Spagna. Manganelli a Ceuta per respingere l’assalto dei migranti

di C. Alessandro Mauceri

Negli ultimi giorni sono aumentati considerevolmente gli arrivi di migranti che cercano di entrare in Europa. Una situazione che le autorità nazionali e quelle dell’Unione non sembrano essere in grado di gestire.
Ieri molti media hanno diffuso le immagini di militari spagnoli a Ceuta, enclave spagnola nel continente africano, mentre cercano di respingere con ogni mezzo migliaia di migranti, tra i quali molti minori, costringendoli a rituffarsi in mare e a mettere in serio pericolo la loro stessa vita. Le azioni delle forze armate spagnole sono apparse eccezionalmente dure: alcuni video mostrano i militari mentre percuotono a colpi di manganello le persone che cercano di oltrepassare le barriere.
Solitamente il confine veniva presidiato dai militari marocchini, ma il recente deterioramento dei rapporti per il caso Ghali ed altri atavici attriti hanno spinto le autorità di Rabat a rimuovere i presidi, di fatto lasciando che fossero gli spagnoli a gestire l’ondata migratoria, ed i militari hanno fatto ricorso anche a mezzi corazzati e all’uso di lacrimogeni.
Il tutto in palese violazione non solo degli accordi internazionali, a cominciare dalla Convenzione dei Diritti dei Minori, ratificata anche dalla Spagna: molti dei migranti attaccati sono palesemente poco più che adolescenti. Anche il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, approvato a settembre 2020 dal Parlamento europeo, appare non essere rispettato. Questo documento, che avrebbe dovuto risolvere lo stallo del vecchio accordo di Dublino, parla di “garanzie essenziali a tutela dell’accesso effettivo all’asilo, del diritto alla libertà, dei diritti del minore”, di un “sistema integrato e moderno di migrazione e gestione delle frontiere”, di “nuova procedura di frontiera per l’asilo più rapida”, di un “nuovo meccanismo di solidarietà costante”. Belle parole destinate a rimanere, come per il vecchio accordo, solo carta.
La realtà è completamente diversa. E non solo in Spagna. Solo pochi giorni fa ad una nave con a bordo oltre 400 migranti tra i quali molti minori, le autorità maltesi hanno vietato di attraccare e solo dopo alcune trattative è stato permesso di arrivare in Italia. Qui la situazione di Lampedusa è stata risolta ma solo temporaneamente: il timore è che i nuovi arrivi possano riaprire ferite mai rimarginate.
Sul fronte orientale la situazione non cambia: nessuno parla più dei flussi migratori attraverso al nuova “Rotta Balcanica”. Un percorso che in teoria avrebbe dovuto essere chiuso nel 2016, dopo la promessa dell’Ue di concedere cospicui contributi alla Turchia. Quanto è avvenuto lo scorso anno, dopo l’incendio di una centro di accoglienza per migranti in Croazia, dimostra che la situazione è tutt’altro che risolta. Anzi, peggiora giorno dopo giorno e i flussi migratori attraverso al rotta balcanica si stanno intensificando.
L’errore maggiore forse non sono i metodi brutali e disumani adottati dalle autorità di molti paesi, sulla carta “sviluppati” e accoglienti, ma in realtà capaci di comportamenti spaventosi, documentati e condannati in numerosi processi dalle autorità internazionali. E non è neanche l’indifferenza dell’Unione Europea, che finora non è stata capace di adottare misure concrete ma solo dei palliativi per arginare questi fenomeni migratori scaricandone la responsabilità sui paesi di confine.
L’errore più grave è non aver ancora voluto ammettere che queste migrazioni non sono delle “emergenze”: sono fenomeni normali e il numero dei migranti aumenterà ancora. E di molto. A confermarlo sono i dati dell’IOM, che parlano di oltre 280 milioni di migranti nel 2020, a fronte di poco più di 30 milioni di rifugiati. E in entrambi i casi con un trend in netto, costante aumento. Una nuova realtà che le autorità internazionali e locali non sembrano aver voluto comprendere. Una nuova realtà che non potrà essere certo gestita a colpi di manganello, come sta avvenendo in questo momento in Spagna.