Siria. Sette ministri Ue scrivono al Pesc, ‘riattivare le relazioni con al-Assad’

di Enrico Oliari

Su iniziativa del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e di quello austriaco Alexander Schallenberg, i ministri degli Esteri di Austria, Cipro, Italia, Repubblica Ceca, Croazia, Grecia, Slovacchia e Slovenia hanno inoltrato al Pesc (Alto commissario per la politica estera e di sicurezza dell’Ue) Josep Borrell la richiesta di riconsiderare la chiusura europea nei confronti della Siria e di riaprire il dialogo con il governo di Bashar al-Assad.
Per i ministri è stato un errore marginalizzare il dossier siriano, mentre serve un approccio politico più realistico volto a interagire e ad aumentare l’influenza dell’Ue nel paese mediorientale, in un momento che già vede Bruxelles primo contributore con 33 miliardi di euro per l’assistenza ai profughi siriani.
I ministri hanno realizzato che la situazione in Medio Oriente è in drastico peggioramento, ed ancora oggi la Siria soffre povertà e fame a causa del conflitto, un’emergenza umanitaria che interessa quasi 14 milioni di sfollati interni e di profughi, con il rischio che questa massa di disperati si riversi gradualmente in Europa.
Nella missiva i ministri hanno considerato che, a differenza dell’Ue, i paesi arabi hanno riaperto le relazioni con la Siria ormai da tempo, tanto che il paese è stato riammesso nella Lega Araba: Bashar al-Assad, che ha come alleati l’Iran e la Russia, ha consolidato il proprio potere ed oggi il governo controlla il 70% del territorio, per cui sarebbe controproducente non interagire con la realtà. Nel nord del paese le “opposizioni al regime” si fondono con gruppi dichiaratamente jihadisti, comprese derivazioni di al-Qaeda, mentre nell’est sopravvivono sacche dell’Isis.
Ad oggi l’Ue ha ancora attive le sanzioni del 2011 contro il governo siriano, provvedimenti che riguardano settori chiave come l’energia, il commercio e il bancario, ma sono colpiti anche oltre 200 individui per la repressione adottata nei confronti delle opposizioni. Per i ministri europei è necessario che le sanzioni colpiscano il sistema ma che non abbiano effetti sulla popolazione, tuttavia basti pensare alle restrizioni imposte alle banche e al conseguente peso sulle rimesse (i soldi che migranti e rifugiati mandano a casa) per comprendere che si è davanti a un’utopia.
I ministri hanno comunque chiesto al presidente siriano Bashar al-Assad flessibilità per aprire un processo di riconciliazione, “necessario per riportare la Siria sulla via giusta”, ma hanno anche ravvisato la necessità che la popolazione siriana possa avere prospettive economiche al fine di rendersi autosufficiente e da favorire il rientro dei rifugiati.
Il 3 giugno il partito Bath ha vinto le elezioni in Siria e il 16 luglio il presidente Bashar al-Assad, che ha conseguito il 92,2 % delle preferenze, ha giurato per il suo terzo mandato.
Nel corso del conflitto la comunicazione mediatica e istituzionale occidentale ha dipinto al-Assad sostanzialmente come un diavolo assetato di sangue, a torto o a ragione: con tutta probabilità il governo di Damasco accetterà di mettere da parte i dissidi, ma va ricordato che la Siria è da sempre zona di influenza russa (vi sono basi militari dagli Anni 70), per cui permangono incognite in merito alla risposta a un’eventuale richiesta ufficiale dell’Ue.