Agenzia Dire –
“La siccità devastante che stiamo vivendo in Somalia sta provocando un movimento senza precedenti di persone dalle aree rurali verso le città. Tantissime di queste persone si spostano nell’ottica di lasciare il Paese verso l’Europa e gli Stati Uniti. Questa crisi arriverà anche nel nord del mondo; penso che l’Italia, per la sua posizione, sia consapevole di questo”. L’attivista Kassim Gabodwuale lancia questo monito da Mogadiscio, in un’intervista con l’agenzia Dire, mentre i leader del mondo sono in Egitto per la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27).
Il contesto è quello della siccità che affligge la Somalia e più in generale la regione del Corno d’Africa. Stando all’ultimo bollettino dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), la crisi è la peggiore degli ultimi 40 anni. Le persone colpite in Somalia sono 7,8 milioni, su una popolazione totale di neanche 16,5 milioni. Un dato, questo, che è più del doppio rispetto a quello di inizio dell’anno.
La mancanza d’acqua, unita all’insicurezza e alla crisi globale delle catene di approvvigionamento del cibo, ha avuto pesanti ricadute sulla sicurezza alimentare. Gli abitanti della Somalia che soffrono una condizione di “acuta insicurezza alimentare” sono 6,7 milioni. Sono 300mila invece, le persone che si trovano in una condizione di insicurezza alimentare “catastrofica” secondo i parametri dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), uno strumento nato proprio in Somalia e impiegato dalle maggiori agenzie umanitarie e ong.
Secondo il rapporto Global Hunger Index (Ghi), pubblicato nei giorni scorsi, entro la fine dell’anno il 45% dei bambini del Paese africano, 1,5 milioni, soffrirà di malnutrizione acuta.
“Penso che la Somalia possa essere considerata un esempio perfetto di Paese devastato dagli effetti dei cambiamenti climatici”, denuncia Gabowduale. “Non è necessario essere degli esperti per capire che la siccità e le inondazioni, alternate, hanno effetti distruttivi sui sistemi di sussistenza della popolazione”.
Questi ultimi, prosegue l’attivista, 50 anni e una lunga esperienza nel settore del clima e delle risorse energetiche, “sono messi a dura prova anche dal conflitto e dalle attività di gruppi terroristici che nel Paese vanno avanti da anni”. Un riferimento, questo, anche alla milizia Al Shabaab, che controlla aree rurali del centro e del sud della Somalia e che sferra attacchi quasi quotidiani contro civili e militari.
Ancora rispetto al cambiamento climatico, Gabodwuale denuncia: “Qui si pagano le conseguenze del comportamento sbagliato dei Paesi a più alto sviluppo del mondo. Loro inquinano e noi, che non abbiamo gli strumenti per costruire sistemi resilienti, ne viviamo le conseguenze”.
Il principio delle responsabilità comuni ma differenziate rispetto alla crisi climatica informa i documenti dell’Onu sul tema da 30 anni. I Paesi emergenti e in via di sviluppo e gli attivisti del “sud del mondo”, anche in occasione della Cop27, chiedono un impegno economico chiaro a sostegno delle misure di “loss and damage”, ovvero i finanziamenti da destinare a quei Paesi che non sono responsabili delle emissioni di gas inquinanti ma che sono alle prese con i fenomeni estremi provocati dai cambiamenti climatici. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha parlato in Egitto di “dovere morale” in riferimento a questo tema.
“Il ‘loss and damage’ deve essere al centro dell’agenda della Cop27 di quest’anno”, sottolinea Gabodwuale. “Se non si farà nulla per finanziare azioni che possano costruire ricchezza e resilienza nei Paesi colpiti da questa emergenza le conseguenze non saranno difficili da prevedere: tante persone andranno via, in molti già lo stanno facendo“. Solo negli ultimi due mesi, sempre secondo l’Ocha, le persone che in Somalia hanno lasciato le loro case per via della siccità sono state più di 165mila. Da gennaio 2021, gli sfollati sono stati oltre 1,1 milioni.