di Giuseppe Gagliano e Enrico Oliari –
La coraggiosa (e probabilmente inutile) sortita delle forze ucraine in territorio russo, nell’oblast di Kursk, sembra proseguire nonostante le gravi perdite da entrambi i lati, con centinaia di morti e feriti e decine di prigionieri. Gli ucraini hanno preso il controllo di Sudzha (5.500 abitanti), e starebbero puntando ad arrivare con i mezzi corazzati tra cui carri armati Stryker e Bradley, ceduti dagli Stati Uniti, alla centrale atomica di Kurchatov, a una quarantina di km da Kursk, una delle tre principali centrali atomiche russe.
Gli ucraini al momento controllano uno snodo per il gas che rifornisce l’Europa, in particolare Ungheria e Austria, ma hanno garantito che lasceranno passare il gas russo perlomeno fino alla fine dell’anno. Hanno inoltre colpito una con droni la base aerea militare di Lipetsk, situata a circa 300 km dal confine.
Tuttavia già dal Mali sono arrivati a Sudzha i mercenari dell’Africa Corps, erede della Wagner, per dar man forte ai militari e costringere gli ucraini a ripiegare per non rimanere chiusi in una sacca. Il ministero della Difesa russo ha reso noto che del migliaio di ucraini penetrati nel territorio russo, in 660 sono rimasti morti o feriti, mentre sono stati distrutti 82 veicoli corazzati. Come da prassi non ci sono notizie sulle perdite russe, ma è arrivato il bilancio delle vittime civili dell’attacco: il vice ministro russo della Salute Alexei Kuznetsov ha riportato che sono state registrate 34 vittime, tra cui cinque bambini. Il governo centrale ha inviato ulteriori aiuti e risorse economiche per la popolazione in fuga dalle ostilità e per le amministrazioni colpite dal conflitto, e sono stati raddoppiati i vagoni del treno 743 da Kursk a Mosca al fine di garantire approvvigionamenti e la mobilità dei civili.
La capacità dell’Ucraina di concentrare forze significative e di sfruttare le debolezze nel dispiegamento russo suggerisce comunque un alto livello di coordinamento con le forze della NATO, specialmente in termini di intelligence. I droni e i satelliti alleati hanno probabilmente giocato un ruolo cruciale nel rilevare i “buchi” nella difesa russa, permettendo all’Ucraina di lanciare l’attacco in un momento e in un luogo strategicamente vantaggiosi.
La sorpresa con cui l’attacco ucraino ha colto le forze russe nella regione di Kursk solleva domande significative sulla preparazione e la resilienza del sistema difensivo russo. Kursk non solo è un centro industriale importante, ma è anche vicina a infrastrutture critiche come la centrale nucleare di Kurchatov. Il fatto che le difese russe siano state così facilmente penetrate mette in discussione l’efficacia delle recenti riorganizzazioni all’interno del ministero della Difesa russo.
Il ministro della Difesa Andrej Belousov si trova così in una posizione particolarmente scomoda. Nominato per razionalizzare le risorse dedicate alla difesa, Belousov deve ora affrontare critiche per aver permesso una tale vulnerabilità in una regione così strategica. Sebbene l’offensiva ucraina sembri essere stata arrestata o comunque più le singole unità si portano in avanti più si disperdono diventando vulnerabili, il danno politico e psicologico inflitto a Mosca non deve essere sottovalutato. L’incapacità russa di prevenire e respingere immediatamente un’invasione su questo livello potrebbe avere ripercussioni interne significative, soprattutto in un contesto dove il Cremlino è già sotto pressione per giustificare i costi umani ed economici della guerra.
Sul fronte internazionale spicca l’ennesima magra figura della guerrafondaia Ursula von dar Leyen, la quale ha sottolineato la legittimità dell’affondo ucraino in Russia, ma non si è chiesta quali armi hanno usato i militari ucraini per combattere. Un’operazione del genere richiede infatti, oltre al supporto dell’intelligence, armi sofisticate e combattenti ben equipaggiati, ma gli Usa a diversi paesi dell’Unione Europea hanno ceduto armi all’Ucraina con l’impegno di non utilizzarle in territorio russo al fine di non avviare un’escalation.
Anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha ribadito, pur ammettendo che quella di Kiev è stata “una reazione dell’Ucraina nei confronti dell’invasione russa”, che non c’è l’autorizzazione del governo a colpire con le armi italiane la Russia, come pure che “noi non siamo in guerra con la Russia”. Un volo pirandelliano, se si pensa a quando i russi mandavano materiale sanitario in Italia per l’emergenza Covid-19. E’ pacifico che la Russia riterrà in futuro responsabili i paesi che sono coinvolti nell’offensiva attraverso la cessione delle armi.
Da parte ucraina non vi sono stati molti commenti all’iniziativa, e in un primo momento il governo di Kiev aveva dato l’impressione di essere all’oscuro dell’attacco. Ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che lo scopo dell’operazione è quello di aver un maggiore peso nelle trattative per il cessate-il-fuoco, ma si tratta di un’arma a doppio taglio in quanto se l’operazione non avrà un significato militare importante, significherà semplicemente aver speso molta energia sottraendo uomini e mezzi alle difese in patria. La dichiarazione di Zelensky si scontra inoltre con il decreto da lui fatto secondo cui viene vietato a lui stesso in quanto presidente e a ogni altra carica ucraina di trattare con i russi, ovvero con Vladimir Putin.