Piazza per l’Europa? Siete fuori tempo massimo: questa è una piazza per la guerra!

di Eugenio Lanza

Su iniziativa di Michele Serra, editorialista del quotidiano La Repubblica (di proprietà Elkann), questo sabato a Roma si è tenuta la tanto attesa manifestazione “Una piazza per l’Europa”. Obiettivo dichiarato? Risvegliare una coscienza europea comune, segnatamente nell’ambito di un impianto di difesa unica. Che tempismo! Che coraggio! Che faccia tosta!
Il disimpegno promesso da Donald Trump circa il contributo degli Stati Uniti alla Nato, e il possibile imminente avvento di una benedetta tregua in Ucraina, hanno mandato nel panico gli spiriti e le penne degli alfieri della comunità europea, negli ultimi tre anni misteriosamente assopiti. E la stessa agitazione pervade le varie cancellerie europee. Sembra essere proprio questa ipotesi a terrorizzare le nuove leve degli europeisti: che i cannoni finalmente tacciano, ma non per volontà di Bruxelles. Così come essi avevano cominciato a emettere suoni mortiferi malgrado gli strali lanciati dai vari governanti europei verso Vladimir Putin, intonando questa macabra e assassina melodia, impietosa da una parte e dall’altra, senza che nessun leader del vecchio continente alzasse concretamente un dito per provare ad interromperla. Tanto, ci pensava lo zio Sam. Bastava obbedire alla sua economia di guerra, a spese degli ultimi naturalmente, e l’Europa avrebbe potuto continuare a far finta di esistere come entità reale, e addirittura come il più fulgido esempio di democrazia al mondo. Quella stessa Europa che è stata quasi completamente afona sul genocidio dei palestinesi da parte di Israele, e che ha applaudito il golpe giudiziario avvenuto in Romania (stato membro UE) ai danni di Georgescu. Quel baluardo di democrazia lì, esatto.
E adesso? E adesso il re è nudo per davvero. I confini dell’Europa orientale saranno ridisegnati dagli attuali padroni del mondo, alla faccia dei vecchi protagonisti. I quali proprio non si rassegnano all’idea della pace, che hanno boicottato per mesi con ogni mezzo, a partire dal nefasto intervento di Boris Johnson nell’aprile 2022 per far fallire le trattative di Istanbul. Ma perché i grandi dell’Europa sono rimasti così morbosamente affezionati al mitra e all’elmetto? Per proteggere gli interessi delle lobby delle armi? Non soltanto. Limitarci a misurare il pesantissimo ruolo di queste corporazioni sulle politiche dei Paesi occidentali significherebbe analizzare la realtà solo in parte, e in chiave esclusivamente economicista. Proviamo a dare una lettura geopolitica a quello che stanno realizzando gli apparati dei nostri vicini di casa, limitandoci magari ai tre più importanti.
Inghilterra, Francia, Germania: le nazioni perdenti dello scorso secolo, uscite estremamente ridimensionate rispetto alle loro realtà imperiali, intravedono nello spettro della pace la chiusura definitiva di ogni ambizione egemonica sul globo. L’Inghilterra, nazione guida di uno Stato britannico già frammentato internamente, legge nell’opposizione storica e ontologica al nemico russo l’ultima velleitaria chance per invertire il corso della storia, che da Churchill in poi ha visto il Regno di Londra trasformarsi da gigante coloniale a piccola isoletta. La Francia di Macron, dilaniata a sua volta da aspri conflitti politici interni, non si rassegna ad un’Africa e un Medioriente sempre più in mani russe, turche e cinesi; e sogna di poter diventare la guida di un’Europa militarmente unita, la stessa che abortì nel 1954. Evidentemente, da un lato e dall’altro della Manica, l’umiliazione subita nel 1956 a Suez non è stata sufficiente. La Germania, infine, potenza esclusivamente economica già dal 1945, teme forse che la Polonia possa superarla nella lista dei più fedeli vassalli di Washington, e tenta di ergersi quantomeno a centro burocratico di una nuova Europa, non più soltanto orpello politico della BCE ma anche soggetto geopolitico.
Insomma, per tre anni di guerra sono stati zitti e hanno ubbidito agli americani, e oggi che questi hanno cambiato atteggiamento, si risvegliano nazionalisti e addirittura europeisti. E noi italiani? Servi anche in questa ipotetica follia, va da sé, e disposti a convertire il denaro destinato al welfare in risorsa per costruire strumenti di morte. Col rischio che prima o poi gli uomini e le donne delle nostre forze armate siano costretti a partire per una nuova campagna di Russia.
Ma allora chi mai potrebbe promuovere un piano del genere nel nostro Paese? Personaggi politici come Calenda, solo per citarne uno, che hanno superato l’età della chiamata alle armi da molto tempo, e che indossano la bandiera azzurra con le stelle dorate per meri fini politici. E chi partecipa a questi girotondi per la guerra? In larga parte persone per bene, ne sono sicuro, magari anche convinte di essere pacifiste e di sinistra, ma troppo ingenue per comprendere la natura reale di queste farse.
Non so voi, ma io mi sento già fin troppo sicuro con tutte le testate nucleari sparse per la penisola. Le ritengo una deterrenza più che sufficiente. Mi farebbe piacere l’Europa fosse più unita su altre questioni, come ad esempio l’imposizione di un’aliquota unica in tutto il continente sugli enormi profitti delle corporazioni tecnologiche, col fine di poter riversare quelle risorse sulla sanità e garantire a tutti gli europei delle cure dignitose. Questa sarebbe la mia Europa, ma mi rendo conto sia chiedere troppo. Per il momento, mi basterebbe poter continuare a impugnare una penna e non essere obbligato ad imbracciare un fucile.