il 74 percento degli edifici è stato distrutto, mentre le autorità sanitarie della Striscia hanno fatto sapere che almeno 10mila corpi sono ancora sotto le macerie, e che la cifra delle vittime ha superato le 47mila unità, di cui un terzo bambini.
Il blocco delle ostilità avrà certamente ricadute positive sull’intera regione, e per quanto gli Houthi yemeniti abbiano affermato l’intenzione di colpire le navi israeliane in transito per lo stretto di Bab el-Mandeb fino a quando i militari israeliani non avranno lasciato Gaza, non sono in corso lanci di missili verso Israele. Da Sanaa hanno fatto sapere che potranno transitare indisturbate tutte le navi non battenti la bandiera di Israele.
Nella notte si sono comunque susseguiti attacchi dei coloni palestinesi a villaggi palestinesi in protesta contro l’accordo: almeno sei centri abitati sono stati oggetto del lancio di bottiglie molotov che hanno incendiato abitazioni e proprietà palestinesi in Cisgiordania. A Sebastia l’esercito ha sparato a un 15enne palestinese durante gli scontri con i coloni, uccidendolo. Due coloni (sono 730mila nei Territori palestinesi in barba alle risoluzioni Onu) sono stati arrestati.
La situazione resta altamente delicata a Jenin, dove sono schierati il 90mo Battaglione specializzato nella guerriglia urbana e l’Unità Ezog israeliani, ma dove l’alta densità di profughi e le condizioni misere vengono ad essere componenti di una miscela esplosiva a cui si aggiungono agli scontri in corso tra il Battaglione Jenin, che i rifà ad Hamas, e le Forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).
E’ indubbia la capacità di resilienza di Hamas, che continua a mietere consensi in Cisgiordania a scapito dell’Anp, che non a caso non indice elezioni, come pure che Israele si è trovato costretto al cessate-il-fuoco di una guerra che non ha portato a nulla. Resta quindi improcrastinabile una soluzione definitiva al conflitto, magari attraverso la creazione di uno Stato palestinese con confini delimitati. Hamas non sarebbe necessariamente contrario: l’articolo 20 dello statuto di Hamas del 2017 indica “la creazione di uno Stato palestinese pienamente sovrano e indipendente, con Gerusalemme come capitale sulla falsariga del 4 giugno 1967, con il ritorno dei rifugiati e degli sfollati alle loro case da cui sono stati espulsi, come una formula di consenso nazionale”.
La precedente amministrazione Trump aveva presentato nel gennaio 2020 il piano Kushner pel la creazione della “Nuova Palestina”, e con tutta probabilità il presidente Usa Donald Trump, che si è insediato oggi, vorrà riprendere da lì. Un piano indubbiamente vessatorio per i palestinesi, anche perchè prevede l’annessione da parte di Israele della Valle del Giordano nonché il riconoscimento Usa degli insediamenti nei Territori occupati, i quali diverrebbero così parte integrante di Israele. La sicurezza verrebbe garantita da Israele anche nella Nuova Palestina, la quale potrà avere una propria forza di polizia ma senza armi pesanti. In compenso vi sarebbe un ponte alto 30 metri per collegare la Striscia alla Cisgiordania, Gerusalemme sarebbe capitale di entrambe le nazioni, i luoghi santi non verrebbero toccati e vi sarebbe il divieto per gli israeliani di comprare case dei palestinesi e viceversa.
Il piano prevede anche la cessione ai palestinesi di un appezzamento nel territorio egiziano per la costruzione di un aeroporto e di un centro commerciale, senza però potervi risiedere; la liberazione dei prigionieri in un arco di tre anni; la fine dell’embargo a Gaza e la riapertura dei commerci internazionali. Tutte le armi presenti a Gaza dovrebbero essere consegnate alla polizia, mentre i finanziamenti (30 miliardi di dollari in 5 anni) per attuare i progetti arriverebbero dagli Usa (20%), dall’Ue (10%) e dalle monarchie del Golfo (70%).