Scoprendo l’Artico guardando al Mediterraneo. Ne parliamo con l’ambasciatore Novello

di Domenico Letizia –

L’Artico rappresenta un contesto geografico cruciale per il mondo intero e nell’immediato futuro sentiremo sempre più dibattere sulle problematiche e le prospettive di tale zona. Una regione di grande interesse per lo sfruttamento delle risorse marine e per le piattaforme sottomarine. I calcoli dicono che nella zona del Circolo Polare Artico sono presenti il 30% delle risorse di gas naturale mondiale e il 15% di petrolio. Un contesto geografico che è divenuto oggetto di interessi geopolitici ed economici. Canada, Danimarca, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Italia mantengono alta l’attenzione attraverso la sottoscrizione di vari accordi di natura diplomatica ed economica. Non dimentichiamo che per molti aspetti le problematiche dell’Artico possono essere comprese anche guardando al Mediteranno. Tentiamo di approfondire l’attuale dibattito sull’Artico con l’ambasciatore italiano nel Regno di Norvegia, Giorgio Novello.

– L’Artico è un mare circondato da terra, esattamente come il Mediterraneo. Il futuro dell’Articolo in rapporto al Mediteranno è stato argomento di una recente iniziativa dell’ambasciata italiana ad Oslo in collaborazione con l’Università Artica di Tromsoe. Può descriverci i lavori e le analisi di tale iniziativa?
Lei ricorda un dato di fatto importante. L’Artico è un oceano circondato da Asia, Europa ed America, con accessi relativamente stretti agli altri oceani. Ci possono essere davvero analogie con il Mediterraneo, ugualmente circondato da tre continenti (Asia, Europa e Africa) e separato abbastanza nettamente dall’oceano Atlantico. Certo, le condizioni climatiche, storiche e geopolitiche sono molto diverse. Ma al di là delle differenze, possiamo identificare alcuni tratti comuni. Penso agli effetti del cambiamento climatico, particolarmente forti in ecosistemi isolati e fragili; alle considerevoli risorse naturali offshore (gas e petrolio nel Mare Artico, o per esempio la recente grande scoperta di gas al largo dell’Egitto); alle risorse ittiche e alla necessità di disciplinarne lo sfruttamento; all’importanza della navigazione (il Mediterraneo è da sempre un crocevia, l’Artico lo sta lentamente diventando); alla presenza di insediamenti umani lungo le coste (i bordi del Mediterraneo sono ovviamente fittamente popolati, ma anche lungo le coste artiche vivono 4 milioni di persone); all’importanza del diritto internazionale ed in particolare del diritto del mare; alla compresenza tra gli Stati rivieraschi dell’uno e dell’altro mare di regimi politici diversi, appartenenti anche ad alleanze e blocchi politico e militari ben diversi; alla presenza di organizzazioni internazionali e fori di collaborazione regionali (il Consiglio Artico, il Consiglio Euro Artico di Barents nel primo caso; il processo di Barcellona o l’Unione Euromediterranea dall’altro); ma anche all’esistenza di network internazionali di università e centri di ricerca, al turismo, agli scambi tra persone… Di tutto questo si è parlato in un seminario specializzato organizzato dall’Ambasciata e dall’Università di Tromsø con il Professor Paul Friedrich Wassermann, docente presso quest’ultima. Il seminario, promosso dall’ambasciata, ha avviato una riflessione su come le esperienze maturate in un’area possano essere utili all’altra e viceversa; e ha consentito di fare il punto anche di alcune iniziative specifiche che vedono coinvolti ad esempio attori norvegesi e della zona del nostro Lago di Garda nello studio sull’ambiente. Ritengo che proprio questa esperienza di arricchimento reciproco tra contesto mediterraneo e contesto artico possa essere uno dei contributi più significativi che l’Italia può portare ai lavori del Consiglio Artico di cui è apprezzato osservatore dal 2012”.

– Il Mediterraneo e l’Artico hanno una storia comune di incrocio di civiltà. Nel 1850 l’Artico aveva come stati rivieraschi Gran Bretagna, Russia, Danimarca e Svezia. Oggi sono Russia, Usa, Islanda, Groenlandia e Norvegia. Che futuro politico si prevede per l’Artico e il suo mare?
Sì: trovo davvero istruttivo pensare a come il quadro politico dell’Artico sia profondamente mutato in un periodo di tempo relativamente breve. In particolare la Gran Bretagna non è più uno Stato rivierasco mentre vi si sono affacciati gli Stati Uniti, e la nuova indipendente Norvegia è diventata un attore autonomo di grande peso. Naturalmente è molto difficile prevedere quale sarà il futuro politico della regione. Sulla base della situazione attuale, ritengo però sia non solo auspicabile ma anche possibile o addirittura probabile che l’Artico resti sostanzialmente una zona di pace, che non risente troppo delle tensioni che si verificano in altre parti del mondo. Certo, aiuta in questo anche la particolare natura dell’Artico, dove le distanze restano importanti, le comunicazioni difficili e le difficoltà logistiche impegnative. Almeno nell’Artico, non si applica la visione di Thomas Friedman secondo il quale la Terra sarebbe ormai “piatta” (nel senso che, agli effetti pratici, le distanze sarebbero ormai annullate). Su questo dato di fatto si innesta però un apprezzabile percorso politico, che si sostanzia in particolare nella soddisfacente collaborazione di tutti gli attori coinvolti innanzitutto su temi specifici (pesca, ricerca ambientale, sicurezza della navigazione, salvataggio in mare) e poi anche a livello di dialogo generale. Un dialogo che oggi avviene tra Paesi dissimili quali Russia e Stati Uniti, senza dimenticare il crescente attivismo nella regione di Paesi del calibro di Cina e Corea del Sud. Importante, anche in prospettiva, è la presenza dell’Unione Europea, che si è dotata di una sua propria strategia artica e che, quando le condizioni lo permetteranno, diverrà auspicabilmente anch’essa osservatore al Consiglio Artico. In tutto questo svolge un ruolo fondamentale il diritto internazionale ed in particolare il diritto del mare che ne costituisce un settore particolarmente sviluppato: l’Artico è e rimane prima di tutto un oceano, il cui regime giuridico è appunto determinato in primis dalle varie convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto del mare”.

– L’Italia è politicamente molto legata all’Artico e alle sue prospettive. Il nostro paese è presente come osservatore nel Consiglio Artico e contribuisce al suo mantenimento con oltre il 15% dei fondi Eu per l’Artico. Che futuro di relazioni politiche si prevede?
Come Lei sottolinea, il rapporto tra Italia e Artico è forte anche dal punto di vista economico. Non è facile dare una quantificazione precisa dei nostri rapporti. Ma a titolo indicativo, vorrei ricordare che poco meno del 10% del nostro commercio internazionale (che ha ormai superato i 400 miliardi di euro di export) avviene con i Paesi del Consiglio Artico, senza peraltro considerare gli Stati Uniti (che nella regione si affacciano solo con l’Alaska). Ovviamente non tutto il commercio con questi sette Paesi (in sostanza: Canda, Scandinavia e Russia) riguarda direttamente l’Artico; ma quelle che ho menzionato restano cifre eloquenti. In questo contesto, sto programmando, come uno degli ultimi atti del mio mandato in Norvegia che sta volgendo al termine, una visita ai cantieri artici della ditta italiana Rebaioli, più volte selezionata dalle autorità norvegesi per l’impegnativa costruzione in zone artiche e montuose di elettrodotti. Si tratta di una manifestazione di assoluta fiducia dei norvegesi nelle capacità di una nostra impresa di operare in ambienti estremante impegnativi per sviluppare infrastrutture chiave per il futuro dell’area”.

– La collaborazione tra Italia e Norvegia si è rafforzata nel campo della produzione e ricerca energetica. La ENI Norge è attiva sulla piattaforma continentale norvegese fin dall’inizio dello sfruttamento dei giacimenti. Molte infrastrutture nella zona sono fornite dalla ditta italiana Rebaioli Spa, Fincantieri è presente nel mondo della navigazione e la pesca di stoccafisso, che avviene nelle acque dell’Artico, ha fette consistenti di mercato in Veneto e in Campania. Che rapporto economico lega l’Artico all’Italia e al Mediterraneo?
Lei menziona molto opportunamente iniziative nel settore economico. Rispondo con tre esempi ulteriori, concreti e recenti, attinenti ad altri settori. Il significativo interesse anche politico del nostro Paese all’Artico è stato confermato ad alto livello dalla recente visita di una delegazione della Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati proprio nell’Artico norvegese, nell’ambito di una indagine conoscitiva al riguardo. La Commissione ha visitato in particolare le isole Svalbard, arcipelago attribuito alla Norvegia dal trattato di Parigi entrato in vigore nel 1925 che attribuisce peraltro proprio all’Italia (e a tutti gli altri firmatari) specifici diritti sulle stesse isole. I membri della delegazione hanno incontrato nostri scienziati attivi al nostro centro di ricerca “Dirigibile Italia” a Ny Alesund, coordinati dal centro Nazionale per le Ricerche – CNR e che rappresentavano ben tre Istituti di quest’ultimo (ISMAR, IAMC e ISSIA). Hanno incontrato ricercatori italiani basati al Centro Universitario di Longyearbyen, la punta di diamante di un consorzio di università artiche. Hanno avuto colloqui approfonditi con la governatrice norvegese delle isole. Hanno reso omaggio alla memoria di Umberto Nobile, che sorvolò quelle zone in dirigibile nel 1926 e 1928 alla volta del Polo Nord. Proprio in quei giorni, due navi da crociera battenti bandiera italiana si sono succedute nel porto di Longyearbyen. Ricordo poi ancora, sempre a titolo di esempio, la splendida missione esplorativa in acque artiche della nave Alliance, battente bandiera italiana, gestita dalla nostra marina militare sotto la guida del Comandante Ettore Ronco e con a bordo un nutrito gruppo di scienziati e ricercatori, partita da Reykjavik, in Islanda, e giunta a Tromso, la “capitale artica” della Norvegia, dove è stata accolta col più vivo interesse da tutti gli esponenti politici, accademici e culturali della regione. Ricordo infine la straordinaria impressione che ho avuto visitando a Reykjavik il contingente dell’aeronautica militare italiana impegnato nell’operazione di pattugliamento dei cieli islandesi nell’ambito di quanto previsto dall’Alleanza Atlantica, forte di un centinaio di nostri militari guidati dal comandante Emanuele Spigolon. Le ho citato tre esempi molto concreti e volutamente scelti tra quelli più recenti, degli ultimi tre mesi, in aree diverse quali la politica estera, la ricerca scientifica e la sicurezza. Credo che confermino in modo davvero concreto il nostro contributo all’Artico. E tutto questo avviene in una nostra strategia completa e di medio-lungo periodo, elaborata dal ministero degli Affari Esteri in consultazione con tanti attori interessati, pubblici e privati, e reperibile al sito ministeriale”.

– Nel 2001 sono iniziati i primi rifornimenti di gas all’Italia e oggetto di approfondimento scientifico è stato il giacimento di “Goliat”, a quasi cento chilometri al largo di Hammerfest. Per lo sfruttamento di tale giacimento Eni e Statoil hanno creato una innovativa piattaforma che immagazzina il greggio da travasare direttamente nelle navi cisterne dirette agli impianti di raffineria. L’impianto è definito come un’opera stupefacente di ingegneria contemporanea. Energia e tecnologia a basso impatto ambientale: che rapporto vi è tra Artico, Norvegia e Italia?
Il caso che Lei cita del giacimento Goliat operato da Eni è eloquente: si tratta del campo petrolifero più settentrionale al mondo, scoperto, messo in produzione e gestito dalla nostra Eni. Si può calcolare in poco meno del 10% il contributo di tale nuovo giacimento all’intera produzione nazionale di petrolio. Goliat ha in un colpo solo praticamente raddoppiato la quota di greggio prodotto dal nostro gruppo in Norvegia, dove è presente (con altre denominazioni) addirittura dalla fine degli anni Settanta. La tutela di un ambiente delicato e fragile come quello artico è una priorità assoluta anche per questo tipo di attività, e la legislazione norvegese (ovviamente applicata dall’Eni) è estremamente severa. La continua attenzione alla tutela dell’ambiente mi conduce a menzionare le rinnovabili: la Norvegia, oltre ad essere il secondo esportatore di gas verso l’Unione Europea, è anche il sesto produttore mondiale di energia idroelettrica (che, per inciso, tra qualche anno esporterà anche in Gran Bretagna attraverso un cavo sottomarino realizzato per due terzi dall’italiana Prysmian). E proprio nelle rinnovabili si sta via via intensificando la nostra collaborazione. Ricordo ad esempio l’acquisto da parte del gruppo Falck di attività eoliche in Norvegia; specularmente, gli investimenti norvegesi nel solare in Italia; o la società altoatesina Troyer di Vipiteno/Sterzing, affermata nel nord Italia ma anche in Europa centrale proprio nell’idroelettrico che si sta ora affacciando con successo al mercato norvegese”.

– L’ambasciata ha dedicato molto attenzione ad un particolare rapporto, quello tra Bodo, un comune della Norvegia settentrionale situato nella contea di Nordland, e la città di Matera, capitale europea della cultura. Possiamo approfondire l’attenzione su tale rapporto?
“Il 2017 è per l’ambasciata d’Italia ad Oslo l’anno della promozione del Mezzogiorno, che ha dei rapporti straordinari proprio con la Scandinavia direttamente riconducibili agli insediamenti normanni tra il decimo e il dodicesimo secolo. Da qui varie iniziative tra le quali ricordo con grande piacere le celebrazioni della festa nazionale non solo ad Oslo ma anche a Grimstad e Kristiansand dedicate proprio ad alcune eccellenze di questa parte d’Italia. Emblema di questo è per noi Matera, designata come Lei ricorda, capitale europea della cultura nel 2019 e che ha attirato l’interesse della città artica norvegese di Bodo. Bodo punta ad avere tale riconoscimento nel 2022 ed è quindi fortemente interessata all’esperienza della nostra Matera nella preparazione e gestione della candidatura e poi nel modo concreto di far fronte alle responsabilità che derivano da un tale ruolo così impegnativo. I contatti tra le due città a livello istituzionale sono ormai avviati e si intensificheranno con il passare del tempo. Mi fa piacere concludere questa nuova conversazione con Lei ricordando che il Congresso italiano di Esperanto (la lingua internazionale ideata nel 1887 dal polacco Zamenhof e oggi conosciuta da milioni di persone) si tiene quest’anno proprio in Basilicata, a Policoro presso l’antica Heraclea. Tra le varie iniziative in programma vi sarà anche una mia presentazione in Esperanto proprio dei rapporti tra Italia e Norvegia; tra Artico norvegese e Mezzogiorno d’Italia; tra Tromso e Matera. Menziono questo fatto a riprova ulteriore di come ormai i nostri rapporti siano ramificati e profondi, al punto che è veramente difficile trovare un solo settore o un solo argomento nel quale non sia in corso una collaborazione proficua tra Italia e Norvegia, e quindi, per tornare al tema iniziale della nostra conversazione di oggi, tra Mediterraneo ed Artico”.