Quando a morire sono (alcuni) bambini…

di C. Alessandro Mauceri

La guerra è sempre sbagliata. Tutte le guerre. I numerosi trattati di diritto internazionale umanitario finora sono serviti a ben poco. Tutte le guerre sono state caratterizzate da “effetti collaterali” mai giustificabili: i morti tra i civili e i danni al territorio. Come i bambini uccisi dal missile che ha colpito l’ospedale oncologico di Kiev. Da un paio di giorni i media non fanno che riportare in prima pagina delle decine di bambini innocenti morti a causa dei bombardamenti. Ma i bambini innocenti morti a causa delle bombe non sono solo quelli ucraini. Nella Striscia di Gaza i bambini innocenti morti sono molti di più. Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute di Gaza, citati anche nel rapporto dell’UNRWA, i civili uccisi nella Striscia di Gaza da ottobre 2023 sono oltre 37mila. E di questi molte decine di migliaia sono bambini. Cifre che alcune autorità israeliane hanno contestato ma che sono state ritenute attendibili dagli stessi servizi segreti israeliani.
Tuttavia il numero dei morti tra i civili nella Striscia di Gaza potrebbe essere molto maggiore. Ad affermarlo uno studio pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet. Gli autori dello studio, Rasha Khatib (Birzeit University), Martin McKee (London School of Hygiene and Tropical Medicine) e Salim Yusuf (McMaster University), affermano che “Il numero di corpi ancora sepolti tra le macerie è probabilmente considerevole, con stime superiori a 10mila”. Anche l’organizzazione non governativa Airwars ha dichiarato che i dati ufficiali potrebbero essere sottostimati: è emerso che nella Striscia di Gaza spesso i nomi delle vittime identificabili non erano inclusi nell’elenco presentato dalle autorità palestinesi. A questi numeri si dovrebbero aggiungere anche i dati relativi ai cadaveri non identificabili.
Ma non basta. Ai morti a causa dei bombardamenti si devono aggiungere altre vittime innocenti. Anche se il conflitto finisse immediatamente, migliaia di persone continuerebbero a morire a causa dell’impossibilità di curare diverse malattie (alcune delle quali generate dalla guerra). L’offensiva militare israeliana ha messo fuori uso gran parte degli ospedali nei quali c’erano migliaia di bambini. A questo si aggiunge che, secondo lo studio pubblicato su The Lancet, il 96 per cento della popolazione vessa in uno stato di insicurezza alimentare preoccupante: “Si prevede che il bilancio totale delle vittime sarà elevato data l’intensità di questo conflitto”. “Nei conflitti recenti, le morti indirette variano da tre a 15 volte il numero delle morti dirette”, affermano i ricercatori. “Applicando una stima conservativa di quattro decessi indiretti per un decesso diretto ai 37.396 decessi segnalati al 19 giugno 2024, è plausibile stimare che fino a 186mila o anche più decessi potrebbero essere attribuibili all’attuale conflitto a Gaza”. Circa l’8 per cento della popolazione palestinese dei territori.
Se fosse possibile cessare oggi gli attacchi israeliani, i danni causati dai bombardamenti sarebbero comunque incalcolabili e di certo impedirebbero alla popolazione di tornare nelle proprie case. Nello studio “Scorched-earth: making Gaza uninhabitable for generations to come”, pubblicato da Greenpeace International, Farah Al Hattab sottolinea che “la guerra in corso a Gaza non ha solo un altissimo costo umano, ma sta anche causando danni ambientali gravissimi nelle zone interessate dal conflitto, con conseguenze devastanti per l’aria, l’acqua e il suolo, e per tutte le persone che vivono in questi luoghi”. Secondo Greenpeace, “nei primi 120 giorni di guerra, la stima delle emissioni di carbonio rilasciate a causa del conflitto è pari a circa 536.410 tonnellate di anidride carbonica, il 90% delle quali attribuite al bombardamento aereo e all’invasione terrestre di Gaza da parte di Israele. L’aria è contaminata da sostanze chimiche provenienti da armi come il fosforo bianco, mentre le risorse idriche sono state gravemente compromesse, con circa 60 mila metri cubi di liquami e acque reflue non trattate che confluiscono quotidianamente nel Mar Mediterraneo”. Ma non basta. “Il degrado del suolo ha devastato l’agricoltura nel territorio di Gaza: la distruzione delle fattorie e dei terreni agricoli (pari al 57% nel maggio 2024), unita a 17 anni di blocco e alla distruzione del 70% dei pescherecci, sta creando una gravissima insicurezza alimentare nella Striscia”. A questo si aggiunge che molti sistemi e infrastrutture come gli impianti fognari o quelli per il trattamento dei rifiuti solidi “sono collassati, con un costante rischio di epidemie”. Scorched-earth: making Gaza uninhabitable for generations to come – Greenpeace International
Tornano in mente le parole pronunciate dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, che ha accusato termini Israele di utilizzare “la fame come arma di guerra”. Intervenendo a Bruxelles nel corso del Forum Umanitario Europeo 2024, Borrell ha affermato che non è più possibile “restare a guardare la Palestina morire di fame”, che la carestia a Gaza non è dovuta a un disastro naturale, ma “interamente creata dall’uomo”. parlando della carenza di cibo per la popolazione in fuga, Borrell ha usato parole pesanti: “Questa carestia non è un disastro naturale. Non è un’alluvione, non è un terremoto. È interamente creato dall’uomo. Da chi? Osiamo dirlo. Da chi? Da coloro che impediscono agli aiuti umanitari di entrare a Gaza, dalla mancanza di accesso, dall’acuta insicurezza all’interno di Gaza. L’insicurezza di per sé impedisce la distribuzione del sostegno e dell’aiuto. Ma il problema è che centinaia di camion aspettano al confine e chi controlla la frontiera impedisce loro di entrare. Vengo da Washington e oserei dire che sì, Israele sta provocando la carestia”.
A proposito di aiuti umanitari, dopo il taglio dei fondi a UNRWA e l’impossibilità di linee via terra per far arrivare gli aiuti (l’ingresso da centinaia di camion carichi di aiuti in attesa alla frontiera bloccata dallo Stato ebraico ed “è solo una questione di volontà politica – ha detto Borrell – e non una questione logistica”), l’unico canale di accesso rimasto era il molo provvisorio costruito pochi mesi fa dagli USA per portare aiuti umanitari via mare a Gaza. Ma dal 28 giugno anche questo è stato smantellato. Ufficialmente a causa del maltempo e con la promessa di ricollegarlo alla costa di Gaza dopo pochi giorni. Ma non è mai avvenuto e gli aiuti umanitari che dovevano servire alla popolazione in fuga giacciono a Cipro e in un bacino galleggiante al largo della Striscia. Senza questi aiuti, senza cibo, senza acqua, senza medicine, migliaia di persone nella Striscia di Gaza moriranno non per le bombe, ma per la fame: nei giorni scorsi un gruppo di esperti indipendenti delle Nazioni Unite hanno accusato Israele di condurre una “campagna mirata alla fame” che provoca la morte di migliaia di bambini a Gaza. “Dichiariamo che la campagna di fame intenzionale e mirata di Israele contro il popolo palestinese è una forma di violenza genocida e ha provocato la carestia in tutta Gaza”, hanno affermato in un comunicato i 10 esperti, che hanno citato il nome di alcuni bambini recentemente morti “a causa di malnutrizione e mancanza di accesso a cure sanitarie adeguate”.
Di tutto questo molti giornali occidentali hanno parlato poco. Non c’è da sorprendersi: secondo uno studio condotto da The Intercept sono 102 i giornalisti uccisi dal 7 ottobre 2023 ad oggi, in nove mesi di guerra. Ma secondo il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (SPJ) sono molti di più: 140 giornalisti e lavoratori dei media uccisi dall’inizio della guerra e altri 176 feriti. Numeri che rendono questo conflitto il più mortale per i giornalisti. Peggiore addirittura della Seconda Guerra Mondiale (che però durò diversi anni).
Reporter senza frontiere (RSF) ha presentato non una ma tre denunce alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra contro i giornalisti. Denunce che includono oltre 20 giornalisti palestinesi uccisi dall’esercito israeliano. “RSF ha ragionevoli motivi per credere che alcuni di questi giornalisti siano stati deliberatamente uccisi e che altri siano stati vittime di attacchi deliberati da parte delle forze di difesa israeliane contro i civili”, ha dichiarato l’organizzazione. “Non ce ne andremo… e se ce ne andremo, andremo in cielo, e solo in cielo” sono le parole usate da uno di questi giornalisti, Roshdi al-Sarraj, poco prima di essere ucciso. Non da un missile russo, ma dai bombardamenti israeliani.