Siamo nell’era del Bitcoin? Ne Parliamo con il professor Paolo Raimondi, economista

a cura di Enrico Oliari –

Si parla sempre più di Bitcoin, la criptaovaluta che affascina e fa sognare proprio perché “salta” il sistema bancario ed è alla portata di un clic. Al punto che due giorni fa un imprenditore cinese ha comprato a Torino un appartamento pagando in Bitcoin, ed a Rovereto e a Livigno vi sono già negozi dove si può acquistare con la moneta virtuale.
Creata nel 2009 da un anonimo inventore, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, il Bitcoin non fa uso di un ente centrale ne’ di meccanismi finanziari sofisticati, il valore è determinato unicamente dalla leva domanda e offerta. Si tratta tuttavia di una “valuta” altamente volatile, tanto che dai quasi 20mila dollari raggiunti a dicembre in pochi giorni è passata sotto i 10mila per poi risalire in questi giorni a 11.460 dollari. E se c’è chi, come Peter Boockvar, responsabile investimenti per Bleakley Financial Group e considerato tra i guru di Wall Street, paventa un prossimo “epic crash”, anche perché già ci sono paesi tra cui la Cina che hanno iniziato a ostacolarne la diffusione, vi sono anche economisti come Tom Lee, altro guru di Wall Street, che profetizzano che nel 2022 toccherà i 125mila dollari.
Guadagno facile alla portata di tutti? Ne parliamo con l’economista Paolo Raimondi, economista, analista e giornalista di politica economica e finanziaria internazionale, autore tra l’altro del recente saggio “Il casinò globale della finanza. Ricchezza per pochi. Un miliardo di poveri. Che mondo è?” (Ermes ed.), scritto a quattro mani con Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia.

– La Bitcoin come criptovaluta: siamo davanti ad un fenomeno concreto oppure ad una moda del momento?
Dipende. La Bitcoin è una cosa e le criptovalute potrebbero essere un’altra cosa. Secondo la mia conoscenza e valutazione, i bitcoin come potenziale moneta alternativa universale sono una moda, una furbizia, ben orchestrata per far colpo, attraverso i mass media, sulla fantasia di molti. Certe criptovalute potrebbe invece avere un ruolo, se limitato, anche utile. Ad esempio in Russia alcuni economisti che conosco, competenti e per niente fantasiosi, come Sergey Glazyev, propongono una criptovaluta da usare per operazioni intergovernative e istituzionali interne alla Russia, sottraendole a possibili effetti negativi prodotti dalle fluttuazioni e dalle svalutazioni a cui, ad esempio, il rublo è stato sottoposto dalla speculazione monetaria internazionale. Sarebbe una sorta di criptovaluta “di stato”, operata con il coinvolgimento diretto e con un certo controllo anche da parte della Banca centrale“.

– In questi ultimi tempi abbiamo assistito a enormi sbalzi del valore dei bitcoin: siamo davanti ad una bolla speculativa che si sta sgonfiando?
I bitcoin non hanno alcun rapporto vero con l’economia sottostante per cui il loro valore è cresciuto semplicemente in relazione alla domanda. Si tenga presente che all’origine si era stabilito un limite di 21 milioni di bitcoin, per cui, avvicinandosi ad esso, il prezzo è cresciuto anche in rapporto alla sua percepita scarsità. Se per un bitcoin si passa da un valore di 4mila dollari dell’agosto 2017 a 20mila dollari di metà dicembre 2017, dovrebbe essere chiaro anche al più sprovveduto osservatore che si tratta di pura speculazione che va a gonfiare una nuova e pericolosa bolla. Prima del suo crollo di fine anno questa bolla era stimata intorno a un valore pari a 400 miliardi di dollari. Sono già cifre importanti che potrebbero generare scosse di una certa intensità per il sistema“.

– Se il bitcoin non ha un controvalore effettivo, ad esempio la riserva aurea di un paese, e se non necessita del passaggio attraverso i sistema bancari, può porsi in contrapposizione ai sistemi classici e quindi generare reali perdite o guadagni?
Il problema principale dei bitcoin sta nel fatto che non offrono nessun “prestatore di ultima istanza” come lo sono invece le tradizionali banche centrali. Queste ultime non sono la garanzia assoluta di stabilità, come dimostra la Grande Crisi finanziaria del 2007-8, quando esse sono venute meno al loro ruolo di controllo e d’indirizzo economico. Però, essendo esse i rappresentati monetari del potere politico ed economico degli Stati, intervenendo all’ultimo minuto hanno potuto evitare le bancarotte, i fallimenti incontrollati e generalizzati e il crac sistemico. Ovviamente c’è molto, ma molto da fare per attuare una riforma globale del sistema finanziario e mettere in sicurezza il mondo economico e bancario internazionale.
I bitcoin, come si è visto nel tempo, possono generare perdite o guadagni. Non direi “reali”. Direi speculativi con potenziali effetti reali, negativi, sull’economia. Inoltre, essendo fuori dai controlli degli Stati, potrebbero essere usate per transazioni illegali. Anche la grande e sbandierata sicurezza di essere fuori da possibili interferenze, interessi e manovre, più volte visti nei sistemi monetari e bancari tradizionali, è una grande bufala. Se si vuole, invece del vecchio grande burattinaio politico o finanziario, saremmo esposti al nuovo burattinaio esperto nelle future tecnologie IT. Chi crea la tecnologia informatica e gli algoritmi matematici usati, se vuole, controlla il sistema. Le recenti storie relative a operazioni di intelligence informatiche e di guerre cibernetiche lo dimostrano
“.

– Ritiene che i sistemi politici e bancari, chiamiamoli pure “poteri forti”, possano intervenire per invalidare il valore e quindi l’uso del Bitcoin?
Le grandi banche internazionali, a cominciare da quelle americane come la Goldman Sachs, hanno inizialmente osteggiato i bitcoin ritenuti un disturbo alle loro operazioni, anche quelle speculative. Da qualche tempo però hanno cambiato atteggiamento e hanno iniziato a studiarne i meccanismi. Credo che presto vedremo le grandi banche usare la tecnologia del cosiddetto blockchain per una serie di operazioni finanziarie“.

– Se taluni paesi, come la Russia e il Venezuela, stanno introducendo le criptovalute, dall’altra Cina, Indonesia e Corea del Sud le hanno messe al bando: che atteggiamento dovrebbe avere secondo Lei l’Unione Europea?
L’Ue dovrebbe stare alla larga dalle criptovalute. Abbiamo già tanti problemi dell’euro da risolvere. Dovrebbe invece studiare la tecnologia del blockchain per eventuali usi utili e non destabilizzanti“.

– Comprerebbe o venderebbe una casa in Bitcoin?
No“.