a cura di Nicola Comparato –
Oggi abbiamo il piacere di intervistare il professor Tudor Petcu, docente di Filosofia delle Religioni presso l’Università di Bucarest e membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Dimitrie Cantemir, il professor Petcu è noto per il suo impegno accademico come scrittore e ricercatore. Recentemente è stato nominato docente di Teologia e Storia del Cristianesimo d’Oriente dal rettore dell’Università San Giovanni Crisostomo, monsignor Filippo Ortenzi, arcivescovo metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana. È inoltre dottore di ricerca in Filosofia politica, collabora con il Dipartimento di Scienze della Storia dell’Università degli studi di Milano e insegna presso il Liceo internazionale King George di Bucarest. Con la sua esperienza ci aiuterà a comprendere meglio il contesto e i risultati del recente Summit dei BRICS di Kazan.
Professor Petcu, il recente Summit dei BRICS di Kazan ha toccato molti temi di grande rilevanza geopolitica ed economica. Potrebbe riassumerci il contesto e i principali obiettivi dell’incontro?
“Il contesto di questo vertice è stato segnato principalmente dalla volontà di Russia e Cina di controbilanciare l’occidente. Non mi riferisco necessariamente a una strategia militare, quanto piuttosto alla volontà di creare un’alternativa alla NATO, soprattutto in termini di sviluppo delle infrastrutture in paesi che difficilmente potranno aderire alla NATO. I BRICS rappresentano anche un’alternativa allo spazio Schengen, per consentire a Stati svantaggiati di uscire dalla loro zona di oscurità economica, come nel caso del Brasile.
Non intendo fare un’apologia della politica dei BRICS, ma è innegabile l’impatto dell’economia e della tecnologia cinese, che favorirà la crescita economica tramite investimenti in paesi che si trovano in difficoltà e si uniranno ai BRICS. Il messaggio di Kazan è stato chiaro: se l’occidente non ha trovato quell’uniformità interna di cui avrebbe bisogno, Russia e Cina l’hanno già trovata da tempo, creando questa piattaforma internazionale basata anche sulla tecnologia nucleare”.
– Si è parlato di una partecipazione significativa da parte di molte nazioni. Qual è stata l’importanza di questo aspetto?
“Questa partecipazione esprime il grido di disperazione di molti Stati che non riescono più a trovare una propria strada, lasciati in una situazione di stallo dalla storia, e che cercano semplicemente una possibilità di normalità. Per molti, Russia e Cina rappresentano una speranza. Al di là delle evidenti critiche, Russia e Cina insistono su un concetto allettante, in un certo senso utopico, che ha caratterizzato l’ideologia comunista: l’uguaglianza. La domanda però è la seguente: se la concorrenza scompare, chi vincerà in una simile equazione?”.
– A proposito delle riforme delle istituzioni internazionali, cosa hanno chiesto i BRICS in particolare?
“Le richieste non erano necessariamente particolari, ma sono rimasto sorpreso nel sentire discussioni sulla gestione del riscaldamento globale e su soluzioni per proteggere l’ambiente. Questi erano temi prevalentemente dibattuti dall’occidente, ma ora, in parallelo, paesi come Iran, India e Brasile sono direttamente impegnati in un progetto a lungo termine. Resta da vedere quale applicabilità concreta avranno le proposte avanzate in quest’area in espansione”.
– Quali sono le posizioni dei BRICS sui conflitti attuali?
“La posizione adottata dai BRICS rispetto ai conflitti attuali è chiara: il Medio Oriente viene percepito come una vittima, mentre Israele, l’occidente e gli Stati Uniti sono i principali responsabili. Russia e Cina, insieme ai loro alleati, intendono eliminare queste ingiustizie che perdurano da secoli. Tuttavia è importante notare che nessuno è davvero innocente; e se la colpa di tutto è attribuita all’occidente, come si spiega che i BRICS siano guidati da due Stati che provocano costantemente conflitti militari?”.
– È stato sottolineato anche il ruolo delle nuove iniziative economiche come la New Development Bank e la piattaforma BRICS Clear. Ci spiegherebbe l’importanza di questi strumenti?
“La Nuova Banca di Sviluppo appare come un progetto volto a creare un’economia comune tra paesi svantaggiati, che potrebbe contribuire alla nascita di una sorta di nuovo comunismo, in cui nessuno possiede alcuna proprietà e tutto viene condiviso. Amos Oz e Mario Vargas Llosa avevano ragione nel predire un possibile pericolo di criptocomunismo: il rischio è che l’identità personale venga inconsciamente sacrificata in nome della “generosità” dei nuovi leader”.
– Qual è il messaggio che il Summit di Kazan lancia all’Europa e al mondo occidentale?
“A mio avviso, il messaggio è semplice: l’alleanza russo-cinese si sta rafforzando, e in futuro è probabile che alcuni paesi membri della NATO potrebbero voler aderire ai BRICS, come sembra essere il caso della Turchia”.