Siria. I ministri europei Barrot e Baerbock incontrano il leader jihadista al-Sharaa

di Giuseppe Gagliano

I ministri degli Esteri di Francia e Germania, Jean-Noel Barrot e Annalena Baerbock, si sono recati in Siria per avere contatti con il governo di transizione istauratosi a seguito della caduta del regime di Bashar al-Assad, avvenuta l’8 dicembre 2024, cosa questa che ha creato un vuoto di potere che l’Europa sembra intenzionata a colmare cercando di ristabilire una forma di dialogo con i nuovi leader del Paese, nonostante la loro controversa natura di carattere jihadista. Questo incontro non è solo un atto diplomatico, ma un calcolo politico estremamente rischioso.
La scelta di Barrot e Baerbock di incontrare Ahmad al-Sharaa, leader del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), è carica di implicazioni. L’HTS, un gruppo classificato come terroristico dall’Unione Europea, è riuscito a prendere il controllo del Paese grazie a un’offensiva militare rapida e coordinata. Tuttavia i dubbi sulla capacità dell’HTS di trasformarsi in un attore politico moderato e inclusivo restano enormi. La visita può essere letta come un tentativo di sfruttare un’apertura politica, ma rischia di legittimare un gruppo con un passato segnato da violenze e ideologie estremiste. Lo stesso Ahmad al-Sharaa è stato membro dell’Isis e di al-Qaeda.
In questo contesto l’approccio europeo riflette una strategia pragmatica. Dopo anni di marginalizzazione politica e di sanzioni, l’Ue sembra riconoscere che ignorare la nuova leadership siriana potrebbe precludere qualsiasi forma di influenza sul futuro del Paese. Tuttavia questa scelta solleva interrogativi morali: è giustificabile dialogare con un attore come l’HTS pur di garantire la stabilità regionale e la sicurezza europea?
Questa mossa arriva in un momento di estrema complessità geopolitica. La fuga di al-Assad in Russia pone Mosca in una posizione ambigua: privata di un alleato chiave in Medio Oriente, ma potenzialmente pronta a sfruttare il caos per rinegoziare il proprio ruolo nella regione. La visita dei due ministri segna un tentativo di consolidare la presenza europea in Siria, in un momento in cui gli Stati Uniti sembrano concentrati su altre priorità globali, come la competizione con la Cina e il contenimento della crisi in Ucraina.
Inoltre la Germania e la Francia sono sotto pressione interna per affrontare la questione dei rifugiati siriani. Con quasi un milione di cittadini siriani in Germania, molti dei quali con status di rifugiato, un processo di stabilizzazione politica in Siria potrebbe rappresentare un primo passo verso il rimpatrio volontario di parte di questa popolazione. Tuttavia il blocco delle richieste di asilo imposto da Berlino subito dopo la caduta di al-Assad dimostra che l’Europa intende adottare una linea dura, nonostante le promesse di inclusività.
Barrot e Baerbock hanno cercato di bilanciare le esigenze di sicurezza con quelle di giustizia, visitando il carcere di Saydnaya, simbolo delle atrocità del regime di al-Assad. La loro condanna delle violazioni dei diritti umani e la richiesta di distruggere gli arsenali chimici ereditati evidenziano un tentativo di porre condizioni concrete per l’avvio di un dialogo costruttivo. Tuttavia queste richieste rischiano di essere percepite come ingerenze dai nuovi leader siriani, complicando ulteriormente la già fragile relazione.
La visita dei ministri francese e tedesco è un passo significativo ma rischioso. L’Europa cerca di posizionarsi come un attore chiave nella ricostruzione siriana, ma la scelta di dialogare con un gruppo come l’HTS rischia di alienare alleati e compromettere la propria credibilità morale. In un Medio Oriente sempre più frammentato, ogni mossa diplomatica deve essere calcolata con estrema attenzione per evitare di alimentare ulteriormente le tensioni.