Rifiuti italiani in Tunisia: 12 fermi tra cui il ministro dell’Ambiente e un ex console a Milano

di Mohamed Ben Abdallah –

Si allarga in Tunisia lo scandalo dei rifiuti che vede coinvolta un’azienda del posto ed una società italiana: il contratto prevederebbe l’esportazione verso il paese nordafricano di 120 tonnellate di rifiuti, anche ospedalieri, e a denunciare la cosa è stato lo scorso 2 novembre il programma televisivo “Le quattro verità”, in onda su El-Hiwar Ettounsi.
Al di là dell’infrazione delle normative tunisine ed internazionali, il sospetto è che dietro l’affare vi siano giri di mazzette, per cui sono in coso indagini da parte degli inquirenti. Tra l’altro un’inchiesta del ministero degli Affari locali e dell’Ambiente della Tunisia ha appurato che oltre ai 70 container con i rifiuti italiani, prontamente sigillati, ve ne sono altri 212 stoccati nel posto di Susa (Sousse).
La Tunisia ha sottoscritto gli accordi di Basilea del 1989, ovvero la “Convenzione sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento”, nonché la “Convenzione di Bamako sul divieto di importazione in Africa e nel controllo dei movimenti transfrontalieri e la gestione dei rifiuti pericolosi in Africa”, ma nonostante questo e nonostante i buoni propositi delle istituzioni europee, centinaia di tonnellate di rifiuti ogni anno attraversano il Mediterraneo per approdare nel Nordafrica.
Il fenomeno di esportare rifiuti illegali dall’Europa in Africa e in Asia è tuttavia pratica diffusa, tanto che il Basel Action Network ha riferito lo scorso anno di volumi di rifiuti pari a 350mila tonnellate annue, ed il Sole 24 Ore ha riportato di traffici illeciti di rifiuti italiani in Africa per un mercato criminale da 20 miliardi di euro, che va dalle gomme gettate in discariche a cielo aperto ai moduli fotovoltaici esausti rivenduti come nuovi a vari governi tra cui Mali, Senegal, Burkina Faso e Mauritania.
Tornando al caso di oggi, il tribunale di primo grado di Tunisi ha disposto il fermo del ministro dell’Ambiente Mustafa al-Aroui, esautorato da pochi giorni dal premier Hichem Mechichi, dell’ex ministro Shukri Belhassen, di diversi fra dirigenti e funzionari del ministero e dell’Agenzia per la gestione dei rifiuti, di alcuni imprenditori tra cui uno proprietario di un’agenzia investigativa privata, e di un ex console della Tunisia a Milano.
Era stato tuttavia lo stesso ministero degli Affari locali e dell’ambiente tunisino ad annunciare lo scorso 4 novembre l’avvio di un indagine su un contratto concluso da una società tunisina per l’importazione di rifiuti dall’Italia, senza tuttavia divulgare il nome delle azienda coinvolte.
Lo scandalo è destinato ad allargarsi e ad avere ripercussioni in Italia, dove già sono in corso indagini.

Aggiornamento del 29 dicembre 2020:

Antonio Cancro, amministratore unico della società Sviluppo Risorse Ambientali srl, ci scrive per precisare che:

“Lo scrivente Antonio Cancro in qualità di Legale Rappresentante ed Amministratore Unico della società Sviluppo Risorse Ambientali srl (in breve anche SRA) con sede in Polla (SA) Zona Ind.le G. Ritorto lotti 70-72-74-76, in merito alla questione in oggetto espone quanto segue:
La scrivente è una società autorizzata allo stoccaggio ed al trattamento di rifiuti, in virtù di Decreto Dirigenziale n. 118 del 17.5.2019 della Regione Campania, presso il proprio impianto ubicato in Polla (Sa).
La SRA è iscritta altresì all’albo dei gestori ambientali di Napoli con numero NA11956 del:
a. 12.12.2016 per la raccolta dei rifiuti;
b. 2.12.2016 per il trasporto dei rifiuti;
c. 16.10.2017 per l’intermediazione dei rifiuti;
La scrivente è stata autorizzata dalla Regione Campania, in virtù del Decreto Dirigenziale n. 76 del 14.2.2020 (prima quota 6,000 tonnellate) e del Decreto Dirigenziale n. 153 dell’8.7.2020 (seconda quota di 6,000 tonnellate) alla spedizione transazionale di rifiuti non pericolosi (codice C.E.R. 19.12.12 “Altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11”) dall’Italia alla Tunisia per un totale di 12,000 tonnellate, prodotti dal proprio impianto ubicato in Polla (SA).
I titoli autorizzativi di cui sopra e che si allegano per un pronto riscontro, per quel che qui interessa, prevedono che i rifiuti siano spediti dalla SRA alla Soreplast Suarl (con sede in Sousse Zone Industrielle Sidi Abdelhamid Division 5° 64 7AQ 4000 Sousse Medina Sousse) affinché la destinataria proceda all’Operazione di recupero intermedio R12 (scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11) con finalità a R3 (riciclaggio o recupero delle sostanze organiche che non sono utilizzate come solventi, comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche).
Tali titoli prevedono altresì che la quota parte del rifiuto non recuperato sarà inviato alla “Centre Anged Sousse” sito nella Città Ezzouhour – Route de Kairouan Sousse per l’operazione di smaltimento D1 o R1.
Si ribadisce solo per chiarezza che le autorizzazioni a noi rilasciate dalla Regione Campania, sono state rilasciate dopo che lo stesso stato Tunisino (che oggi si rimangia le autorizzazioni rilasciate a suo tempo) interpellato dalla Regione Campania ha autorizzato le spedizioni assentendo alle stesse.
In virtù dell’autorizzazione di cui al Decreto n. 76, la SRA ha spedito, in data 22.5.2020, 70 containers alla Soreplast che ha regolarmente sdoganato e operato i servizi di recupero/smaltimento di cui alle autorizzazioni. All’esito delle operazioni, la Soreplast e la Anged hanno altresì debitamente confermato la regolare esecuzione delle operazioni.
Successivamente alla prima spedizione la, SRA ha spedito, altri tre lotti per un complessivo di 212 container.
Questi tre lotti sono arrivati, come il primo, al porto di Sousse ma, a differenza del primo lotto, la dogana non ha sdoganato le merci per motivazioni ignote alla SRA. Dapprima, infatti, la SRA veniva informata dalla Soreplast che il ritardo nello sdoganamento era dovuto alla situazione di emergenza dovuta alla pandemia da COVID19 mentre, successivamente, alla SRA veniva riferito di non avere alcuna comunicazione ufficiale dalla Dogana con riferimento alle cause del blocco delle merci.
Solo dopo lunghi mesi, la scrivente veniva a conoscenza da parte della Regione Campania, che lo Stato tunisino (con una comunicazione mezzo GMAIL) per una mera presa di posizione puerile, oggi chiede alla Regione Campania il rientro dei rifiuti in Italia, in quanto a loro dire l’autorità che avrebbe dovuto rilasciare l’autorizzazione alla Regione Campania non l’A.N.G.E.D., si ribadisce che l’individuazione dell’autorità ricevente è stata confermata, su interpello della Regione Campania dal CONSOLATO DI TUNISIA A NAPOLI, il quale ha confermato mezzo P.E.C. che l’ANGED era l’ente preposto tunisino a rilasciare l’autorizzazione alla spedizione. (Solo per questo, le ragioni esposte nelle ultime note dalla Tunisia rasentano il comico, la quale addirittura metterebbe in dubbio l’assenzo alla spedizione, “dimenticando” che è stata la stessa Repubblica di Tunisia, per il tramite dei suoi organi ad aver autorizzato il tutto dietro richiesta della Regione Campania, cosa poi come esposto prima confermata dal Consolato di Tunisia a Napoli, anch’esso interpellato dalla Regione Campania).
Ad oggi la Tunisia non permette lo sdoganamento dei container (nonostante il primo lotto spedito sia andato a buon fine).
Lo scrivente ha già dato mandato legale a più avvocati i quali avranno l’obbligo di far valere le ragioni della società nelle competenti sedi di ogni grado e livello.
Lo scrivente nella sua qualità, ha redatto codesto comunicato stampa al fine di rendere tutti edotti su come stanno realmente i fatti, ad oggi si è proceduto a sporgere regolare querela per diffamazione verso quei soggetti che hanno additato la scrivente come un’azienda che opererebbe contro legge, cosa che non corrisponde al vero, infatti le spedizioni sono tutte autorizzate e questo non è in alcun dubbio in discussione, per mera sintesi non si ripetono i termini utilizzati da detti individui, che dovranno rispondere nelle aule di Tribunale dei loro reati.
Gli organi di stampa per adesso non sono stati oggetto di querela per diffamazione, in quanto gli stessi potrebbero essere stati vittima di “FAKE NEWS” (nonostante gli stessi prima di pubblicare una notizia, dovrebbero verificare la loro veridicità).