di Alberto Galvi –
Il Perù ha richiamato il suo ambasciatore dall’Honduras per le critiche del governo di sinistra, come avviene in tutta l’America Latina. Ad essere richiamato in patria è stato l’ambasciatore Jorge Raffo a causa di quelle che sono state percepite a Lima come ingerenze.
Nelle proteste e negli scontri, iniziati il 7 dicembre, circa 56 persone sono rimaste uccise: tutto è partito con l’arresto per presidente Pedro Castillo, il quale aveva tentato di sciogliere il Congresso che si riuniva per votare il suo impeachment.
Le proteste per la sua detenzione, spinte dai peruviani poveri e rurali che vedono Castillo vittima di un’istituzione corrotta, hanno chiesto la rimozione di Dina Boluarte, che aveva preso il posto di Castillo.
I leader di sinistra di paesi come Messico , Honduras, Bolivia e Colombia hanno criticato alla riunione della alla CELAC (Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi), in Argentina, il governo di Boluarte, e la presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, ha affermato che il Perù sta attualmente vivendo una situazione incostituzionale dopo il “colpo di Stato” del 7 dicembre. Anche il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador ha definito Castillo il legittimo leader del paese, offrendo all’ex presidente e alla sua famiglia rifugio in Messico.
Intanto la presidente del Perù ha espresso disponibilità a spostare le elezioni entro la fine dell’anno, poiché le manifestazioni antigovernative continuano.
Intanto la proposta della presidente Dina Boluarte di anticipare le elezioni al dicembre 2023 per far finire le proteste di piazza è stata respinta dal Congresso del Perù durante le prime ore dello scorso 28 gennaio con 45 voti a favore, 65 contrari e due astensioni. I legislatori avevano invece concordato il mese scorso di anticipare le elezioni dal 2026 all’aprile 2024. Le discussioni su possibili nuove elezioni continueranno comunque nel dibattito politico del paese