RD Congo. L’appello, ‘l’Ue fermi il cobalto insanguinato’

Agenzia Dire

Tablet, smartphone, auto e bici elettriche: sono in pochi oggi a non utilizzare una o più di queste cose nella vita quotidiana. Nonostante le nostre attività siano sempre più legate a questi strumenti, però, in pochi sanno che a garantirne il funzionamento è anche il cobalto, e che il 50-70% di questo metallo viene estratto nel sud-est della Repubblica Democratica del Congo, dove multinazionali dell’high-tech e legislazioni europee chiudono un occhio davanti allo sfruttamento della popolazione locale, tra cui migliaia di minori. A lanciare l’allarme è Still I Rise, una ong già attiva nella regione congolese con una scuola di emergenza e riabilitazione per minori sfruttati nelle miniere di coltan e cobalto, ha lanciato ‘Basta bambini minatori’, una campagna di raccolta firme su Change.org, con un appello diretto al ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e al ministro dell’Ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
L’obiettivo: rendere obbligatori i controlli sulla filiera del cobalto, in Italia come nell’Unione Europea, attraverso una nuova direttiva Ue, e di avvalersi di un’entità terza indipendente ed esterna che verifichi la compliance dell’azienda, affinché i diritti umani siano rispettati in ogni fase del processo produttivo e la transizione ecologica – che vede nel cobalto un materiale cruciale – avvenga senza abusi.
Giulia Cicoli, direttrice Advocacy di Still I Rise, riferisce all’agenzia Dire che “Kolwezi, il capoluogo della provincia dove si concentrano le miniere, è veramente la capitale mondiale del cobalto: basta osservare gli abitanti, la maggior parte dei quali scava tutto il giorno sia nelle miniere ufficiali che in quelle ‘artigianali’, persino sotto il pavimento di casa”. Perché in questa zona il cobalto è ovunque e “persino bambini di cinque o sei anni spaccano o lavano le pietre senza protezioni dalla polvere, che è leggermente radioattiva, e di cui sono perlopiù ricoperti”.
Sul fenomeno non esistono stime ufficiali, ma un report delle Nazioni Unite di qualche anno fa riferiva di 40mila minori impiegati nei siti estrattivi. “La cifra reale è chiaramente più alta”, continua Cicoli, “e fa impressione pensare che per rispondere alla nostra domanda di cobalto migliaia di minori, per circa un dollaro al giorno, rischiano la vita a causa di tunnel costruiti alla buona, oppure vadano incontro a infortuni, infezioni cutanee, tubercolosi, febbre tifoidea, sottosviluppo fisico, oppure debbano prostituirsi o subire violenze sessuali causa di gravidanze indesiderate o malattie sessualmente trasmissibili”.
Il cobalto è essenziale nell’industria dell’elettronica per la fabbricazione delle batterie agli ioni di litio ed è stato quindi definito “materiale critico” dall’Ue per la transizione energetica. Si stima dunque che la sua domanda crescerà di cinque volte entro il 2030, per arrivare a 15 entro il 2050. Ma il quadro legislativo vigente in Italia e Ue permette di vendere in Europa prodotti elettronici a batterie contenenti cobalto presentando solo una lista di fornitori e non una certificazione indipendente dell’intera filiera. “Se entro i prossimi anni la richiesta di cobalto crescerà così tanto”, esorta Cicoli, “è fondamentale arrivarci con una legislazione adeguata”.