Serbia. La visita di Xi Jinping a Belgrado: rafforzamento dei legami

Anche in vista della risoluzione ONU sul genocidio di Srebrenica.

di Lorenzo Pallavicini

La visita del presidente cinese Xi Jinping nel continente europeo prevede una delle sue tappe in Serbia, paese che sta intensificando i rapporti con Pechino, sia per l’importanza che il gigante asiatico riveste nell’ambito della economia nazionale sia per rafforzare una alleanza geopolitica anche nell’ambito delle Nazioni Unite, dove verrà discussa la risoluzione all’Assemblea Generale sul genocidio di Srebrenica, in cui per l’approvazione basta una maggioranza semplice, salvo casi particolari in cui viene richiesta una maggioranza di due terzi.
Tale risoluzione, che ha come primi firmatari la Germania ed il Ruanda, prevede di proclamare l’11 luglio come Giornata Internazionale della memoria del genocidio di Srebrenica del 1995, oltre alla condanna del negazionismo su tale genocidio e l’impegno a rafforzare la verità accertata anche attraverso il sistema scolastico.
La Serbia e il suo alleato all’interno della Bosnia Erzegovina, la Repubblica Srpska guidata da Dodik, sono fortemente contrari al testo, al punto che il presidente serbo Vucic ha trascorso diversi giorni presso la sede ONU di New York per convincere gli stati più influenti, tra cui la Cina, a rimandare il voto a data da destinarsi ed evitare che la responsabilità di tale crimine venga attribuita, ancora una volta, in capo soltanto all’intero gruppo etnico dei serbo bosniaci, come è stato certificato dal Tribunale Penale Internazionale per la Ex Jugoslavia che ha condannato all’ergastolo sia Radovan Karadzic che Ratko Mladic.
Il Consiglio di Sicurezza, in cui la Cina detiene diritto di veto, ha una sua influenza sull’Assemblea Generale e il potere di Pechino di persuasione su molti paesi africani, asiatici e anche latinoamericani può contribuire a ridurre il peso di questa risoluzione che potrebbe portare ad un aumento delle tensioni in una area come quella balcanica da tempo in ebollizione ed in cui non si riesce a trovare una memoria condivisa sulle guerre balcaniche dei primi anni Novanta.
Nonostante gli accordi di Dayton, nemmeno l’Alto Rappresentante della Bosnia Erzegovina, de facto la massima autorità dello Stato, è riuscito a far convergere le due entità che compongono il paese a sposare un vero processo di riconciliazione nazionale, sia per la sua estraneità alle etnie autoctone (l’Alto Rappresentante è sempre stato di nazionalità europea occidentale) sia per le forti divisioni non solo sulla memoria storica ma anche sulla religione, elemento che gioca ancora oggi un ruolo chiave.
La Cina degli ultimi anni si mostra sempre più interessata ad avere un ruolo non solo di potenza commerciale globale ma anche di mediatore alternativo alle potenze occidentali, specialmente in aree strategiche come i Balcani, porta di accesso al Mediterraneo ed al porto greco del Pireo di cui i cinesi sono i proprietari ed in cui la Serbia ha un ruolo cruciale per le infrastrutture stradali e ferroviarie, basilari per le merci cinesi.
La Cina non si è in genere troppo immischiata nelle vicende storiche delle guerre balcaniche degli anni Novanta, lasciando ai russi l’iniziativa più vigorosa all’ONU. Tuttavia, la visita di Xi Jinping a Belgrado può essere il segnale di come i serbi intendano affidarsi sempre di più al gigante asiatico per tutelare i propri interessi anche alle Nazioni Unite, essendo la Federazione Russa assai impegnata nel conflitto russo-ucraino mentre la diplomazia cinese, al contrario, si è rafforzata ed è ricercata, con scarso successo, anche dall’Occidente.