di Giuseppe Gagliano –
La Russia continua a dimostrare una capacità straordinaria di adattamento alle sanzioni internazionali, riorganizzando le sue rotte petrolifere per mantenere attivi i flussi di export verso l’estremo oriente, in particolare verso la Cina. Le recenti sanzioni dell’amministrazione Biden, tra le più aggressive mai applicate al commercio petrolifero russo, hanno colpito circa il 70% delle petroliere che trasportano il greggio ESPO dal porto di Kozmino. Tuttavia Mosca ha rapidamente risposto spostando le sue petroliere dalla zona occidentale del Paese alle rotte che collegano l’Estremo Oriente alla Cina, garantendo così la continuità del commercio.
Il greggio ESPO, particolarmente apprezzato dalle raffinerie cinesi, è diventato un punto nevralgico del mercato asiatico, soprattutto dopo l’introduzione delle nuove sanzioni statunitensi il 10 gennaio. Queste hanno avuto un effetto immediato, facendo triplicare le tariffe di trasporto sulla rotta Kozmino-Cina orientale. Tale aumento dei costi ha spinto Mosca a ritirare petroliere dalle rotte occidentali, come quelle che servivano i porti di Primorsk, Ust-Luga e Novorossiysk, per riassegnarle ai flussi diretti verso l’Asia.
Questo rimescolamento, pur garantendo il proseguimento delle esportazioni, sta generando conseguenze sul mercato globale. Le tariffe delle superpetroliere, così come quelle delle Aframax e delle Suezmax, sono più che raddoppiate in poche settimane. Secondo gli analisti, la flotta a disposizione per supportare le esportazioni russe sta diminuendo in modo significativo, sollevando preoccupazioni sulla capacità futura della Russia di mantenere i suoi attuali volumi di export. Questo scenario potrebbe estendersi ben oltre i confini russi, colpendo l’intero mercato globale del trasporto petrolifero, dato che le petroliere operano in un sistema interconnesso e limitato in termini numerici.
La cosiddetta “flotta ombra”, composta da petroliere gestite da società con sedi in paesi come Hong Kong ma con legami opachi con Mosca, rappresenta un altro elemento di complessità. Anche se la loro presenza consente di aggirare parzialmente le sanzioni, i costi di trasporto rimangono elevati, influenzando i prezzi finali del greggio russo. La Cina, principale destinataria di queste esportazioni, si trova così a beneficiare di forniture stabili ma a costi superiori, in un contesto in cui l’energia diventa sempre più uno strumento geopolitico.
Le ultime mosse russe confermano una strategia ormai consolidata: diversificare i mercati di riferimento, rafforzare i legami con l’Asia e aggirare le restrizioni imposte dall’Occidente. Tuttavia, il rischio di difficoltà logistiche e di pressioni economiche si fa sempre più evidente, tanto per la Russia quanto per l’intero sistema globale. Ancora una volta, l’energia si conferma il cuore pulsante delle dinamiche geopolitiche, dove ogni mossa influenza profondamente l’equilibrio internazionale.