Pechino limiterà le libertà a Hong Kong: perché gli Usa condannano e l’Ue no

di Giuseppe Gagliano

Il parlamento cinese prenderà in considerazione un disegno di legge che potrebbe limitare l’attività dell’opposizione a Hong Kong per reprimere le attività che Pechino considera sovversive.
Il Congresso Nazionale del Popolo delibererà su un disegno di legge volto a stabilire e migliorare il sistema legale e i meccanismi di applicazione nelle regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao per salvaguardare la sicurezza nazionale. Tale mossa è stata a lungo presa in considerazione ma è stata accelerata dopo mesi di proteste anti-governative avvenute lo scorso anno nell’ex colonia britannica, che è stata consegnata al dominio cinese nel 1997. Tale legislazione è stata proposta l’ultima volta nel 2003 ai sensi dell’articolo 23 della Legge fondamentale, ma l’opposizione al Consiglio legislativo di Hong Kong ha impedito che tale disegno di legge potesse essere approvato. Stando a quanto indicato dal periodico South China Morning Post di Hong Kong, il progetto di risoluzione sarà presentato al National People’s Congress venerdì pomeriggio e votato alla fine della sessione del 28 maggio.
Non vi è dubbio alcuno che una votazione favorevole aumenterà le preoccupazioni nel campo democratico di Hong Kong poichè significa che Pechino limiterà i diritti di riunione e libertà di parola del territorio, che oggi superano di gran lunga quelli consentiti dal Partito comunista al potere nella Cina continentale. Al di là delle comprensibili reazioni della società civile non si è fatta attendere la reazione immediata da parte degli Stati Uniti. Infatti il Dipartimento di Stato ha sottolineato che sia il rispetto dei diritti umani sia l’autonomia politica e legislativa sono condizioni fondamentali per consentire a Hong Kong di mantenere la sua centralità nel contesto finanziario mondiale. Infatti da un punto di vista strettamente giuridico lo scorso anno il presidente Donald Trump approvò lo “Hong Kong Human Rights and Democracy Act”, che impone al Dipartimento di Stato di certificare almeno una volta all’anno che Hong Kong mantenga un’autonomia sufficiente a giustificare le condizioni per il commercio con gli USA. Non va dimenticato che a Hong Kong ci sono circa 1300 aziende americane e che vi vivono 85mila cittadini americani la cui libertà verrebbe fortemente limitata da questa nuova normativa. La reazione americana diventa quindi legittima e comprensibile: anche se va certamente inquadrata nel contesto della guerra economica tra la Cina e gli Stati Uniti, è volta comunque a tutelare i diritti fondamentali dei cittadini americani.
Inoltre se questa nuova normativa venisse approvata, l’Ue dovrebbe immediatamente emettere una condanna ufficiale della violazione dei diritti fondamentali, cosa che comunque difficilmente potrebbe avere delle implicazioni operative dal momento che la Cina già a partire dal 2006 è il principale partner commerciale dell’Ue.
Ogni giorno gli scambi commerciali tra la Cina e l’Europa ammontano a circa un miliardo di euro, e gli investimenti cinesi nell’Unione Europea sono quasi raddoppiati passando da 17,3 miliardi di euro nel 2017 a 29,1 miliardi nel 2018.