di Giuseppe Gagliano –
Al termine dell’incontro tra il premier russo Michustin e quello cinese Li Qiang sono stati sottoscritti una quindicina di intese, fatto che segna un nuovo capitolo della cooperazione strategica tra i due giganti euroasiatici. Tra questi accordi, spicca la roadmap russo-cinese per la cooperazione nella navigazione satellitare 2026-2030, che non è solo un’intesa tecnica, ma un tassello essenziale del nuovo equilibrio globale.
La collaborazione nello spazio, infatti, non è un gesto simbolico: rappresenta un salto qualitativo nella capacità di entrambi i Paesi di sfidare l’egemonia tecnologica americana. Da un lato, la Russia porta la sua lunga esperienza in campo aerospaziale e militare; dall’altro, la Cina mette in gioco la sua potenza industriale e la sua rete tecnologica in rapida espansione. Insieme, intendono costruire una costellazione di cooperazione che va ben oltre le orbite dei satelliti.
L’iniziativa si inserisce nel contesto della crescente competizione per il controllo dello spazio come dominio strategico. Gli Stati Uniti hanno consolidato la loro leadership con il sistema GPS, l’Unione Europea con Galileo, e la Cina ha già reso operativo il Beidou. La Russia, con il suo GLONASS, cerca da tempo di rafforzarne la precisione e la copertura, ma le sanzioni occidentali e la dipendenza da componenti critici hanno rallentato il processo. L’accordo con Pechino apre ora la strada a un’integrazione operativa tra Beidou e GLONASS, creando un sistema satellitare autonomo, potenzialmente in grado di sfidare la supremazia americana in ambito militare e civile.
Si tratta di una sinergia che ha implicazioni enormi: la navigazione satellitare è la base per la guida dei missili, la gestione delle flotte, la logistica globale e perfino la pianificazione economica di interi settori. In un mondo dove il controllo dell’informazione e del posizionamento è potere, l’asse Mosca-Pechino mira a creare una rete indipendente e protetta dalle interferenze occidentali.
L’accordo del 2026-2030 però è anche il segnale di una fiducia politica sempre più profonda. Russia e Cina hanno imparato che il loro legame strategico è l’unico baluardo contro l’isolamento imposto da Washington e dai suoi alleati. La cooperazione spaziale si affianca a quella energetica, militare e tecnologica, disegnando una complementarità che può durare decenni: le risorse russe, la manifattura cinese, la comune opposizione al modello occidentale.
L’intesa sullo spazio ha dunque un valore geoeconomico e simbolico. È la risposta orientale a un ordine mondiale che sta perdendo coerenza e che si frammenta in blocchi di potere tecnologico. L’orbita terrestre bassa, i sistemi di telecomunicazione e le infrastrutture digitali diventano oggi le nuove vie della seta del XXI secolo, dove non si trasportano merci ma dati, segnali e influenza politica.
Nel 2026, quando i capi di governo dei due Paesi torneranno a incontrarsi per il trentunesimo vertice, il panorama internazionale sarà probabilmente ancora più diviso. Gli Stati Uniti rafforzeranno la loro Space Force, l’Europa cercherà una via autonoma tra le due potenze, e l’India punterà a costruire un proprio polo orbitale. Ma la coppia Russia-Cina, con questa roadmap, avrà già fissato le coordinate del suo futuro: difendere la sovranità tecnologica come condizione della sovranità politica.
In fondo la partita per il controllo dello spazio non è più solo una gara scientifica: è una battaglia per la libertà di manovra, per la sicurezza militare e per la supremazia economica. E Mosca e Pechino, dopo aver conquistato l’alleanza sulla terra e nei mari, ora guardano insieme verso il cielo.












