Perù. L’ennesima crisi politica: la caduta di Dina Boluarte e l’instabilità strutturale

di Giuseppe Gagliano

La destituzione della presidente Dina Boluarte da parte del Congresso della Repubblica del Perù, avvenuta alcuni giorni fa, rappresenta molto più di un cambio di leadership. È l’ennesimo atto di una lunga crisi istituzionale che da oltre due decenni mina la stabilità politica del Paese andino. Con 121 voti su 130, la rimozione per “incapacità morale permanente” chiude un ciclo di scandali, accuse di corruzione e proteste popolari, lasciando aperta una ferita politica profonda.
Boluarte, prima donna presidente nella storia peruviana, era salita al potere nel 2022 dopo la caduta di Pedro Castillo. Sin dall’inizio, però, il suo mandato è stato segnato da accuse e controversie. Il cosiddetto “Rolexgate”, cioè l’accettazione di orologi e gioielli di lusso come tangenti, ha eroso rapidamente il suo consenso. A questo si sono aggiunti l’uso improprio di veicoli presidenziali per proteggere ricercati, le responsabilità politiche nella morte di oltre sessanta manifestanti e la vicenda della rinoplastica, quando abbandonò le sue funzioni per due settimane senza autorizzazione costituzionale.
Con tassi di disapprovazione superiori al 90%, anche i partiti conservatori che inizialmente l’avevano sostenuta hanno voltato le spalle alla presidente. Il voto di sfiducia, trasversale, è stato tanto politico quanto simbolico: il sistema ha deciso di scaricare un leader ormai senza legittimità.
Dopo la destituzione, il presidente del Congresso, Jose Jeri Ore, ha assunto la guida ad interim con il mandato di organizzare elezioni anticipate il 12 aprile 2026. Nelle sue prime dichiarazioni, ha promesso di ristabilire ordine e sicurezza in un Paese attraversato da un’ondata di criminalità e violenza crescente. Gli attentati e le aggressioni armate, come l’attacco al gruppo musicale Agua Marina a Lima, hanno amplificato il senso di insicurezza e accelerato la rottura definitiva tra governo e popolazione.
La criminalità organizzata è oggi percepita come la principale minaccia interna. Per Jeri Ore, la priorità sarà ristabilire la fiducia delle istituzioni, ma il margine politico è stretto: senza consenso popolare, qualsiasi governo rischia di durare poco.
Il caso Boluarte è solo l’ultimo tassello di una crisi sistemica. Dal 2000, quasi tutti i presidenti peruviani sono stati incriminati per corruzione o coinvolti in scandali giudiziari. Uno di loro si tolse la vita per evitare l’arresto. Questo ciclo di governi deboli, scandali e sfiducie parlamentari ha trasformato il Perù in uno degli esempi più emblematici di instabilità politica in America Latina.
La causa non è solo personale ma strutturale: la Costituzione peruviana offre al Congresso ampi margini per destituire il presidente, creando un equilibrio fragile e incentivando coalizioni effimere e conflitti istituzionali.
Il nuovo esecutivo dovrà affrontare tre sfide immediate: contenere la criminalità, ricostruire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e garantire elezioni credibili. Ma soprattutto dovrà dimostrare di saper spezzare il ciclo di crisi che da decenni logora la politica peruviana.
Per Boluarte, il futuro politico appare chiuso. Per il Perù, invece, la sfida resta quella di uscire da una crisi che non è episodica, ma sistemica. L’instabilità non è più l’eccezione: è diventata la regola.