MSF: “Risposta inadeguata, molte persone ancora senza cure”
Anche nel 2025 resta allarmante il numero di sopravvissuti a violenza sessuale curati dalle équipe di Medici Senza Frontiere (MSF) nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC). MSF chiede a tutte le parti in conflitto di migliorare la sicurezza dei civili e l’accesso alle cure, oltre ad esortare la comunità internazionale a considerare l’assistenza ai sopravvissuti come una priorità, nonostante gli attuali tagli ai finanziamenti.
Il numero dei sopravvissuti curati da MSF è aumentato negli ultimi 3 anni, da quando sono ripresi i combattimenti tra l’esercito congolese, il gruppo armato M23/AFC (Alliance Fleuve Congo) e i rispettivi alleati. La crisi è particolarmente acuta nel Nord Kivu, dove le équipe di MSF hanno trattato un numero senza precedenti di vittime e sopravvissuti – quasi 40.000 – nel 2024.
Questa tendenza preoccupante è continuata nel 2025. Da gennaio le équipe di MSF hanno trattato un numero allarmante di sopravvissuti nelle strutture supportate nel Nord e nel Sud Kivu. “I combattimenti degli ultimi mesi in questa regione hanno cambiato il contesto ma non il problema della violenza sessuale che colpisce in modo sproporzionato le donne” afferma François Calas, capo progetto di MSF in Nord Kivu. La violenza sessuale rimane un’emergenza medica che richiede un’azione immediata.
I campi di Goma, che ospitano più di 650.000 sfollati, sono stati smantellati nel febbraio 2025 in seguito alla presa della città da parte dell’M23/AFC. Tuttavia, le équipe di MSF continuano a curare nuove vittime di violenza sessuale ogni giorno nelle strutture dentro e intorno alla città, per un totale di quasi 7.400 pazienti tra gennaio e aprile 2025. Venti chilometri a ovest di Goma, nella piccola città di Saké, più di 2.400 sopravvissuti sono stati curati nello stesso periodo.
Da quando i campi sono stati smantellati, molte donne sfollate non hanno potuto o non hanno voluto tornare a casa nei loro villaggi e sono spesso lasciate sole con i loro figli nei luoghi in cui si sono rifugiate. “Accogliamo molte donne che hanno subito abusi all’interno o nelle vicinanze delle case delle famiglie ospitanti o dei centri comunitari in cui si trovano” aggiunge Calas di MSF. “Molto spesso vengono costrette ad atti sessuali in cambio di un alloggio. Ovunque si trovino, non sembrano essere al sicuro da nessuna parte.”
Come accade da anni, la maggior parte delle aggressioni denunciate dalle vittime nel 2025 sono state compiute sotto minaccia o con un’arma da parte di individui non identificabili a causa dell’elevato numero di persone che in possesso di armi, sia civili che militari, della proliferazione di armi e della persistente insicurezza.
“A Goma, molte pazienti riferiscono di essere state violentate di notte quando il livello di insicurezza è molto alto. Accadono durante furti in casa, spesso accompagnati da rapimenti o addirittura dall’uccisione dei loro mariti” continua Calas di MSF. “Ma in alcuni quartieri questi attacchi vengono commessi anche durante il giorno”.
“Uomini armati sono entrati in casa nostra intorno alle 22.30” spiega Nasha*, una donna sfollata che ha costruito un rifugio nel cortile di una scuola. “Alcuni uomini sono stati uccisi e alcune donne, me compresa, sono state violentate. Tre uomini volevano violentarmi davanti a mio marito e ai miei otto figli. Mio marito ha opposto resistenza…lo hanno ucciso.”
Alla periferia di Goma e Saké, molte vittime raccontano di essere state aggredite in strada o nei campi.
“Mi hanno chiesto di scegliere tra cedere il mio corpo o essere uccisa” racconta Rika*, residente in un villaggio a una quarantina di chilometri a ovest di Goma. “Mi hanno violentata, uno dopo l’altro.”
Anche nel Sud Kivu la situazione è preoccupante. Nei territori di Kalehe e Uvira, le équipe di MSF hanno curato quasi 700 vittime e sopravvissuti a violenza sessuale dall’inizio del 2025. La maggior parte delle testimonianze raccolta descrivono atti commessi con la minaccia delle armi.
“Abbiamo sofferto nei campi in cui ci siamo rifugiati” racconta una donna di un villaggio sulle colline intorno a Kamanyola, nel Sud Kivu. “Uomini armati non ci hanno permesso di attraversare i villaggi. Alcune donne sono state addirittura violentate mentre cercavano di raggiungere le strutture sanitarie”.
“Le cifre sono sottostimate perché ci sono molti ostacoli all’accesso alle cure: paura di ritorsioni, stigmatizzazione, lontananza geografica e mancanza di strutture mediche adeguate” afferma Luders Leriche, responsabile delle attività mediche di MSF nel Sud Kivu. Il numero maggiore o minore di casi in alcune aree riflette la capacità di supporto medico disponibile piuttosto che la portata del problema.
Servizi essenziali a rischio
L’impatto della violenza sessuale – che colpisce soprattutto donne e bambini – è noto e documentato da tempo, ma preoccupa anche il numero degli uomini, anche se in misura inferiore. Al di là dell’impatto sanitario e psicologico, le conseguenze sociali sono devastanti: rifiuto familiare e sociale, stigma, divorzi, pensieri suicidi e immensa difficoltà per i sopravvissuti a continuare a vivere nei luoghi in cui sono stati aggrediti.
La situazione è ancora più preoccupante perché diverse strutture sanitarie nelle province del Nord e del Sud Kivu hanno già esaurito i medicinali e i kit necessari per curare le sopravvissute alla violenza sessuale. “Oltre all’interruzione della catena di approvvigionamento e della consegna di farmaci a causa del conflitto in corso, i tagli globali ai fondi umanitari stanno sollevando serie preoccupazioni per il futuro” conclude Calas di MSF. “Nonostante le sfide attuali, non dobbiamo abbandonare queste donne e questi bambini. La loro cura deve essere una priorità assoluta.”
L’intervento di MSF
Le équipe di MSF forniscono assistenza medica e psicologica ai sopravvissuti alla violenza sessuale a Goma, Rutshuru, Masisi e Walikale nel Nord Kivu, e a Kalehe e Uvira nel Sud Kivu. L’assistenza medica comprende supporto medico e psicologico, trattamento preventivo contro le infezioni trasmesse sessualmente, contraccezione d’emergenza, vaccini e cure per l’aborto sicuro. I casi più gravi vengono indirizzati agli ospedali specializzati.