SOMALIA. 30.000 bambini morti di fame in 3 mesi. Ma per Mogadiscio esiste solo la guerra contro gli shabaab

di Enrico Oliari –

Non sono bastati il ponte aereo, la riunione del G 20 e neppure la conferenza alla FAO per rallentare i decessi dovuti alla carestia in Somalia, un’emergenza umanitaria di proporzioni colossali che ormai si sta estendendo anche nella vicina l’Uganda, soprattutto nell’area semi arida a nord-ovest, la Karamoja.
In tutto il mondo si è messa in funzione la macchina per la raccolta di offerte per aiutare nelle necessità le centinaia di migliaia di persone giunte ormai allo stremo (solo nel campo di Dadaab, al confine con il Kenya, si trovano oltre 400.000 affamati), i dati che arrivano dal Corno d’Africa sono impressionanti: in poco tempo si è passati dal tasso di mortalità per gli individui fino a 5 anni di età dall’1,2 all’1,8 per mille. Sono così quasi  trentamila i bambini deceduti negli ultimi tre mesi.
E mentre Paul Collier, direttore del Centre for the Study of African Economies dell’università di Oxford, dalle pagine de L’Avvenire, giornale della Conferenza episcopale italiana, spiega della necessità di un nuovo piano Marshall per la Somalia (ma sarebbe già un buon inizio se la Chiesa Cattolica inviasse in Africa i 4 miliardi di euro che ogni anno arraffa dalle tasse degli italiani di cui un miliardo per la sola casta episcopale), a Mogadiscio i signori della guerra trovano il tempo di contrattaccare i guerriglieri di Al-Shabaab (La Gioventù), conosciuto anche come Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni, di ispirazione islamica, che proprio ieri si era ritirato dalla capitale, ormai ‘invasa’ da oltre 100.000 affamati provenienti dalle zone rurali del sud e dell’ovest del Paese.
Va detto che fino a pochi giorni fa erano stati proprio gli shabaab a opporsi a che gli aiuti umanitari internazionali arrivassero ai bisognosi e qualcuno sospetta che nella stessa Mogadiscio siano rimasti combattenti infiltrati pronti ad iniziative autonome. Per quanto alcuni gruppi di guerriglieri musulmani avessero sparato nella capitale colpi di mortaio verso le truppe governative (fatto confermato dai ‘Caschi versi’ della Forza di interposizione africana Amisom), ci si chiede come mai al governo della Somalia interessi più continuare la guerra di respingimento degli shabaab piuttosto che assistere, magari attraverso la richiesta di una tregua, i centinaia di migliaia di bisognosi costretti alla fame per via della siccità. Il presidente somalo Sheikh Sharif Ahmed, sostenuto dai governi occidentali, ha invece affermato con fierezza la definitiva sconfitta dei guerriglieri islamici, mentre questi, da canto loro, hanno parlato solo di una ritirata strategica per avere il tempo di riorganizzarsi.