Russia. Kursk: ucraini in fuga, nella sacca pure militari Nato

di Enrico Oliari

Quella ucraina nel Kursk è una disfatta annunciata. Una mossa azzardata di Volodymyr Zelensky e dei suoi alti comandi che si sta risolvendo nel boomerang di cui avevano parlato fin da subito analisti ed esperti, anche statunitensi.
L’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk aveva preso il via il 6 agosto dello scorso anno, e aveva gli obiettivi quello di alleggerire la pressione nel Donbass attraverso il richiamo dei militari russi, quello di prendere il controllo della locale centrale nucleare e quello di porre l’Ucraina in una situazione di peso nel quadro di eventuali trattative per la cessazione delle ostilità. Nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto, con i comandi di Kiev che hanno tenuto impegnate importanti élite altrimenti impiegabili in punti a rischio del fronte, sempre più destinato a cedere anche a causa dei numerosi ammutinamenti tra le fila.
Persa la città di Sudzha, 5.500 abitanti prima della guerra, gli ucraini sono ora costretti ad una ritirata per nulla strategica sotto i bombardamenti, a guadagnare i pochi chilometri di fuga sotto la pioggia incessante di sciami di droni, a correre alla disperata tra le carcasse dei carri armati occidentali, dopo che i russi li hanno chiusi alle spalle passando dal territorio ucraino di Sumy.
Ai comandi russi non pareva vera l’occasione di tenere sotto tiro e lontano dal Donbass forze ucraine per mesi, in quel lembo di territorio fatto soprattutto di fattorie isolate e di villaggi di poche centinaia di abitanti, con i rifornimenti tagliati la retorica trionfalista dell’occidente che si è sciolta come neve al sole davanti alla realtà e alle chiacchiere.
Lo stesso Zelensky ha confermato alla Bbc che c’è panico tra le fila ucraine in fuga, “il fronte sta crollando”. Il presidente russo Vladimir Putin aveva nei giorni scorsi lanciato l’ultimatum: arrendersi o morire.
I servizi di intelligence hanno parlato di 70mila uomini, di cui 12mila nordcoreani, impiegati nella controffensiva volta a liberare la porzione di regione russa del Kursk occupata, tutti contro i 12mila ucraini già in buona parte decimati: erano le migliori élite delle forze ucraine, un errore strategico che ricade tutto sulla testa di Volodymyr Zelensky.
Nella sacca di Kursk sono finiti pure una trentina di ufficiali della Nato “impegnati nel comando delle truppe di terra”, e sono stati ritrovati “dati di ricognizione Nato in arrivo dai satelliti”. Lo ha riferito alla Ria Novosti il coordinatore della resistenza filo-russa di Nikolaev Sergei Lebedev, giusto per confermare come la Nato già sia impegnata nel conflitto di un paese extra-Nato. Il Cremlino ci passerà sopra per non innescare l’allargamento della crisi, ma in altri tempi la presenza di militari Nato in Russia avrebbe comportato la catastrofe.