RD Congo. Geopolitica dei minerali e guerra invisibile: gli Stati Uniti alla conquista del sottosuolo africano

di Giuseppe Gagliano

L’annuncio del consigliere per l’Africa di Donald Trump, Massad Boulos, conferma un trend ormai chiaro: le potenze globali non cercano più solo alleati, ma giacimenti. E la Repubblica Democratica del Congo, con le sue immense risorse in cobalto, rame, oro e stagno, è al centro della nuova guerra economica mondiale. Washington avvia trattative per un accordo miliardario sui minerali strategici, promettendo sicurezza, trasparenza e sviluppo locale. Ma dietro le parole, si muove molto di più.
La posta in gioco è duplice: da un lato, mettere mano a risorse indispensabili per la transizione energetica, batterie, auto elettriche, tecnologie verdi. Dall’altro, scalzare la Cina, oggi dominatrice nel settore dell’estrazione e raffinazione di metalli rari in Africa. Non si tratta solo di business, ma di posizionamento globale, in un continente che è tornato centrale per i destini del pianeta.
La mossa americana arriva mentre l’Est del Congo brucia. Il gruppo ribelle M23, che Kinshasa accusa di essere manovrato dal Ruanda, continua la sua avanzata, conquistando città chiave come Goma e Bukavu. I colloqui di Doha potrebbero essere un primo spiraglio diplomatico, ma la realtà è che la RDC è diventata il teatro di una guerra a più livelli: milizie, risorse, Stati regionali coinvolti (Ruanda, Uganda, Burundi) e ora anche potenze esterne. Il messaggio di Tshisekedi è chiaro: volete i nostri minerali? Aiutateci a spegnere l’incendio.
Il legame tra sicurezza e investimenti emerge con forza. Il governo congolese chiede agli USA non solo capitali, ma pressione politica, diplomatica e, se serve, sanzionatoria. Il cobalto può finanziare scuole e ospedali, ma può anche alimentare la guerra, come dimostra il ruolo strategico della città di Walikale e della miniera di Bisie. Gli Stati Uniti vogliono garanzie? Anche Kinshasa le pretende.
Nel frattempo, la missione militare della Comunità di Sviluppo dell’Africa meridionale si ritira silenziosamente, dopo aver pagato un alto prezzo in vite umane. Un’uscita concordata con l’M23, che dimostra la capacità dei ribelli di dettare condizioni, anche alle forze regionali. Una ritirata che evidenzia il fallimento del multilateralismo africano davanti a un conflitto sempre più frammentato e sofisticato.
La Rd Congo resta vittima del paradosso africano: ricchezza inestimabile, instabilità cronica. E le grandi potenze si muovono come sempre: non per risolvere, ma per posizionarsi. L’accordo sui minerali sarà anche trasparente, come promette Boulos. Ma senza pace, sarà solo un altro capitolo dell’estrattivismo che logora l’Africa da secoli.