Siria. Delegazione libanese per riaprire le relazioni bilaterali

di Giuseppe Gagliano –

Damasco e Beirut tornano a parlarsi. Il premier libanese Nawaf Salam ha guidato una delegazione di alto livello nella capitale siriana per incontrare il presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, segnando il primo incontro bilaterale ufficiale dopo il crollo del regime al-Assad. L’obiettivo, nelle parole di Salam, è chiaro: “correggere il corso delle relazioni”. Ma i nodi sul tavolo raccontano una storia ben più complessa.
Dopo decenni di egemonia siriana sul Libano, interferenze armate, omicidi politici e ingerenze sistemiche, oggi si tenta di costruire un nuovo rapporto tra due Stati formalmente sovrani. Ma la memoria della repressione assadiana e delle prigioni segrete pesa ancora come un macigno. Il Libano, infatti, ha chiesto la creazione di una commissione d’inchiesta per chiarire la sorte dei cittadini scomparsi durante il dominio siriano, un tema che può ancora destabilizzare l’intero processo.
I colloqui hanno spaziato dalla sicurezza delle frontiere alla cooperazione economica, passando per la questione dei rifugiati siriani, oltre 1,5 milioni secondo le autorità libanesi. Ma se la retorica è quella del “ritorno dignitoso”, le condizioni sul terreno restano incerte. Senza garanzie internazionali e con una Siria ancora frammentata, il rientro dei profughi rischia di diventare uno slogan più che un piano attuabile.
Non meno delicata la questione energetica e commerciale. Il Libano, in crisi strutturale, guarda alla Siria come a un partner obbligato per riattivare transiti, importazioni e cooperazione nel settore petrolifero. Ma ogni passo è condizionato dalle sanzioni internazionali che colpiscono Damasco, ostacolo concreto per ogni investimento e sviluppo multilaterale.
Nel frattempo, sullo sfondo si muovono Arabia Saudita e potenze regionali, registi discreti di una normalizzazione pilotata. La ripresa del dialogo, infatti, si inserisce nel nuovo quadro mediorientale post-abramitico, dove la logica delle sfere d’influenza sostituisce quella dei diritti e della trasparenza.
Il viaggio di Salam a Damasco è stato un gesto necessario. Ma perché si trasformi in una svolta, occorrerà più che buone intenzioni: verità storica, riforme profonde e un reale disarmo dell’eredità autoritaria che ha devastato entrambi i Paesi.