Spagna. Sanchez al lavoro per formare il governo, ma ci sono mille ostacoli

di Elisabetta Corsi –

Dopo la vittoria di Pedro Sanchez alle elezioni, si fa difficile in Spagna la sua investitura e quindi la formazione del governo. La prima votazione avvenuta martedì ha visto 120 voti a favore, molto lontani dai 176 necessari per essere eletto presidente del Consiglio. 52 gli astenuti e 170 i no: nei primi vi sono Podemos, mentre fra i secondi il Partito Popolare, Vox e Ciudadanos. La maggior parte dei voti a favore proveniva dai socialisti.
La maggior parte dei gruppi ha rimproverato a Sanchez di non essersi impegnato abbastanza per convincerli ad appoggiare la sua investitura. In questo modo, con o senza negoziazione, al momento non si sono mossi dalla loro posizione, almeno per la prima votazione, mentre la prossima si terrà giovedì.
La prima giornata di votazioni ha avuto come protagonisti i rappresentanti dei partiti indipendentisti che hanno votato contro. Nel rivolgersi a loro Sanchez ha fatto capire che sarà un premier nella pienezza e nelle funzioni, non permetterà che venga intaccata la legge costituzionale. In altre parole ha fatto sapere che quello avvenuto in Catalogna non avverrà più con l’intenzione di difendere l’articolo 155 nella difesa della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale.
Il leader di Ciudadanos ha criticato i socialisti per la mancata difesa della libertà nei paesi baschi. Ha poi ringraziato il suo gruppo ed ha chiesto a tutti generosità, mentre al Partito Popolare e al suo ha chiesto responsabilità. Ha concluso auspicando che “voglio governo, stabilità e legislatura”, tutte cose che al momento non ha ancora ottenuto.
Secondo El Pais, Carmen Calvo e Pablo Echenique, esponenti del Partito Socialista e di Podemos, si sarebbero incontrati per negoziare un governo di coalizione che permettesse l’investitura di Pedro Sanchez come presidente del Consiglio questo giovedì, ma non vi sono notizie ancora certe sul risultato della riunione. Il rischio è, in caso di fallimento si Sanchez, quello di tornare a nuove elezioni in autunno, il 10 novembre.