Perù. 48 morti nelle proteste per la destituzione di Castillo: Boluarte si scusa ma non si dimette

di Guido Keller

Continuano i disordini in Perù, a poco più di un mese dalla destituzione e dall’arresto del presidente di sinistra Pedro Castillo, a cui è succeduto la vicepresidente Dina Boluarte. Negli scontri di piazza sono morte in un mese 48 persone e centinaia sono i feriti, perlopiù sostenitori di Castillo, ma Boluarte si è rivolta con un messaggio alla nazione per far sapere la sua intenzione di non volersi dimettere perchè “il mio impegno è per il Perù”.
Castillo, che ha cambiato diversi governi durante il suo incarico e che quindi non è stato in grado di stabilizzare la politica, è oggi in carcere con l’accusa di aver creato una rete di corruzione, ma per i manifestanti si tratta di una forzatura ideata per ribaltare l’esito delle elezioni e instaurare una compagine di centrodestra, levando di mezzo l’unica garanzia per gli strati più deboli della società in un momento di crisi economica e di inflazione galoppante.
Un poliziotto di 29 anni è stato bruciato vivo dai rivoltosi a Juliaca, cittadina situata nel sud del paese: era rimasto intrappolato nella sua auto attaccata dai manifestanti mentre era di pattuglia con un collega.
Boluarte si è comunque scusata “con il popolo peruviano per i modi utilizzati per raggiungere la pace e la calma”, ma in due giorni ha perso per dimissioni il ministro del Lavoro Eduardo Garcia, il ministro dell’Interno Victor Rojas e il ministro delle Donne e delle Popolazioni vulnerabili Grecia Rojas, i quali hanno fatto sapere di non aver condiviso la dura repressione delle proteste.
La stessa presidente, il primo ministro Alberto Otárola, il ministro dell’Interno Víctor Rojas e quello della Difesa Jorge Chávez si trovano oggi sotto indagine per i disordini avvenuti in particolare nelle regioni di Apurímac, La Libertad, Puno, Junín, Arequipa e Ayacucho, e le accuse riportano di genocidio, omicidio colposo e lesioni gravi. Tuttavia sulla presidente grava una pressione crescente per le continue mobilitazioni e gli scioperi, tra i quali quello corposo indetto dalla Federazione nazionale dei lavoratori minerari, metalmeccanici e siderurgici del Perù (Fntmmsp). I sindacati e i movimenti antigovernativi hanno fatto sapere l’intenzione di portare nei prossimi giorni la protesta nella capitale Lima, dove il sindaco Rafael López Aliaga ha annullato i festeggiamenti del 18 gennaio per il 448mo anniversario della fondazione della città.
La rabbia in Perù per l’arresto di Castillo, che aveva promesso “Mai più poveri in un paese ricco”, è quindi destinata a crescere tra gli slogan “Elezioni subito”, “Governo golpista” e “Senza lotta non c’è vittoria!”, e di certo non basteranno le scuse di Boluarte a rasserenare gli animi e a riportare ordine in Perù.