Prezzo del petrolio sempre più giù. Sfondati i 30 dollari al barile

di Viviana D’Onofrio – 

Il prezzo del petrolio è sceso nuovamente, con il Brent che ha raggiunto la quota 30,43 dollari al barile, toccando i minimi dal 2004.
Dall’altra parte dell’Atlantico, il WTI (West Texas Intermediate), il benchmark di riferimento del petrolio degli Stati Uniti, è sceso del 4,7 per cento, andando a toccare i 29,93 dollari al barile: si tratta della prima volta, nell’arco di dodici anni, in cui è sceso al di sotto dei 30 dollari al barile.
Le turbolenze sui mercati cinesi, l’apprezzamento del dollaro e l’offerta globale di petrolio, che continua a restare molto elevata, sono tra i fattori alla base della discesa del prezzo del greggio. Preoccupazioni vengono dalla crescita dell’economia cinese, il cui rallentamento potrebbe avere effetti negativi sulla domanda di petrolio, mentre ad aggravare ulteriormente la già precaria situazione sono intervenute le recenti tensioni tra Iran ed Arabia Saudita.
Come riportato dal Financial Times, nei giorni scorsi Suhail Mohamed al-Mazrouei, il ministro del petrolio degli Emirati Arabi Uniti, ha affermato che i primi sei mesi del 2016 saranno molto duri, ma che ci sarà successivamente una graduale ripresa del mercato petrolifero globale. Il ministro ha inoltre sostenuto che la strategia dell’Opec di non procedere ad un taglio della produzione, finalizzata a spingere i produttori di shale oil statunitense fuori dal mercato petrolifero globale, alla fine avrà successo.
Il crollo del prezzo del greggio avrà effetti negativi anche sulla produzione Usa. Nel suo ultimo rapporto mensile, la Us Energy Information Administration ha infatti affermato che a causa dei bassi prezzi del petrolio la produzione statunitense cadrà del 7 per cento nel 2016. Si tratterebbe, in questo caso, del primo calo annuale dal 2008. Nonostante ciò la produzione Usa resterà comunque a livelli più elevati rispetto a cinque anni fa.
Tra i fattori che stanno contribuendo al crollo del prezzo mondiale del greggio va considerato anche l’incremento della produzione di petrolio iracheno che, secondo quanto riportato da Reuters, è aumentata dell’8 per cento; inoltre, le esportazioni complessive potrebbero raggiungere un record di 3,6 milioni di barili al giorno nel mese di febbraio. Al momento, l’Iraq è il secondo maggior produttore del cartello dell’OPEC.
Intanto le banche d’investimento stanno rivedendo le proprie previsioni, già pessimistiche, al ribasso.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, Barclays ha rivisto le proprie stime, prevedendo un prezzo medio per il Brent ed il WTI nel 2016 pari a 37 dollari al barile, mentre Morgan Stanley ha addirittura ipotizzato una discesa del prezzo del petrolio fino ai 20 dollari al barile.
Secondo quanto riferito da Bloomberg, l‘OPEC farà presto degli sforzi per riunirsi prima della prossima riunione in programma per il mese di giugno, dal momento che il crollo dei prezzi del petrolio sta fortemente danneggiando i produttori appartenenti al cartello, in primis l’Arabia Saudita.
Lo avrebbe riferito Emmanuel Kachikwu, il ministro per le risorse petrolifere della Nigeria, il quale ha affermato che i membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio sono già impegnati in discussioni informali con alcuni produttori non facenti parte dell‘OPEC, tra i quali la Russia, per accordarsi su un taglio della produzione in modo tale da favorire la risalita dei prezzi.
Tuttavia, secondo quanto sostenuto da tre delegati che hanno chiesto di non essere identificati, non vi sarebbe ancora stata alcuna richiesta formale di una riunione da parte del cartello; inoltre, il ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti ha detto che l’OPEC non può cambiare la propria politica a causa dei prezzi bassi.
“Dopo il mancato raggiungimento del consenso nella sessione di dicembre, i ministri dell’OPEC sapevano che i prezzi del petrolio sarebbero caduti“, ha detto Kachikwu, aggiungendo che i produttori di shale oil stanno mostrando resistenza ai prezzi bassi ed ipotizzando che questi ultimi siano destinati a scendere ancora prima di iniziare la risalita, chiudendo il 2016 intorno ai 40-50 dollari al barile.
Il crollo dei prezzi del petrolio sta duramente colpendo i colossi del settore petrolifero, che stanno registrando notevoli perdite ormai da tempo. BP ha annunciato che taglierà 4mila posti di lavoro.
L’industria petrolifera ha tagliato più di 250mila posti di lavoro negli ultimi 18 mesi; le aziende sono, infatti, state costrette a ridurre la spesa per l’esplorazione petrolifera ed a rinviare i nuovi progetti.